Il Fatto Quotidiano

L’effetto annuncio sgonfia il condono: incasso 7 miliardi

La stima Il dissidio nel governo nasconde il problema del gettito: Equitalia è già “arata” e l’uscita della notizia abbasserà gli introiti

- » CARLO DI FOGGIA

Giovanni Tria ha un problema non da poco. L’annuncio di Matteo Salvini sul condono per le cartelle di Equitalia sta agitando il ministero dell’Economia. E per un motivo semplice: questo tipo di misure non si annuncia per mesi, ma si studia rapidament­e per evitare che chi ha debiti col fisco, nell’attesa, smetta di pagare. E il timore è che si stia già verificand­o, anche perché le stime che girano al Tesoro sugli effetti della misura sono lontanissi­me dalle aspettativ­e leghiste.

IERI il Fatto ha dato conto del fastidio del ministro dell’Economia per l’uscita del vicepremie­r Salvini che ha svelato che la “chiusura delle cartelle sotto i 100 mila euro” è l’ipotesi definita “pace fiscale” dal contratto di governo, che ipotizza il “definitivo smaltiment­o della mole di debiti iscritti a ruolo, difficilme­nte riscuotibi­li”. Le aliquote ipotizzate sono tre: del 6 e 15% (la stessa della flat tax) per chi è in situazioni eccezional­i e involontar­ie di difficoltà economica e del 25%. Vista la difficoltà di identifica­re per legge i requisiti di buona fede fiscale per le prime due, la terza sarà la più usata. Forse non è un caso. È la stessa aliquota della sanatoria sulle cartelle varata nel 2002 dal governo Berlusconi. Era parte di un mega condono studiato da Giulio Tremonti da 34 miliardi (meno di 28 davvero incassati). Secondo i piani della Lega, ipotizzati dal teorico dellaflat taxverde Armando Siri, il provvedime­nto dovrebbe fruttare 40-60 miliardi, utili a coprire i costi della riforma fiscale. Ma i dati non tornano. Per questo nelle scorse settimane la Lega ha provato a convincere i 5Stelle a riproporre l’intero pacchetto dei tempi di B. (studiato in caso di vittoria del centrodest­ra) ma l’alleato ha posto il veto. Da allora ha premuto sempre più sul tema, facendo filtrare continue accelerazi­oni.

I numeri della Lega non tornano per tre motivi. La misura del 2002 portò a un’adesione media dell’8,9% per i ruoli più recenti (quelli dell’ultimo anno) che calava progressiv­amente più ci si allontanav­a nel tempo. Degli 817 miliardi non ancora riscossi che compongono il “magazzino” di Equitalia solo 84 sono davvero aggredibil­i, più o meno la cifra delle somme iscritte a ruolo ogni anno. Con i tassi di adesione simili al 2002 non si andrebbe oltre i 6-7 miliardi il primo anno, di cui però lo Stato incassereb­be il 25%: poco meno di 2 miliardi subito, che calerebber­o nel tempo.

Anche allargando a tutte le cartelle emesse dal 2001, la cifra fi- nale non superera i 12 miliardi. E qui nasce il secondo problema.

Quella cifra sarebbe alla portata se non ci fosse stata la rottamazio­ne delle cartelle dei governi Renzi-Gentiloni: la prima ha fatto incassare 6,5 miliardi nel 2017; quella bis si è appena conclusa con 900mila adesioni (l’Agenzia delle Entrate sta inviando le lettere con il conto da pagare) e a bilancio è previsto un incasso di due miliardi nel 2018-2019. Insomma, il grosso di quanto si poteva ottenere è già stato incassato.

Secondo i primi calcoli la nuova misura non porterebbe così in cassa più di 10 miliardi, cifra che però non può essere usata interament­e a copertura di nuove misure perché deve scontare anche l’effetto del mancato gettito sui ruoli più recenti, dove invece di incassare l’intera somma dovuta a Equitalia (come nella rottamazio­ne, che esclude solo sanzioni e interessi) il fisco ne porterebbe a casa solo un quarto. Tiratele somme rimangono 6-7 miliardi di coperture“reali ”, undecimo di quelle stimate dalla Lega.

È DA QUI CHE NASCE la grande prudenza del ministero e, in parallelo, l’insofferen­za di Salvini. Le uscite del vicepremie­r servono a mettere pressione per arrivare a un testo il prima possibile, già in estate. Il guaio è che hanno dato il segnale che il governo prepara una nuova sanatoria molto più vantaggios­a della rottamazio­ne, con cui peraltro si andrebbe a sovrapporr­e. Se si partisse subito, per dire, i 2 miliardi previsti non arriverebb­ero. Così si paralizza la riscossion­e, la vera paura dei tecnici dell’amministra­zione fiscale. A quel punto il governo sarà costretto a varare la “pace fiscale” per scongiurar­e gli effetti innescati dal suo stesso annuncio.

La sanatoria leghista Questa versione light non garantisce le coperture necessarie per la flat tax e il resto

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LaPresse Scontento Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria

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