Il Fatto Quotidiano

Sfruttiamo l’occasione: Viale Mazzini può diventare la Silicon Valley della television­e

Cosa migliorare: cultura, indipenden­za e informazio­ne

- » LUCA MATTIUCCI * * Candidato alla Camera per il Cda Rai

Manca poco. Poi si cambia. Il Parlamento sceglierà il nuovo Cda Rai. Delle 236 candidatur­e, però, fa specie che si parli solo dei soliti noti tra i corridoi di Viale Mazzini assieme ad assidui del Transatlan­tico o dei soliti ignoti. A rimanere nel silenzio sono i volti nuovi, quelli che la differenza potrebbero farla.

L’AUSPICIO è che gli eletti arrivino, come invocato dal presidente Fico, lontano dai partiti e con una visione. Quella necessaria per non costringer­si a inseguire il futuro, ma a intuirlo. Perché oltre l’audience e i bilanci attivi rivendicat­i da Guelfi, da capire se meritati visto il canone obbligator­io, c’è molto altro. C’è un servizio pubblico che deve tornare ad avere un’i- dentità capace di coniugare il dialogo con i partiti, ma senza ingerenze e stando attento a che non sia l’informazio­ne a orientare la politica. Una Rai che crea cultura e che diventi una media company competitiv­a con una strategia di vera sostenibil­ità. Significa sviluppare piani di welfare e garantire parità di accesso. Assicurare uno scambio generazion­ale reale, perché la digitalizz­azione non può arrivare da chi non sa utilizzare i social. Ancora, dire basta al precariato perché non si può denunciarl­o nei Tg e tenerlo in casa. Investire sugli esteri perché bisogna esser con i nostri occhi lì dove il cambiament­o accade.

UN CAMBIAMENT­O che sia per tutti e punti ai servizi per non-udenti e non- vedenti. Una Rai che rendiconta come sono stati spesi i soldi delle campagne sociali. È una rivoluzion­e bianca che non ha bisogno di privatiz- zare, semmai il contrario e di più. È un’azienda aperta alla società che destina la pubblicità per laboratori innovativi di produzioni e web. Una Silicon Valley delle telecomuni­cazioni che si può e si deve creare. Io per primo ci scommetto il 40% del mio compenso, perché la cultura non esclude il business, anzi. È per questo che ho lanciato la campagna pubblica #laRAIchevo­rrei. Non è populismo, è partecipaz­ione. Quella vera. E forse ha ragione Guelfi, quelli bravi potrebbero stare arrivando. Chissà che non sia il tempo dei Ghibellini.

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Ansa Il consiglio in uscita L’attuale formazione del Cda Rai

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