L’“Armata Rotta” fa felice lo zar e anche il russo tifa
MOSCA La Nazionale organizzatrice stravince il match d’apertura e da poco considerata e amata risveglia l’orgoglio patrio su cui Putin punta molto
Ros s iy a, R os s iy a”: nello stadio, nelle piazze risuona fino a tarda sera lo stesso urlo, sventolano le bandiere, l’onore è salvo e anche di più. Proprio come pretendeva Putin: i Mondiali iniziano col suo monologo. Lui in piedi sul predellino in tribuna, a dare la benedizione al grande evento che per un mese metterà il Paese al centro del mondo, come ai tempi d’oro. E la nazionale che spezza le reni alla malcapitata Arabia Saudita, addirittura 5-0, per la gioia dei tifosi che con la squadra non hanno mai avuto un gran rapporto, ma almeno ieri sono andati a dormire contenti.
Il pallone non scalda particolarmente il cuore freddo dei russi. C’è la coppa del mondo di calcio, evento storico, ma prima della partita inaugurale davanti allo stadio Luzniki di Mosca due bambini giocano a hockey: pattini ai piedi e bastone in mano, sognano il mondiale ma quello sbagliato, uno che valga davvero la pena ospitare. L’Armata rossa del pallone è vecchia e malandata e non rappresenta quasi nessuno: pochi talenti, al punto di essere costretti a richiamare il 40enne Ignashevich che si era ritirato due anni fa; e in panchina Stanislav Cherchesov, un ct borioso e un po’ raccomandato, che con i suoi baffoni sembra uscito da un romanzo popolare ed è fra i 5 uomini più odiati del Paese.
La nazionale è oggetto di scherno: commenti velenosi e battutine autoironiche quando va bene, ondate di risentimento e invidia sociale per i soldi guadagnati ingiustamente, quando si mette male. Non ieri però. Sarebbe stato un peccato rovinare il quadretto preparato dagli organizzatori, con la sfilata della cerimonia d’apertura ( mai così breve, per non togliere spazio al vero protagonista), e il discorso di Putin prima del fischio d’inizio. Solenne, ecumenico, persino conciliante (“Sono qui per darvi il benvenuto in Russia, Paese aperto, ospitale, amichevole”, “il pallone va oltre la politica” (l’ha deciso lui, ovviamente).
PER LA PARTITA, quasi un dettaglio di contorno a cui si chiedeva solo di non stonare troppo, le premesse non erano incoraggianti. Per fortuna dall’altra parte c’era l’Arabia Saudita, squadra materasso se ce n’è una, che un sorteggio fin troppo benevolo per non essere sospetto ha designato come vittima sacrificale della gara d’apertura. Gli sceicchi hanno problemi di talento, non certo di soldi, e così nell’ultima sta- gione grazie ad un accordo pagato profumatamente dalla Federazione hanno spedito in Spagna i loro giocatori migliori, a fare esperienza (e panchina) nella Liga contro Messi e Ronaldo. Da allora, però, si sono messi in testa di giocare con possesso palla e Tiki-Taka. Il risultato è stato disastroso: i padroni di casa hanno segnato subito con Gazinskiy e dilagato nel finale con Golovin, unico vero talento locale (nel mirino anche della Juve) e migliore in campo. La resa dei conti è solo rinviata alla sfida con l’Egitto, decisiva per non eguagliare il record negativo del Sudafrica, unico Paese ospitante a non superare il girone. Rischio non ancora scongiurato, ma ieri il petto di Putin era più gonfio del solito. In fondo sono i Mondiali di Russia, mica di calcio.