Il Fatto Quotidiano

Quella “bagattella” dei diritti umani fantasmi al vertice

FORZAMAGGI­ORE Le violenze del regime Le associazio­ni umanitarie ricordano che Pyongyang è una prigione a cielo aperto: oltre 100 mila nei lager

- » ANDREA VALDAMBRIN­I

Idiritti umani sono il convitato di pietra del vertice di Singapore. Se Trump – ansioso di chiudere un accordo storico – dovesse sollevare la questione, l’irritazion­e del regime di Pyongyang sarebbe certa. Se invece Trump non lo facesse, l’imbarazzo dell’opinione pubblica occidental­e e perfino lo sdegno, sarebbe sicuro. Michael Kirby, che ha presieduto la commission­e d’inchiesta Onu sui diritti umani in Corea del Nord, ha affermato: “Per gravità, portata e durata, le indicibili atrocità commesse nel Paese rivelano uno Stato totalitari­o che non ha alcun parallelo nel mondo contempora­neo”. Trump, evidenteme­nte, non lo ignora. Prima de ll’ina spe tta to idillio con il dittatore di Pyongyang, lo scorso novembre T he Donald si era rivolto ai parlamenta­ri sudcoreani definendo il Nord “un inferno che nessuno al mondo merita”. È ancora vivo negli Usa lo sdegno per la morte lo scorso anno di Otto Warmbier, studente 22enne condannato ai lavori forzati per presunte attività sovversive e rispedito a casa in stato comatoso. Eppure, poco prima del vertice, la Casa Bianca è rimasta sul vago: parleremo dei diritti umani? Sì, no, forse.

In uno Stato in cui il governo ha il controllo assoluto dell’informazio­ne, e tanto della vita politica che soprattutt­o di soprattutt­o di quella privata, gli abusi di potere sui cittadini vengono documentat­i da anni, grazie al lavoro degli attivisti di ong internazio­nali e alle testimonia­nze di dissidenti e sopravviss­uti alle prigioni. Difficile dire esattament­e quante persone si trovino nei campi di detenzione, paragonabi­li a veri e propri lager, la cui esistenza sempre negata dal regime è stata documentat­a in modo incontrove­rtibile lo scorso anno attraverso immagini satellitar­i. Il Dipartimen­to di Stato Usa, nel suo ultimo rapporto, ha stimato che nei campi di prigionia possano trovarsi fra le 80.000 e i 120.000 persone, ma c’è chi parla addirittu- ra di 200.000. Secondo la descrizion­e di molti attivisti, chi vi è imprigiona­to paga reati che possono andare dall’aver guardato un dvd sudcoreano all’aver tentato la fuga dal Paese: in ogni caso, crimini di opinione.

Amnesty Internatio­nal ha descritto la vita dei prigionier­i come “dura all’inv eros imi le”, dettaglian­do torture e violenze per gli uomini e abusi sessuali per le donne.

IL RAPPORTO della Commission­e d’inchiesta Onu (2014) riassumeva la situazione ricordando che le violazioni sistematic­he dei diritti umani in Nord Corea includono “omicidio, schiavitù, tortura, imprigiona­menti, stupro, aborti forzati e altre violenze sessuali”. Ce n’è abbastanza per denunciare Kim per “crimini contro l’umanità”.

Nel 2015, in effetti, il Consiglio per i diritti umani Onu adotta una risoluzion­e di condanna contro Pyongyang, autorizzan­do anche la creazione di un gruppo di esperti indipenden­ti con l’intento di portare il regime a rispondern­e davanti alla Corte penale internazio­nale dell’Aja. Kim Jong-un non sembra essersene preoccupat­o troppo. È bastato il rilascio di 3 detenuti con passaporto americano, a marzo, per fare sorridere l’inquilino della Casa Bianca – e provare a cancellare la tragedia trans-pacifica del giovane Warmbier. I nordcorean­i, in fondo, non sono che fantasmi. Per Donald, si capisce, mica solo per Kim.

Reati di opinione

Si può finire nei campi di rieducazio­ne anche per aver visto un dvd sudcoreano

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LaPresse La vittima americana Otto Warmbier, il 22enne rilasciato l’anno scorso da Pyongyang e morto poi in patria
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