Di Maio: tagli alle pensioni d’oro per aumentare 800mila minime
Per legge a 4-5.000 euro. Le due strade: contributivo o modello Letta
■ Si punta a ricavare 300 milioni. Il prelievo dovrebbe andare a vantaggio degli 854mila assegni sociali: 60 euro in più al mese. Il nodo costituzionalità
Luigi Di Maio ne ha fatto ormai un pallino: tagliare le pensioni d’oro per finanziare gli assegni più bassi. “Vogliamo finalmente abolire le pensioni d’oro, che per legge avranno un tetto di 4.000/5.000 euro per tutti quelli che non hanno versato una quota di contributi che dia diritto a un importo così alto. E grazie al miliardo che risparmieremo potremo aumentare le pensioni minime”, ha spiegato ieri il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico. Quello di una maggiore equità sulle pensioni è un vecchio cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, ma la strada per passare all’azione legislativa appare stretta. L’Inps eroga 21 milioni di pensioni, per una spesa che nel 2017 è stata di 200 miliardi di cui 179 per gli assegni previdenziali: per tirare fuori un miliardo tondo da quelle cosiddette “d’oro” senza incorrere in problemi di costituzionalità è impresa complicata.
SECONDO quanto risulta al Fatto, i tecnici del ministero sono al lavoro su due ipotesi. La prima è quella più coerente con le parole di Di Maio: un prelievo che gravi solo sulle pensioni accumulate in gran parte col vecchio sistema “retributivo”, che calcolava l’assegno utilizzando come parametri lo stipendio percepito e gli anni di versamenti, non i contributi effettivamente versati. Era il sistema in vigore fino al 1996, successivamente riformato dal governo Amato e abolito definitivamente con la legge Fornero nel 2012, che ha esteso il contributivo anche agli esclusi dalla precedente riforma ma solo pro-rata. Le simulazioni in mano a chi segue il dossier al ministero parlano di un incasso di 480 milioni lordi, circa 300 al netto delle imposte versate, e il ricavato sarebbe destinato alle pensioni sociali con un provvedimento da varare prima dell’autunno.
Nei giorni scorsi il presidente di Itinerari previdenziali, Alberto Brambilla, peraltro vicino alla Lega ha detto che “se tutto va bene” si recupereranno “160 milioni” perché su 16 milioni di pensionati la misura riguarda “meno di 27 mila pensionati”. La cifra però può salire con soluzioni più drastiche (e a rischio di costituzionalità). Su lavoce.info lo statistico Franco Mostacci ha provato a fare una simulazione fissando un tetto massimo mensile di 5 mila euro lordi per l’assegno pensionistico e tagliando l’eccedenza solo ai pensionati con un reddito complessivo superiore ai 100 mila euro. Ne risulta che si risparmierebbero 490 milioni di euro. Considerando però il minor gettito Irpef per le casse dello stato, il risparmio netto si riduce a circa 280 milioni (la cifra che circola al ministero). Sufficiente ad aggiungere qualcosa per gli 854 mila pensionati sociali Inps (oggi ta- gliati fuori dagli 80 euro del governo Renzi) che attualmente percepiscono un assegno medio mensile di 424 euro: avrebbero circa 30 euro mensili in più, che arriveranno a 60 in caso si potesse incassare un miliardo. Un segnale anche per controbilanciare le uscite di Matteo Salvini.
VA DETTO che un prelievo di solidarietà sulle pensioni d’oro l’aveva già tentato il governo Monti nel 2011. Colpiva in modo progressivo le prestazioni superiori ai 90 mila euro lordi l’anno. Fu però bocciato dalla Corte costituzionale, che lo considerò un prelievo tributario “irragionevole e discriminatorio”.
L’altra ipotesi alla quale lavorano i tecnici è invece simile al contributo di solidarietà triennale anti-crisi inserito nella Finanziaria approvata dal governo Letta nel 2014, sul quale la Consulta non ha avuto da eccepire. Fissava un prelievo del 6% su tutte le pensioni da 91 mila a 130 mila euro, del 12% per quelle superiori a 130 mila e fino a 195 mila euro e del 18% oltre. Le stime che circolano al ministero arrivano a circa 1,2 miliardi. Il problema è che quella misura fu accettata dalla Consulta soprattut- to in quanto “eccezionale e temporanea”. Difficilmente potrebbe passare al vaglio dei giudici costituzionali una misura che invece dovrebbe essere strutturale.
Oggi 11,1 milioni di pensioni Inps hanno un importo inferiore a 750 euro. Nel 26 percento dei casi l’assegno è inferiore ai 500 euro mensili. Si tratta di 2,8 milioni di persone con un assegno ben al di sotto la soglia di povertà Istat (780 euro). Per far avere a tutti questi un reddito vicino a quella soglia, la stessa del reddito di cittadinanza, servirebbero dai 3 ai 5 miliardi l’anno.
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