L’effetto annuncio sgonfia il condono: incasso 7 miliardi
La stima Il dissidio nel governo nasconde il problema del gettito: Equitalia è già “arata” e l’uscita della notizia abbasserà gli introiti
Giovanni Tria ha un problema non da poco. L’annuncio di Matteo Salvini sul condono per le cartelle di Equitalia sta agitando il ministero dell’Economia. E per un motivo semplice: questo tipo di misure non si annuncia per mesi, ma si studia rapidamente per evitare che chi ha debiti col fisco, nell’attesa, smetta di pagare. E il timore è che si stia già verificando, anche perché le stime che girano al Tesoro sugli effetti della misura sono lontanissime dalle aspettative leghiste.
IERI il Fatto ha dato conto del fastidio del ministro dell’Economia per l’uscita del vicepremier Salvini che ha svelato che la “chiusura delle cartelle sotto i 100 mila euro” è l’ipotesi definita “pace fiscale” dal contratto di governo, che ipotizza il “definitivo smaltimento della mole di debiti iscritti a ruolo, difficilmente riscuotibili”. Le aliquote ipotizzate sono tre: del 6 e 15% (la stessa della flat tax) per chi è in situazioni eccezionali e involontarie di difficoltà economica e del 25%. Vista la difficoltà di identificare per legge i requisiti di buona fede fiscale per le prime due, la terza sarà la più usata. Forse non è un caso. È la stessa aliquota della sanatoria sulle cartelle varata nel 2002 dal governo Berlusconi. Era parte di un mega condono studiato da Giulio Tremonti da 34 miliardi (meno di 28 davvero incassati). Secondo i piani della Lega, ipotizzati dal teorico dellaflat taxverde Armando Siri, il provvedimento dovrebbe fruttare 40-60 miliardi, utili a coprire i costi della riforma fiscale. Ma i dati non tornano. Per questo nelle scorse settimane la Lega ha provato a convincere i 5Stelle a riproporre l’intero pacchetto dei tempi di B. (studiato in caso di vittoria del centrodestra) ma l’alleato ha posto il veto. Da allora ha premuto sempre più sul tema, facendo filtrare continue accelerazioni.
I numeri della Lega non tornano per tre motivi. La misura del 2002 portò a un’adesione media dell’8,9% per i ruoli più recenti (quelli dell’ultimo anno) che calava progressivamente più ci si allontanava nel tempo. Degli 817 miliardi non ancora riscossi che compongono il “magazzino” di Equitalia solo 84 sono davvero aggredibili, più o meno la cifra delle somme iscritte a ruolo ogni anno. Con i tassi di adesione simili al 2002 non si andrebbe oltre i 6-7 miliardi il primo anno, di cui però lo Stato incasserebbe il 25%: poco meno di 2 miliardi subito, che calerebbero nel tempo.
Anche allargando a tutte le cartelle emesse dal 2001, la cifra fi- nale non superera i 12 miliardi. E qui nasce il secondo problema.
Quella cifra sarebbe alla portata se non ci fosse stata la rottamazione delle cartelle dei governi Renzi-Gentiloni: la prima ha fatto incassare 6,5 miliardi nel 2017; quella bis si è appena conclusa con 900mila adesioni (l’Agenzia delle Entrate sta inviando le lettere con il conto da pagare) e a bilancio è previsto un incasso di due miliardi nel 2018-2019. Insomma, il grosso di quanto si poteva ottenere è già stato incassato.
Secondo i primi calcoli la nuova misura non porterebbe così in cassa più di 10 miliardi, cifra che però non può essere usata interamente a copertura di nuove misure perché deve scontare anche l’effetto del mancato gettito sui ruoli più recenti, dove invece di incassare l’intera somma dovuta a Equitalia (come nella rottamazione, che esclude solo sanzioni e interessi) il fisco ne porterebbe a casa solo un quarto. Tiratele somme rimangono 6-7 miliardi di coperture“reali ”, undecimo di quelle stimate dalla Lega.
È DA QUI CHE NASCE la grande prudenza del ministero e, in parallelo, l’insofferenza di Salvini. Le uscite del vicepremier servono a mettere pressione per arrivare a un testo il prima possibile, già in estate. Il guaio è che hanno dato il segnale che il governo prepara una nuova sanatoria molto più vantaggiosa della rottamazione, con cui peraltro si andrebbe a sovrapporre. Se si partisse subito, per dire, i 2 miliardi previsti non arriverebbero. Così si paralizza la riscossione, la vera paura dei tecnici dell’amministrazione fiscale. A quel punto il governo sarà costretto a varare la “pace fiscale” per scongiurare gli effetti innescati dal suo stesso annuncio.
La sanatoria leghista Questa versione light non garantisce le coperture necessarie per la flat tax e il resto