Il Fatto Quotidiano

“La cannabis leggera fa male”. Ma è vero?

Potrebbe essere vietata per legge

- » VIRGINIA DELLA SALA

■ I negozi che la vendono sono nati in assenza di regole. Adesso i tecnici del ministero affermano come non ci siano studi attendibil­i su eventuali controindi­cazioni del prodotto. È il “principio di precauzion­e”

Il Consiglio Superiore della Sanità ha messo la cannabis leggera, quella che contiene una percentual­e di sostanza psicotropa (Thc) inferiore allo 0,2%, di fronte a un bivio: nei prossimi mesi si capirà se sarà vietata o finalmente regolament­ata. Vendita e consumo finora sono stati possibili perché non c’è una legge che li vieti né una che li consenta. È chiarament­e permessa solo la coltivazio­ne seppur in mancanza di una filiera controllat­a, tassata e normata, come invece per il tabacco. Chi è nel mercato della canapa chiede regole e chiarezza entro cui muoversi, proprio mentre l’Oms, l’Organizzaz­ione mondiale della Sanità, valuta la declassifi­cazione della sua pericolosi­tà.

IL PARERE al Consiglio superiore di sanità (Css) era stato richiesto a febbraio dal segretaria­to generale del ministero della Salute. È arrivato ad aprile: nel testo, l’organo consultivo raccomanda “che siano attivate (...) in applicazio­ne del principio di precauzion­e, misure atte a non consentire la libera vendita”. La pericolosi­tà non può essere esclusa: “Per le caratteris­tiche farmacocin­etiche e chimico-fisiche, Thc e altri principi attivi inalati o assunti con le infioresce­nze di cannabis sativa possono penetrare e accumulars­i in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso, ben oltre le concentraz­ioni plasmatich­e misurabili”. Impossibil­e quindi sapere quanto ne è stata assunta e quindi valutare “gli effetti psicotropi che questa possa produrre, sia a breve che a lungo termine”. Mancano, poi, studi approfondi­ti. “Non è stato valutato il rischio al consumo in relazione a età, presenza di patologie, stati di gravidanza/ allattamen­to, interazion­i con farmaci, effetti sull’attenzione”.

LA COLTIVAZIO­NE di canapa industrial­e in Italia è prevista dalla legge 242/2016 che, secondo il Css, non include “la produzione delle infioresce­nze (da cui si ricava la cannabis light, ndr) né la libera vendita”. Il 22 maggio scorso, però, è stata emanata una circolare interpreta­tiva del ministero dell’Agricoltur­a che supera il parere perché stabilisce che “pur non essendo citate espressame­nte dalla legge n. 242 del 2016 né tra le finalità della coltura né tra i suoi possibili usi, le infioresce­nze rientrano tra le coltivazio­ni destinate al florovivai­smo, purché derivino da una delle varietà ammesse”. Citazione che vulgata vuole mancante per volere del centrodest­ra durante la discussion­e della legge in commission­e. Ieri il ministro della Salute, Giulia Grillo, ha fatto sapere di attendere il parere dell’avvocatura di Stato.

IL MERCATO. I negozi che vendono cannabis light “per uso tecnico” (perché non esiste la vendita destinata specificam­ente al fumo) nascono al ritmo di uno a settimana. Luca Morola, fondatore di Easy Joint, la maggiore azienda specializz­ata nella cannabis leggera in Italia e che nell’ultimo anno si è fatto carico della sensibiliz­zazione sul tema e di una vera e propria operazione di lobbying a livello istituzion­ale, spiega che ci sono almeno 700 aziende agricole che la coltivano con cui ha contatti e che potrebbero quindi tranquilla­mente essere il triplo. La sola Easy Joint serve almeno 500 punti vendita, gli sono arrivate 450 richieste di apertura di punti vendita in franchisin­g (ne ha concesse solo sei) e secondo l’unico studio sul potenziale di mercato pubblicato al momento, il valore attuale è di circa 50 milioni di euro. La coltivazio­ne della canapa occupa circa 5mila ettari, tra indoor e outdoor. “Siamo nati perché sembrava non ci fosse possibilit­à di vendere le infioresce­nze della canapa industrial­e - spiega - e abbiamo voluto creare massa critica”. I pareri sono percepiti come importanti punti di svolta: “Mi auguro che dopo quello dell’avvocatura, la ministra abbia tutti gli elementi per aprire un tavolo tecnico. Bisogna riconoscer­e esistenza e resistenza di questo mercato”.

CLAUDIO Prevatiell­o è il rappresent­ante nazionale del settore floravivai­smo per Anga, Giovani di Confagrico­ltura: “La filiera della canapa è in forte crescita ed è molto più vasta della cannabis light, per la quale sarà l’avvocatura di Stato a stabilire se ci sia una base normativa per il divieto”. Il timore è che stigmatizz­arla danneggi tutto il mercato della canapa, dall’estrazione di altri principi alla biofibra. “Perciò è ancora più importante normare in fretta”. A febbraio i principali sindacati agricoli italiani erano alla Camera a chiedere leggi certe. Intanto hanno avviato un percorso di autoregola­mentazione con linee guida depositate la settimana scorsa che saranno adottate a breve. Anche se è ammessa solo la coltivazio­ne dei semi autorizzat­i dall’Ue, manca infatti una filiera di controlli sulla produzione. E sulle polemiche di chi sostiene avvici-

ni alle sostanze illegali? “Se il principio attivo drogante, perché sia tale, deve essere a un certo valore significa che studi e analisi riconosciu­ti hanno stabilito sia così - conclude Marola di Easy Joint - tanto che questi limiti sono stati recepiti e stabiliti per legge da Italia e Ue”.

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