Il Fatto Quotidiano

La storica stretta di mano: pace atomica Kim-Trump

Il presidente Usa e il dittatore Kim Jong-un da arcinemici a compagnoni Il tycoon: “Presto la denucleari­zzazione, ci siamo messi il passato alle spalle”

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Buona la prima! Meglio di così, Donald Trump e Kim Jong-un, quelli che, ancora a inizio anno, facevano a chi ce l’ha più grosso, il bottone nucleare, non potevano recitare la parte degli amiconi: uno, il leader del Mondo Libero; l’altro, il dittatore alla terza generazion­e di una dinastia comunista. Kim non ha mascherato il suo sussiego, che si poteva scambiare per emozione; e Trump, come fa spesso, ha travestito la rozzezza da cameratism­o.

Ma poiché fidarsi è bene e non fidarsi è meglio, il presidente nordcorean­o, che i suoi biografi descrivono un po’ paranoico, all’atto di firmare lo “storico Vertice” s’è premurato di fare controllar­e da un agente della sicurezza nordcorean­a, dotato di guanti in lattice, la penna poggiata sul tavolo.

IL GESTO non è sfuggito al pool dei corrispond­enti della Casa Bianca al seguito del presidente Usa, che ha puntualmen­te registrato tutte le frasi, tanto “storiche” quanto banali, pronunciat­e n e ll ’ occasione: “Ci siamo messi il passato alle spalle”, “La denucleari­zzazione partirà presto”, “L’inviterò di sicuro alla Casa Bianca”, tutta farina del sacco di Trump. In base ai dossier di Seul e Washington, sono almeno 15 le strutture nucleari del regime di Pyongyang, tra cui due reattori atomici e tre reattori di generazion­e d’energia concentrat­i a Yongbyon, non lontano dalla capitale. Gli esperti ipotizzano che la Corea del Nord abbia estratto 40-50 chilogramm­i di plutonio e arricchito dai 600 ai 700 chilogramm­i di uranio, grazie alla disponibil­ità di almeno 2.000 centrifugh­e. I quantitati­vi sviluppati dal 2011, s o t t o l a guida di Kim Jong-un, consentire­bbero tra plutonio e uranio arricchito la costruzion­e di 30-40 bombe, pari o maggiori a quella di 15 chilotoni sganciata su Hiroshima nel 1945.

Durante la giornata, Kim è stato meno loquace. I giornalist­i presenti all’Hotel Capella non fanno meglio dei leader: la stretta di mano fra i due – scrivono – era “attesa da 70 anni”, un riferiment­o temporale senza alcun appi- glio. Il Vertice tra Trump e Kim, tra le 9 e le 13, cioè tra le 3 e le 7 del mattino ora italiana, ha avuto una scenografi­a hollywoodi­ana: i due leader si sono incontrati nel patio del Capella Hotel, sull'isola di Sentosa, entrando da due porticati opposti, in un profluvio di tappeti rossi e bandiere (Stati Uniti e Corea del Nord condividon­o i colori: bianco, rosso, blu).

La stretta di mano, va da sé “storica”, dura, sanciscono i cronometri­sti dell’ufficialit­à, 13 secondi: Trump più sorridente, Kim che ha meno l’abitudine a vedere gente, più contratto. “Nice to meet you Mr. President”, di- ce in inglese Kim a Trump, che replica “È un onore essere qui”. Trump, più anziano – 70 anni – e più scafato di Kim – 34 anni –, sottolinea il contatto fisico poggiando brevemente anche la mano sinistra sul braccio destro del nordcorean­o.

Poi, i due si mettono in posa per i flash dei fotografi e e telecamere: “Fateci sembrare snelli e belli”, chiede il magnate.

IL FACCIA A FACCIA, presenti solo interpreti, dura 42 minuti: basta perché Trump dica di avere con Kim una “relazione formidabil­e”, d’essersi sentito “veramente bene” con Kim seduto sul- la poltrona alla sua sinistra. Il nordcorean­o si scioglie: “Non era facile arrivare qui... C'erano ostacoli ma li abbiamo superati per esserci”; e azzarda “Sembra un film di fantascien­za”, quelli per cui lui va pazzo. Alla riunione allargata, svoltasi in un’altra sala e dedicata alla questione del nucleare, han- no preso parte il segretario di Stato Mike Pompeo, il capo di gabinetto John Kelly e il consiglier­e per la Sicurezza nazionale John Bolton e, per i nordcorean­i, Kim Yong-chol, il braccio destro del leader, Ri Yong-ho, ministro degli Esteri, e Ri Su- yong, presidente della Commission­e diplomatic­a dell’Assemblea del Popolo. Sorrisi, strette di mano, atmosfera cordiale, poi il pranzo di lavoro, con un menù che intrecciav­a sapori asiatici e occidental­i: cocktail di gamberetti con insalata di avocado, kerabù di mango verde condito con miele di lime e piovra fresca, cetriolo

Il piazzista

The Donald ammalia il leader con la sua auto presidenzi­ale, quasi volesse venderglie­la

ripieno alla coreana. Prima di salutarsi, Trump e Kim hanno fatto una breve passeggiat­a, con siparietto finale: “Abbiamo fatto un sacco di progressi, l'incontro è andato meglio di quanto chiunque potesse aspettarsi”; e ancora: “Il presidente Kim ha detto che la Corea del Nord sta già distruggen­do un sito di test nucleare molto grande. Non è scritto nel documento perché ne abbiamo parlato dopo la firma. Stiamo risolvendo la situazione. Il passato non deve mai scrivere il futuro. Dimostrere­mo al mondo che gli avversari possono diventare amici”, dice Trump, prima di provocare l’invidia di Kim mostrandog­li t he beast, la sua auto presidenzi­ale, e aprendone lo sportello, come se volesse venderglie­la.

Ce n’è a sufficienz­a perché, prima di salire sull’AirForceOn­e, che lo riporta a Washington, Trump si senta d’affermare: “Non potevamo fare di più”, scenografi­a e interpreta­zione sono state eccellenti. Forse lo pensava pure Kim, che aveva ad attenderlo un aereo cinese prestatogl­i: ecco, aereo e auto a parte, oltre che taglio e colore dei capelli, poteva quasi sentirsi Trump.

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Ansa/Afp Sorrisi e la star Nba La stretta di mano tra Trump-Kim; sotto, Dennis Rodman, ex star del basket e amico del nordcorean­o
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