Mica siamo degli Scamarcio qualsiasi, siamo zingari
“...C’era solo da stare, fermarsi e ascoltare. Sì perché il vecchio, proprio lui, il mare, parlò a quella gente ridotta, sfinita, parlò ma non disse di stragi, di morti, di incendi, di guerra, d’amore, di bene e di male, non disse… lui li ringraziò solo tutti di quel loro muto guardare”. Caro Coen, un omaggio, le parole di un milanese grandissimo, Enzo Jannacci. Alcune frasi della sua canzone-poesia Zingari, anni Sessanta del secolo passato. In quel tempo la tua Milano produceva poeti, anche strampalati e con delle facce un po’ così, ma capaci di toccare cervello e cuore della gente. La pancia no, quella venne decenni dopo, quando rancore e odio diventarono politica, governo. Ministro. Dice ma se parlate sempre di Salvini fate il suo gioco. Quindi? Lo lasciamo da solo a seminare minacce e sputare sentenze? Facciamo finta di non vedere il veleno che ha già iniettato nel corpo della società? Dovremmo ridacchiare quando considera i dieci giorni in mare passati da donne, bambini, feriti, gente scioccata da quella lesione dell’anima che è la migrazione, una piacevole crociera? Noi, caro Coen, saremo anche malmessi, fuori tempo, anche fuori dal nuovo galateo giornalistico che qualcuno vuole imporci, ma non siamo degli Scamarcio qualsiasi. Al tempo non abbracciammo Nichi Vendola, oggi non dobbiamo stringerci attorno al patriota Salvini. Parliamo e parleremo. Quindi viva Paolo Rossi e viva tutti gli artisti che a Milano e altrove hanno deciso di riprendersi la parola. Il mio amico Peppe Lanzetta, è finalista al Premio Tenco con l’album “Non canto, non vedo, non sento”. “Mediterraneo, Mediterraneo sporco. Mediterraneo amaro, Mediterraneo amore. Tienimi con te/ Abdoul, Slim, Totore, Nagim, Tonino/Trase, trase/Padre dei miei fratelli sbarcati da zattere chiamate felicità… A Lampedusa ‘o mare è nfuso…”. È uno dei pezzi dell’album, si chiama Mediterraneo. In tempi di oscurità le parole dei poeti sono la luce.