UN MINISTERO RAZZIATO DALLE NOMINE
Il ministero della Cultura italiano, il Mibact, è ovviamente il punto di riferimento di chi lavora nei musei, nei teatri, nel cinema, nelle orchestre, nella lirica, nella danza, nella prosa. Il ministero della Cultura, pur con il budget più basso d’Europa, ha contribuito negli anni a sostenere queste realtà che hanno contribuito a rendere l’Italia prestigiosa nel mondo.
È di questi giorni l’incredibile notizia che tantissimi artisti e operatori culturali sono stati cacciati da questa casa. Azzerati i loro contributi dopo anni di lavoro. Cancellati dalla cartina geografica della storia culturale italiana, dopo aver creato centinaia di spettacoli, opere dell’ingegno creativo, a volte riuscite bene a volte meno bene, pagato migliaia di contributi, offerto opportunità di lavoro a centinaia e centinaia di artisti nel corso degli anni. Ecco lo scenario: stava per cadere il governo, nominate in tutta fretta (mai così in fretta) le Commissioni ministeriali che dureranno 3 anni, chiamati a raccolta gli amici dei salotti buoni del pensiero unico. È la fine del nostro governo mai eletto? Allora muoia Sansone con tutti i Filistei. Nel frattempo per i prossimi tre anni si passa da noi...
Hanno nominato dei commissari che in virtù di un “decreto arroganza” del 2015 che, per dirla in parole povere, sancisce la possibilità di essere sovvenzionati solo ai sog- getti che hanno superato uno sbarramento “artistico”, di cui – udite, udite – i dirigenti ministeriali non hanno alcuna responsabilità perché il superamento dei punteggi ar- tistici è giudizio insindacabile dei commissari esterni…
Dunque uno sparuto numero di privati cittadini (sto parlando di quattro o cinque persone che tranne rari casi non hanno alcuna competenza tecnica e manageriale), sono gli insindacabili commissari esterni che hanno la totale responsabilità del futuro della cultura ita- liana dello spettacolo dal vivo. Una enorme responsabilità storica che uno Stato di diritto non dovrebbe mai lasciare nelle mani di privati cittadini suscettibili di pressioni, conflitti di interessi, potenziali parzialità, impossibilità di valutazioni a 360°, per oggettiva mancanza di tempo, visto che ciascuno di loro fa altro nella vita. Gli italiani con il voto del 4 marzo hanno chiesto un profondo cambiamento anche dello status quo che aveva cristallizzato gruppi di potere dei famosi salotti buoni della musica, del cinema, del teatro, della danza italiana.
Ascoltare il voto dei cittadini, dei contribuenti, di coloro che pagano lo stipendio di tali dirigenti statali / Direttori artistici, vuol dire soprattutto discontinuità rispetto al passato.
Questi blitz che hanno eliminato realtà che offrivano opportunità di lavoro a centinaia di giovani italiani, cosa hanno risolto? Con gli spiccioli in un budget generale di uno Stato che in proporzione valgono molto meno di un caffè nel budget di una famiglia media italiana, hanno avuto la soddisfazione di aver fatto fuori artisti non in sintonia con il proprio gusto?
Come può permettersi un ministero della Cultura di distruggere realtà culturali italiane? Con quale diritto storico o divino?
I“Direttori artistici” della cultura italiana hanno deciso in fretta e furia. Mai commissioni furono chiamate a esprimersi con tale celerità nella recente storia del Mibact. Siamo abituati alle nomine politiche dell’ultim’ora di fine legislatura, ma mai prima d’ora erano state cancellate tante realtà culturali. Povero ministro Bonisoli. Toccherà a lui apporre la firma in calce a tali epurazioni ingiustificate, immotivate e insindacabili.
Se fossi in lui, la prima cosa che farei è cercare altre professionalità di spessore tra i dirigenti del ministero della Cultura, la cui carriera è stata offuscata per troppi anni da blocchi inamovibili di potere, per dare nuovo slancio, nuove energie e per impedire che dirigenti per troppi anni nello stesso ufficio, possano aver cementato relazioni personali incompatibili con una responsabilità di tale impatto.
* Regista e coreografo
IL MIBACT E BONISOLI Il governo Gentiloni ha piazzato in tutta fretta le Commissioni (in carica tre anni): così ha bloccato tutto lo spettacolo dal vivo