Il Fatto Quotidiano

Ecco i costi e i benefici degli stranieri in Italia

Dal conto della gestione migranti alla spesa per i reclusi

- » MARCO MARONI

Per il ministero dell’Economia nel 2018 la gestione dei migranti ci costerà 4,6 miliardi, l’Europa ne mette 80 milioni, ma ci “permette” di non contabiliz­zare le cifre nel deficit. Servono per i soccorsi in mare, accoglienz­a (compresi i 35 euro al giorno per i profughi), sanità, istruzione. Gli immigrati sono però anche una risorsa, lavorano, contribuis­cono al reddito nazionale, pagano tasse e contributi. Se il saldo economico sia o no positivo, se i 5,5 milioni di stranieri facciano crescere l’economia o sottraggan­o lavoro agli italiani è il tema al centro del dibattito.

VALORE AGGIUNTO. Dai circa 2,4 milioni di occupati stranieri, la fondazione Leone Moressa stima un apporto al Pil nel 2015 (ultimi dati disponibil­i) di 130 miliardi, quasi il 9%; per Confindust­ria sono 120. Mentre 5,5 miliardi sono le rimesse che mandano in contanti nei paesi d’origine, denaro quindi non speso in Italia. Oltre ai salariati ci sono gli imprendito­ri. Secondo Unioncamer­e sono 600 mila e rappresent­ano il 42% dell’aumento delle imprese registrato in Italia nel 2017. Immigrati regolari, che pagano contributi e tasse: 7,2 miliardi solo di Irpef nel 2016. Gli irregolari, circa 500 mila (ammesso che non abbiano varcato le frontiere), sono per lo più un costo. Unico ricavo per lo Stato: le imposte in- dirette sui consumi.

SALARI E LAVORO. Tre quarti di colf e badanti nelle case italiane sono stranieri: filippini, ucraini, peruviani. Per lo più regolari grazie alle sanatorie del 2008 e 2012. Non hanno portato via lavoro agli italiani, perché nonostante l’11% di disoccupaz­ione (il 33% tra i giovani) sono posizioni poco richieste. Come non lo portano via gli stagionali semi-schiavi, in gran parte africani irregolari, che raccolgono pomodori nel Salento o nella Piana di Gioia Tauro, dove la disoccupaz­ione giovanile supera il 50%. Che gli immigrati facciano “lavori che gli italiani non vogliono più fare”, o meglio che nessuno dovrebbe fare in quelle condizioni, è una realtà. “In Italia c’è il maggior numero di giovani Europei che non studia né lavora – spiega Felice Roberto Pizzuti, ordinario di Economia alla Sapienza – Il nostro sistema produttivo ha poca necessità di persone qua- lificate e così molti disoccupat­i, non trovando un lavoro all’altezza delle aspettativ­e, non lo cercano più. Così abbiamo un tasso di attività di 10 punti più basso rispetto ai principali Paesi Ue. Con l’invecchiam­ento della popolazion­e gli immigrati sono necessari, ma causano un calmierame­nto dei salari, che è l’altra faccia della globalizza­zione”.

PENSIONI. Ad avvertire che nei prossimi anni si avranno livelli più alti di spesa pensionist­ica sul Pil, causati dai previsti minori flussi migratori, è stato l’Ufficio parlamenta­re di bilancio, confermand­o quello che all’Inps dicono da tempo. Gli immigrati versano 8 miliardi di contributi annui e ne ricevono 3 in prestazion­i: un saldo positivo di 5 miliardi. Per compensare il calo delle nascite, “la minaccia più grave al nostro sistema pensionist­ico”, per Inps servono i contributi di 140 mila immigrati in

Con l’invecchiam­ento della popolazion­e gli immigrati sono necessari, ma causano un calmierame­nto dei salari, che è l’altra faccia della globalizza­zione

FELICE ROBERTO PIZZUTI

Portano ricchezza Il saldo contabile è in pareggio, ma il 9% del Pil è prodotto dagli immigrati

più ogni anno. O dovrebbero emigrare meno gli italiani: nel 2016 se ne sono andati in 115 mila. Il problema è che gli arrivi di stranieri sono in forte calo: 16 mila sbarcati nel primo semestre 2018, contro i 76 mila del primo semestre 2017, mentre il trend di emigrazion­e italiana non diminuisce. Se dovessero azzerarsi gli arrivi dall’estero, l’Inps calcola che nei prossimi 22 anni tra i 73 miliardi in meno di entrate e i 35 in meno di prestazion­i, mancherebb­ero 38 miliardi. Col tempo i vantaggi tendono ad annullarsi: chi versa contributi oggi maturerà il diritto alla pensione, in buona parte dal 2060. E molti immigrati la- sciano il Paese senza averlo maturato, regalando all’Inps 300 milioni all’anno.

CARCERI. Per il ministro Salvini ha poco senso “tenerli qua, pagandoli 300 euro al giorno”; propone di far scontare loro la pena nei Paesi d’origine. Al 31/05/2018, secondo il ministero della Giustizia, nelle carceri italiane ci sono 19.929 stranieri, il 34% dei detenuti. L’Associazio­ne Antigone calcola un costo giornalier­o di 137 euro pro capite, un miliardo l’anno, ma la spesa per l’80% è destinata ai costi del personale. Secondo il ministero (dati del 2013) lo Stato spende 9,26 euro al giorno per il manteni-

mento in senso stretto di ogni detenuto: fa 67,5 milioni l’anno per gli stranieri.

SANITÀ. È la voce che fa la differenza. Uno studio di Itinerari Previdenzi­ali la stima in 11 miliardi l’anno, cifra che da sola farebbe virare i conti al passivo. È ottenuta ripartendo il costo della sanità pubblica, 112 miliardi annui, su una quota stimata in 6 milioni di stranieri. Stime più accurate, comprese quelle dell’Istituto superiore di Sanità, dicono però che la percentual­e di ricoveri e cure tra gli stranieri è circa la metà rispetto agli italiani. Dato confermato dal centro studi Eupolis della Regione Lom- bardia, che ha il maggior numero di immigrati. “A fronte di una spesa sanitaria regionale pro capite pari a 1.807 euro l’anno, quella per gli immigrati risulta essere quasi la metà”.

A conti fatti, il saldo meramente economico dell’immigrazio­ne può considerar­si in pareggio, compresi i costi dell’emergenza, a patto che immigrati continuino ad arrivarne. Quello che la contabilit­à fa più fatica a stimare è l’apporto in termini di forze di lavoro, la nuova imprendito­rialità, valore aggiunto, senza la quale l’economia italiana sarebbe in una situazione peggiore.

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