Sudisti contro nordisti nell’eclissi di Forza Italia
Vittoria mutilata Fi “scissa” dall’avanzata leghista tra chi corteggia Salvini e chi spera nel Meridione
Vittoria sì, ma con tanti malumori. Perché se questo turno di ballottaggio per il centrodestra è andato bene, lo si deve soprattutto ai voti leghisti, grazie ai quali è stato possibile espugnare alcune roccaforti “rosse” come Siena, Pisa e Massa. E qui sui candidati di centrodestra è possibile siano arrivati in aiuto anche voti del M5S. A testimonianza che la maggioranza di governo fa sentire i suoi effetti anche a livello locale. Le altre città capoluogo conquistate dal centrodestra ai ballottaggi sono Ragusa, Sondrio, Terni e Viterbo. E proprio Viterbo è illuminante: venerdì scorso a sostenere Giovanni Arena ( Fi) doveva arrivare Berlusconi ma poi non si è visto, mentre il giorno prima era andato Salvini, accolto da una piazza strapiena. E la vittoria è arrivata.
UN CENTRODESTRA a trazione salviniana, dunque, che non può far tornare il sorriso a Forza Italia, che continua a perdere consensi. Per questo nel partito berlusconiano da una parte ci si aggrappa all’ul- timo baluardo elettorale, quello del Sud, mentre in generale si rimarca che “questa è una vittoria del centrodestra” e che “la coalizione senza unità e senza il partito azzurro non vince”. Il tutto mentre continua fortissimo lo scontro interno tra il governatore ligure Giovanni Toti, che vorrebbe un partito unico con la Lega, e il resto dei maggiorenti forzisti. Significativo sotto questo aspetto il derby di Imperia, con Claudio Scajola che ha sconfitto Luca Lanteri, pupillo di Toti. “Il modello Liguria di cui parla Toti è un’anatra zoppa: è quello che vede la Lega aumentare i voti e Fi ai minimi termini”, ha affermato Scajola.
Ma prima l’ex ministro si era dovuto prendere anche le bordate di Mara Carfagna, che al “modello Liguria” contrappone il “modello Sud”, dove Fi è ancora superiore alla Lega. “È bene rafforzare questa linea con idee e proposte, anziché superarla immaginando partiti unici o aggregazioni improvvisate sull’onda emotiva del momento”, ha spiegato ieri la vicepresidente della Camera. “Toti ha il merito di dire ciò che molti pensano. Non ci si può chiudere a riccio”, attacca invece dal Veneto l’assessore Elena Donazzan. Insomma, lo scontro tra nordisti e sudisti non si placa nemmeno nel giorno del successo, mentre l’esodo paventato dal governatore ligure verso la Lega (“c’è un fuggi fuggi verso Salvini”) è realtà di queste ore e non si sta compiendo solo perché stoppato dal Carroccio. “Salvini e Berlusconi si sono promessi di non sottrarsi pezzi a vicenda. Il patto sta reggendo, ma per quanto…?”, confida, dietro l’anonimato, un esponente di peso del partito berlusconiano.
Ieri, intanto, si è fatto sentire, con una nota, lo stesso Berlusconi, rivendicando la vittoria, ma anche l’esigenza di cambiare marcia. “Chi vince è il centrodestra plurale, in cui nessun partito è autosufficiente. A un buon risultato della Lega si accompagna una più forte affermazione di liste e candidati civici, senza targa di partito”, afferma l’ex Cavaliere. Un motivo in più, dunque, “per aprirsi al rinnovamento e accogliere energie nuove”.
NEL FRATTEMPO ad Arcore si compulsano i dati. E si vede come in tante piccole realtà del Sud il candidato vincente sia azzurro. “Castellammare di Stabia era la Stalingrado del Sud e ora è nostra”, fa notare Carfagna, esultando per la vittoria di Gaetano Cimmino. Al Centro-Nord, però, il morale è basso: in certe realtà Fi ha percentuali sotto il 5%, dietro pure a Fdi (Terni e Pisa). Lo scontro nordisti contro sudisti tra i berluscones è appena iniziato.