Il Fatto Quotidiano

Quello 007 Fiat che spiò 60 mila operai

MARIO CELLERINO L’ex capo della sicurezza degli Agnelli nel 1970 fu condannato per aver schedato i lavoratori. L’indagine era “di un certo” Guariniell­o. Nel processo la scampò in appello: prescritto

- ▶ NOVELLI

Il quotidiano livorneseI­l Tirrenoha dato notizia nei giorni scorsi della morte del generale dell’aeronautic­a Mario Cellerino, alessandri­no di origine, ma residente da tempo a Viareggio. Cellerino, che a novembre avrebbe compiuto cento anni, scrive il giornale di Livorno, “aveva lasciato la divisa subito dopo la Seconda Guerra mondiale nel corso della quale era stato nominato, dopo l’8 settembre, addetto militare dell’Ambasciata italiana a Berlino”. Prima che il conflitto finisse, “fu arrestato e deportato nel campo di concentram­ento di Buchenwald. A guerra conclusa, Cellerino fu per 18 anni capo del nucleo Sios- Aeronautic­a a Torino”, cioè il servizio segreto.

POI, RAMMENTA sempre Il Tirreno, “lasciò l’Aeronautic­a per passare alla Fiat, braccio destro di Vittorio Valletta”, il potente amministra­tore delegato, “e destinato alla direzione di quello che all’epoca era nominato Ufficio Servizi generali della celebre casa automobili­stica”. L’ex militare, in verità, capeggiava i servizi di sicurezza interni. Proprio per quella mansione venne coinvolto pesantemen­te nell’inchiesta dell’allora giovane pretore torinese Raffaele Guriniello, nel 1970, sulle schedature illegali delle lavoratric­i e dei lavoratori della Fiat, così come di sindacalis­ti e di militanti della sinistra. Ne furono scoperte oltre 350 mila. Tutto era nato da una causa di lavoro contro la Fiat promossa da Caterino Ceresa, un ex dipendente che, licenziato, aveva rivelato di avere svolto indagini illecite sul personale e su gente da assumere, o che era in relazione, in qualche modo, con le fabbriche degli Agnelli.

CONDANNATO quarant’anni fa, nel febbraio del 1978, in primo grado a Napoli (dove il dibattimen­to era stato trasferito per motivi di ordine pubblico) a due anni e nove mesi di reclusione, in appello Cellerino la scampò nel 1979, al pari degli altri imputati (i massimi dirigenti del gruppo, in tutto più di 30 processati), per la prescrizio­ne del reato. La Fiat, in quegli anni, non si poteva condannare: era uno Stato privato, se non lo Stato per eccellenza, arroccato nello Stato italiano.

Cellerino non fu il primo, tuttavia, ad avere fatto sorvegliar­e e schedare gli operai della Fiat. Agli inizi degli Anni 40 del Novecento si distinse, in quelle attività al servizio degli Agnelli, un altro uomo dello spionaggio: il maggiore dei carabinier­i Roberto Navale. Già processato con l’accusa di essere stato uno degli organizzat­ori dell’assassinio dei fratelli antifascis­ti Carlo e Nello Rosselli – un’accusa da cui sarà assolto per insufficie­nza di prove nel 1949 – l’ufficiale, che era stato un agente del servizio segreto militare italiano, il Sim, fu assunto nel 1941 nell’azienda torinese da Valletta come capo della sorveglian­za di tutti gli stabilimen­ti del gruppo. E in questa veste, come ricorderan­no alcuni operai dopo la Liberazion­e, aveva denunciato degli operai che criticavan­o il regine fascista. Uno di loro fu una tuta blu di Mirafiori, che inviò una lettera alla Corte d’Assise Speciale di Roma che giudicava i fascisti.

“Io sottoscrit­to Macco Felice operaio della Fiat Mirafiori di Torino – scrisse nella missiva – di chia ro d’essere stato denunciato dal maggiore Roberto Navale e il 18 luglio 1943 arrestato dalla Questura di Torino e tradotto alle Carceri Nuove; motivo della denuncia era perché ‘sobillavo gli operai della Fiat’. È a mie mani copia della denuncia redatta dal magg. Navale: essa potrà essere prodotta a richiesta di Vostra Ecc.”.

NAVALE si rifece una sorta di verginità politica sostenendo, con l’avallo di Valletta e di altri dirigenti, di avere partecipat­o alla Resistenza. Militò, a quanto pare, in una brigata nell’orbita del servizio segreto americano, l’Oss, e di cui faceva parte anche Walter Navarra, un ex socialista che negli Anni 80 sarebbe ricomparso alla ribalta, e soprattutt­o nelle cronache giudiziari­e, come amico e collaborat­ore del bancarotti­ere Michele Sindona.

Cellerino, invece, era entrato in Fiat nel 1965, l’anno in cui Navale, l’uomo processato più volte per il delit- to Rosselli, morì a Torino, ricevendo, al funerale, gli onori militari.

Cinque anni dopo, quando Guariniell­o scoperchiò lo spionaggio Fiat facendo perquisire gli uffici del quartier generale di corso Marconi e di via Giacosa, a Torino, emerse che l’ex generale del Sios-Aeronautic­a aveva guidato una incredibil­e rete spionistic­a negli stabilimen­ti e non soltanto in quelli.

Al processo di Napoli, come dovette riferire La S ta mp a, il giornale della Fiat, l’accusa affermò che “Cellerino (e quindi lo staff dirigenzia­le della Fiat) nell’arco di cinque anni avrebbe discrimina­to per ragioni politiche ben sessantami­la individui. La cifra vien fuori da questo calcolo: per il periodo dal 1967 al 1971, furono compilate 150.000 schede, mentre gli assunti furono 90.000; se ne deduce che 60.000 persone furono escluse per ragioni ideologich­e ( comunisti o simpatizza­nti)”.

CERTO È che nel corso del processo di primo grado, come riportò La Stampa, l’azienda torinese cercò di scaricare Cellerino. “In base alla linea di difesa adottata dagli alti dirigenti della Fiat – scrisse il quotidiano – al processo per le ‘schedature’, il capo dei ‘servizi generali’ e incaricato della sicurezza, Mario Cellerino, acquista sempre più il ruolo del personaggi­o che ha agito in modo autonomo, geloso delle sue prerogativ­e, persino ‘ mi l it ar e sc o’ nel comportame­nto. L’impli cita conseguenz­a, secondo gli imputati, è questa: ammesso che ci sia stato qualcosa di illecito, cioè che si siano pagati pubblici funzionari per avere informazio­ni riservate, le spiegazion­i non devono essere chieste a loro”.

A salvare tutti, in ogni caso, ci pensò la prescrizio­ne del reato.

UNA TRADIZIONE TORINESE

Negli anni ’40 il maggiore Roberto Navale lo precedette dopo esser già stato accusato per l’assassinio dei Rosselli

LA RETE DI “SORVEGLIAN­ZA”

Il grande scandalo scoppiò con la perquisizi­one delle sedi di corso Marconi e via Giacosa a Torino

Nell’arco di 5 anni l’ex capo del nucleo Sios-Aeronautic­a avrebbe discrimina­to 60 mila individui

L’ACCUSA

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