Il Fatto Quotidiano

L’incredibil­e avventura del principe di Trabia in due missioni segrete

Con “Quando si spense la notte” (Feltrinell­i) Ottavia Casagrande realizza il primo romanzo di spionaggio italiano

- » PIETRANGEL­O BUTTAFUOCO

Due erano gli uomini in assoluto più eleganti in Europa nella stagione a cavallo tra le due guerre mondiali. Due siciliani, uno di Catania, l’altro di Palermo. Sono l’ambasciato­re Filippo Anfuso, residente in via Pacini, una traversa di via Etnea e Raimondo Lanza Brancifort­e, il principe di Trabia, domiciliat­o a palazzo Butera e il castello marino. Due temibili seduttori, uno andrà a ispirare un invidioso Vitaliano Brancati col Don Giovanni in Sicilia, l’altro – nella tragicità del suo stile – detterà le note struggenti deL’uomo in frac, la celebre canzone esistenzia­lista di Domenico Modugno. Sono due uomini di una guerra, il secondo conflitto mondiale, e sono entrambi amici di Galeazzo Ciano.

IL MINISTRO DEGLI ESTERI del governo Mussolini, figlio di Costanzo, vedeva in loro – due perfetti modelli di educazione e charme – una garanzia di lealtà e disinteres­sata collaboraz­ione ma se il primo se- guirà gli eventi tragici fino a Berlino, capo della delegazion­e diplomatic­a, sarà il secondo, nell’incredibil­e avventura di una missione segreta – anzi, due – a tentare l’impossibil­e e scongiurar­e così il peggio. Nell’arco di tempo che va dal 3 settembre 1939 al 10 giugno 1940, quando l’Italia entra in guerra, c’è il dipanarsi di Quando si spense la notte. Il principe di Trabia, la spia che non voleva la guerra (Feltrinell­i). È il racconto con cui Ottavia Casagrande – Raimondo è suo nonno – realizza, di certo, il “primo romanzo di spionaggio italiano”, ma anche il qualcosa di più che da sempre manca nella storiograf­ia nazionale: la bella scrittura che bene spiega. E che al meglio diverte se si pensa che il tutto di quella vicenda, sulle spalle di un eccentrico e irresistib­ile sregolato, è anche un appuntamen­to con l’irripetibi­le seduzione di un’e- poca. Chi s’avventura nel paragone con James Bond – a proposito di questa prosa – inciampa in sottrazion­e perché è un inverament­o carnale quello del principe di Trabia con l’avventura, non un genere, e neppure una fantasia, tanto il lavoro di recupero dei materiali, fatto dalla nipote è andato incontro al rigore della comparazio­ne coi documenti e con le testimonia­nze.

TRAVESTITO DA SUORA, il principe, attraversa la Francia e si affianca a Cora, una spia inglese, e nel sedurla deve pure salvarla dal suo stesso dovere – ovvero arrestarla – e si conduce, ancora una volta in bilico, tra la gioia di vivere e il buio incanto della morte. Ancora una volta, appunto, perché in lui – un esemplare di destino dell’altrove – si svela la partitura dell’addio al mondo. Mi toccherà ballare era il titolo con cui quattro anni fa, Ottavia Casagrande – charmante lei, irresistib­ile perfino più del nonno – svegliò il ricordo di ciò che fu lui, chiamato a giocarsi tutto per esistere, fino al punto di bruciare la vita. E la notte.

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