Il Fatto Quotidiano

Due navi cariche di profughi ancora ferme

Lifeline rimane nelle acque di Malta, un mercantile al largo di Pozzallo (Ragusa)

- » ANDREA PALLADINO

Paga pegno anche il mercantile Alexander Maersk, fermo da più di 24 ore, con 113 migranti a bordo, davanti a Pozzallo (Ragusa). Il ministero dell’Interno fino a ieri sera non aveva autorizzat­o l’ingresso in porto. Una lunghissim­a attesa, interrotta solo da un intervento della Guardia costiera italiana che ha portato a bordo un medico per i casi più urgenti. La nave era stata aiutata dalla Lifeline, ancora ferma vicino a Malta, in un salvataggi­o di migranti due giorni fa nelle acque internazio­nali davanti alla Libia. Per Lifeline è intanto scattata la solidariet­à umanitaria, con due Ong – Sea Watch e Sea Eye – partite con i loro mezzi da Malta per portare aiuto e viveri ai 234 naufraghi a bordo.

Malta prosegue nella chiusura dei porti ai migran- ti e anche il governo italiano rimane fermo nel blocco per le Ong. Ieri, sempre su Twitter, Matteo Salvini ha ripetuto la sua linea: “Certe navi si devono scordare l’It a l ia , stop al business dell’immigrazio­ne clandestin­a! La musica è cambiata”, sottolinea­ndo, tra l’altro che alcune navi delle Ong erano proprio a Malta dove spesso fanno soste e rifornimen­ti. Il comandante della Lifeline, Klaus Peter, ha replicato su Radio Capital: “Se Salvini vuole arrestarmi può venire personalme­nte a prendermi. Vorrei invitare il signor Salvini a fare un viaggio con noi. Solo così si potrà rendere conto dello scenario drammatico in mare. Su questa nave nessuno guadagna un soldo. Siamo tutti volontari”.

LA SORTE della nave sembra appesa alla linea anti Ong. Il quadro più ampio dei flussi di migranti nel Mediterran­eo – che dal 1993 ad oggi ha visto 34.361 morti in mare – è sempre più complesso. Tra l’Italia e la Libia si gioca l’intera partita tra gli Stati, tra diritto internazio­nale e strategie per bloccare partenze e arrivi. Salvini oggi o domani sarà a Tripoli. Nei giorni scorsi la Guardia costiera italiana – che dal 2013 coordina i salva- taggi – ha emesso un avviso di navigazion­e: “Ai sensi della convenzion­e Solas (Safety of life at sea) i comandanti di nave che si trovano in mare nella zona antistante la Libia, dovranno rivolgersi al Centro di Tripoli e alla Guardia costiera libica per richiedere soccorso”. La questione, al di là dell’esistenza o meno di un centro di coordiname­nto libico, è lo sbarco, ovvero il place of safety, il luogo sicuro per i naufraghi. Per l’Alto commissari­ato Onu (Unhcr) per i rifugiati la Libia non può essere considerat­o tale perché non ha aderito alla Convenzion­e di Ginevra. “In Libia operano le agenzie Onu ed è un Paese riconosciu­to internazio­nalmente”, replicano dal ministero diretto da Toninelli, che si è espresso a favore di un hotspot a Tripoli. Ma l’agenzia Onu documenta una situazione disastrosa: su più di 50 mila aventi diritto alla protezione internazio­nale registrati, solo 1.600 sono stati evacuati. Solo i casi estremi liberati dai centri di detenzione e in parte trasferiti in Niger e Romania, zone “di transito”. I Paesi europei occidental­i, tra i quali Italia e Francia, ne hanno accolti al momento solo poche centinaia con i corridoi umanitari. E sull’idea di un hotspot in Libia il commissari­o Ue Avramapoul­os è stato netto: “Sono contrario a una Guantanamo bay per migranti, è contrario ai valori europei”.

L’avviso da Roma ”Chiamare Tripoli per i soccorsi davanti alla Libia”, ma per l’Onu non è un porto sicuro

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Ansa Bloccata da tre giorni La Lifeline dell’omonima Ong tedesca, è vicina a Malta che nega l’accesso al porto. Ma anche l’Italia dice no

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