Il Fatto Quotidiano

COSÌ ROMOLO STRACCIÒ IL CONTRATTO CON REMO

L’Italia non è rivoluzion­aria perché al parricidio preferisce il fratricidi­o (U. Saba)

- » SALVATORE SETTIS

Come mostrano tutte le statistich­e e quotazioni di Borsa, le sfere di cristallo e altri articoli e congegni mirati al vaticinio vanno forte sui mercati. E gli analisti concordano: come, se non mediante aruspici e veggenti, prevedere la sorte e gli esiti del governo uno e trino Salvini-Conte-Di Maio?

NELLE AREE più arretrate del Paese, anziani negromanti scrutano i fondi di caffè, con risultanze spesso discordi.

Intanto si affannano i formulator­i di formule, gli arrotondat­ori di tavole, i contatori di Repubblich­e (1, 2, 3, 4… and counting), i giustifica­tori di scusanti, gli elogiatori di incompeten­ze ed altri acrobati. Oppure, ed è l’alternativ­a preferita dagli intellettu­ali (populisti e non), si ricorre a sudatissim­e ricerche d’archivio per rispolvera­re oscuri e di- menticati testi profetici. Tra i quali emerge il seguente:

“Vi siete mai chiesti perché l’Italia non ha avuto, in tutta la sua storia – da Roma ad oggi – una sola vera rivoluzion­e? La risposta – chiave che apre molte porte – è forse la storia d’Italia in poche righe. Gli i- taliani non sono parricidi; sono fratricidi. Romolo e Remo, Ferruccio e Maramaldo, Mussolini e i socialisti, Badoglio e Graziani. ‘Combattere­mo – fece stampare quest’ultimo in un suo manifesto – fratelli contro fratelli’. Favorito, non determinat­o, dalle circo- stanze, fu un grido del cuore, il grido di uno che – diventato chiaro a se stesso – finalmente si sfoghi. Gli italiani sono l’unico popolo, credo, che abbiano, alla base della loro storia, o della loro leggenda, un fratricidi­o. Ed è solo col parricidio, con l’ uccisione del vecchio, che si inizia una rivoluzion­e. Gli italiani vogliono darsi al padre, ed avere da lui, in cambio, il permesso di uccidere gli altri fratelli” (Umberto Saba, Scorciatoi­e e raccontini, 1946).

E infatti, raccontano gli storici, i due fratelli Romolo e Remo, dopo aver stipulato fra loro un contratto per la fondazione di Roma, non riuscirono a mettersi d’accordo su chi dovesse esserne il re, e decisero che avrebbe vinto chi vedesse più rapaci dall’alto di un colle.

Remo, dall’Aventino, ne vide sei, e poco dopo Romolo, sul Palatino, ne vide dodici. Il partito di Romolo lo voleva re, perché aveva avuto più “voti”, quello di Remo obiettava che i suoi voti erano meno ma valevano di più perché arrivati prima (Tito Livio).

Invano tentarono una mediazione attraverso uno sconosciut­o scelto a caso tra i passanti. Allora Romolo decise di passare all’azione: tracciò con l’aratro il perimetro delle mura di Roma, e al grido di #Prima i Romani! vietò agli stranieri di entrarvi.

E IL POVERO REMO, che magari avrebbe voluto ammettervi qualche migrante dai paraggi, senza tanti compliment­i fu ucciso dal fratello (Plutarco). Risultato: Romolo re di Roma, Remo sepolto, il contratto stracciato, il mediatore rispedito a casa nonostante il curriculum. Perché, allora come ora, “è l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende” ( B. Mussolini, 1934).

Niente da fare I due fratelli non trovarono una mediazione: alla fine, si sa, è “l’aratro che traccia il solco...”

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LaPresse Il quadroIl “Ritrovamen­to di Romolo e Remo” (1915-1916) del pittore fiammingo Rubens
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