Il Fatto Quotidiano

“È inaccettab­ile l’avidità di certi imprendito­ri italiani”

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il consumator­e l’avrebbe ancora se sapesse cosa succede in certi posti e da dove viene certa merce? Chi comprerebb­e dell’olio d’oliva di un marchio considerat­o Made in Italy che invece è stato prodotto in Bulgaria?

Su fatturati miliardari, poche decine di euro sono così cruciali da sacrificar­e migliaia di posti di lavoro?

Vendere un piumino a centinaia di euro quando ne vale almeno dieci volte meno penso equivalga a una truffa. I conti sono presto fatti: per due metri di tessuto si spendono 8 euro; per la fodera (1,5 euro per 1 metro e mezzo) servono 3 euro circa; per la piuma 4 euro; cerniere, bottoni, etichette, cartellini, appendini, trasporto costano 10 euro; 15 euro vanno per la confezione e 1,5 euro pour boire. Il totale fa 40 euro. Euro più, euro meno.

Non sarà che da ex dipendente vuole solo vendicarsi con il gruppo di Remo Ruffini, patron di Moncler?

No. Vi svelo anche i costi vivi di una polo delle migliori marche, che al cliente costa 200 euro. Farsela fare in Myanmar costerebbe 4/5 euro. In Italia per un metro del miglior cotone piquet si spendono 4 euro; 2/3 euro per farsi fare il colletto e i polsini; 6 euro per il confeziona­mento. Il totale fa 16 euro. Appena una decina di euro in meno. Questo è lo scandalo.

Questo desiderio di indossare la griffe, il cittadino l’avrebbe ancora se sapesse cosa succede in certi posti e da dove viene certa merce?

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