Il re dei rifugiati con la Ferrari
Arrestato Paolo Di Donato, 48 anni, amici potenti e 13 centri di accoglienza. Vinceva appalti a 28 euro invece che 35 a ospite
Grazie ai 35 euro al giorno a migrante che il governo Conte vorrebbe ridurre a 20, un signore di 48 anni, Paolo Di Donato, il dominus del consorzio Maleventum di Benevento, che è arrivato ad ospitare quasi 1.000 immigrati (diversi però esistevano solo sulla carta di firme fasulle con la stessa calligrafia), scorazzava in Ferrari e vantava un reddito di 475.000 euro. Lo hanno arrestato ieri, messo ai domiciliari con accuse di truffa e di aver messo in piedi una rete di corruzione e di talpe che lo avvertivano dei controlli e lo salvavano dal rischio chiusura di 13 centri di accoglienza dove i rifugiati, secondo il verbale di un dipendente assunto tramite “l’amichevole intervento di Sandra Lonardo” (la signora Mastella) e costretto a lavorare 80 ore a settimana per 1.300 euro al mese, venivano nutriti “con latte allungato con acqua altrimenti non bastava per tutti”. Forse anche per questo Di Donato vinceva appalti al ribasso, 28 euro invece di 35 (in pochi anni il Consorzio ha ricevuto 12 milioni), prezzi stracciati con centri di accoglienza in strutture fatiscenti e senza acqua calda. Persino in un ex centro di macellazione dei conigli, come documenta nel gennaio 2017 un video de ilfattoquotidiano.it, e in una struttura in contrada Madonna della Salute finita nel mirino di un esposto della Cgil e di una nota di Altrabenevento, chiusa dai Nas dopo la scoperta di un certificato di agibilità fasullo.
“È notorio (che è falso, ndr), pure le pietre...” diceva al telefono un funzionario della prefettura, Felice Panzone, anche lui ai domiciliari. Panzone era l’uomo centrale della “rete”. Lavorava allo smistamento dei nuovi arrivi, decideva appalti, quote di rifugiati e centri dove smistarli. Il controllore che giocava nella squadra dei controllati. Che li informa che il 5 febbraio 2016 arriva una ispezione a sorpresa del commissariato rifugiati dell’Onu e telefona a tutti i cetri: “Passate la cera”. Panzone ha capito l’andazzo e come si diventa ricchi col business rifugiati, lo spiega al telefono a una signora: “Tuo figlio vuole guadagnare 10000 euro al mese? È semplice: 10 migranti, 10.000 euro al mese lordi, utili 30-35%, tu me lo mandi, io gli spiego come si fa e gli faccio aprire un centro dì accoglienza a Benevento. (…) Sembra che faccio lo spaccariello, ma è la verità…”.
Di Donato l’andazzo lo ha capito pure meglio. È chiamato “il re dei migranti”, ostenta ricchezza e amicizie influenti in politica, spaccone pure davanti agli uomini della Digos che lo hanno registrato di nascosto dire “persone che stan- no vicino ad Alfano mi hanno detto di non parlare male della Prefettura… però Giovà…(il poliziotto che lo sta registrando, ndr) mò sono venuto a sapere che l’indagine che state facendo voi Digos…”. Già, sapeva di essere indagato. Era stato avvisato da un carabiniere al quale prestava un appartamento per gli incontri con l’amica, e da un dipendente della Procura che accedeva ai registri informatici. Un personaggio che meriterebbe un racconto a parte: ogni tanto si assentava fraudolentamente per fare il corriere di occhiali, sul suo profilo Facebook ha scritto di appartenere “ai servizi segreti della Procura” (?) e di aver fatto la scorta all’Antimafia di Catanzaro. Chissà se è vero.
Invece era vero che Di Donato parlava con uomini di Alfano. Nelle 79 pagine dell’ordinanza chiesta otto mesi fa e ottenuta ieri dal pm Filomena Rosa – inchiesta coordinata dal procuratore capo Aldo Policastro e dall’aggiunto Giovanni Conzo, nata da un succoso esposto anonimo – spunta un’intercettazione con Luigi Barone, capo della segreteria dell’al l or a so tt os egr et ar io alla Difesa Gioacchino Alfano, Ncd come il ministro dell’Interno dell’epoca, Angelino Alfano. Di Donato informa Barone di aver saputo dei controlli dei Nas. Poi subito dopo chiama Panzone. Per eliminare ogni irregolarità nei centri prima dell’arrivo dei Nas.
Le strutture Edifici fatiscenti e senza acqua calda, persino un ex centro di macellazione dei conigli