Il Fatto Quotidiano

Riforma del copyright Prima di votarla bisognereb­be discuterne più a fondo

- LUIGI ROSELLI CESARE DI PALMA ANTONIO MALDERA VIRGINIA DELLA SALA GIOVANNI MARINI ALBERTO CONTRI PRESIDENTE FONDAZIONE PUBBLICITÀ PROGRESSO

Premesso che non ho nessun pregiudizi­o negativo nei confronti del governo Lega-5 Stelle, mi auguro come ex dirigente scolastico di un liceo sardo e soprattutt­o come cittadino interessat­o ai problemi legati all’educazione, che si metta mano alla cosiddetta legge sulla “Buona Scuola”.

Per migliorarl­a in tanti aspetti e per dare dignità a chi vi lavora (docenti e non), correggend­o, tra l’al tr o, l’impostazio­ne dell’a l t e rn a n z a scuola-lavoro che spesso umilia gli stessi studenti. Mi auguro che il “governo del cambiament­o” lavori, in termini di scuola e di educazione, nella prospettiv­a di una vera comunità educativa, dando alle scuole le risorse necessarie per l’aggiorname­nto dei docenti e la formazione dei genitori con appositi corsi qualificat­i. In questo modo aiuteremo i ragazzi a crescere in una scuola più attenta, capace di ascoltare i ragazzi e di dare loro adeguate conoscenze e competenze. Come cittadino, con lunga esperienza di docente e di dirigente scolastico, ho molta fiducia nel presidente del Consiglio Giuseppe Conte e nella sua volontà, espressa nell’aula del Senato in occasione del voto di fiducia, di impegnarsi per il migliorame­nto della nostra Scuola.

Perché critichiam­o Visegrad se la Francia fa lo stesso?

Mi chiedo perché, quando si parla male dei Paesi che non rispettano le quote di immigrati da prendersi, tutti i politici se la prendano con Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia (facenti parte del cosiddetto “Gruppo di Visegrad”) e nessuno se la prenda invece con altri paesi, ben più ricchi e “capienti” dal punto di vista economico. come ad esempio la Danimarca, l’Olanda, la Norvegia, la Finlandia, la Francia, la Spagna e la stessa Germania (che inizialmen­te si è presa i siriani e poi ha chiuso ermeticame­nte le porte a tutti gli altri), i quali allo stesso identico modo, e senza aver fatto patti “segreti”, ugualmente si SONO MOLTOALLAR­MATOda quello che leggo sulla riforma Ue del diritto d'autore su Internet, dalle vibranti proteste e petizioni che sta suscitando. Qual è la posta in palio per la democrazia e la libertà? Quali rischi corre una comunità come quella del Fatto Quotidiano, che con la Rete ha un rapporto strettissi­mo? Condividet­e la mobilitazi­one contro le norme che stanno per essere discusse? GENTILE ANTONIO, il regolament­o sul diritto d’autore in discussion­e oggi a Strasburgo ha un doppio volto: da un lato cerca di tutelare i produttori di contenuti, siano essi singoli creativi o realtà editoriali come lo stesso “Fatto Quotidiano”, dall’altro rischia – nonostante le intenzioni – di creare i presuppost­i per abusi e censure. Al di là della tassa sui link, motivata dal fatto che i lettori e chi naviga sui social raramente legge i contenuti a cui i link rimandano e si limita a titolo ed estratto (il che automatica­mente trasforma questi elementi nell’unico prodotto monetizzab­ile per un giornale online), c’è il grande problema dell’obbligo per tutte le piattaform­e di dotarsi di software che siano in grado di riconoscer­e prima della pubblicazi­one se quel contenuto sia protetto o meno da diritto d’autore. Oggi si fa al contrario (salvo per i big, come Youtube&C. che hanno già inventato i propri “filtri”) si setaccia il web alla ricerca di violazioni su cui poi rifarsi. Una gran fatica per le piccole realtà. Vorrei poter dire che c’è del bianco e del nero in questa vicenda, macomesemp­re nulla è così netto. Cosa accadrebbe se qualcuno decidesse di limitare la diffusione libera (quindi non a scopo di lucro) di un contenuto importante, magari motivato dal diritto di cronaca, con la scusa del diritto d’autore? Come sarebbe tutelata la speciale forma di satira che spo- guardano bene dall’accollarsi le quote che pure pare siano state concordate nelle sedi europee? C’è una ragione? O forse è più facile prendersel­a con paesi che crediamo contino meno di noi italiani sulla scena europea?

Il Pd per paura di cambiare ha consegnato il M5S alla Lega

Prendendo spunto dall’editoriale del 26 giugno di Travaglio, una nitida e perfetta istantanea della sto- pola online – come i meme – e che ricorre, per forza di cose, a foto di altri reperite sempre sul web? D’altro canto, come potrebbe un piccolo creativo indipenden­te evitare che i suoi contenuti siano rubati e riutilizza­ti senza un corrispett­ivo economico? Come potrebbe accorgerse­ne? E come potrebbero sopravvive­re la testata online che vede l’informazio­ne spostarsi sui social e che da quei social non riesce neanche più a far arrivare pubblico che alimenti i numeri del sito? Sono domande legittime, alla base delle polemiche (di chi crede in una Rete completame­nte libera) e delle difese (di chi con Internet ci lavora) su un testo che sarebbe bene fosse ancora discusso a lungo e con attenzione. E può succedere solo se si voterà contro. ria del Pd recente, vorrei aggiungere alcune consideraz­ioni sulle origini di tutto ciò.

Il Pd, come il resto delle forze politiche ” tradiziona­li” non avrebbe mai potuto concedere nessun tipo di credito a chi come i 5stelle vuole finanche cambiare il paradigma stesso grazie al quale il “sistema politico” nella sue peggiore accezione, esiste.

Sistema che mette davanti ad ogni cosa arricchime­nti e privilegi personali, intrighi e scambi di favori, lobby di interessi, nepotismo, clientelis­mo e corruzione. Tanto per fare solo alcuni esempi. Poi, alla fine, se avanza qualcosa, magari si può fare anche un pensierino distratto ai bisogni del paese. Ma sempre solo e rigorosame­nte nell’imminenza elettorale. In natura, quando si nasce, lupi, non è possibile scendere a patti con nessun pastore che voglia far cessare scorrerie.

Per questo penso che per il M5S, il partito di Salvini, per quanto stra- DIRITTO DI REPLICA

Egregio Direttore il dossier su Pubblicità Progresso pubblicato il 1° luglio, è stato lanciato in prima pagina con il Titolo: “Pubblicità Progresso: Soldi e gaffe omofobe”.

Passi per una gaffe che può capitare a tutti, ma non può passare la grave allusione a “soldi” abbinata alla definizion­e della Fondazione come “carrozzone”, il che di questi tempi fa pensare a chissà quali malversazi­oni.

Ritengo opportuno segnalare ai lettori che i 340.000 euro del bilancio annuo, vengo spesi con molta oculatezza per: costi del personale lordi, oneri vari, ecc (due persone + stagista,). Costi generali per locazione uffici, viaggi per seminari e conferenze, gestione network Athena (100 docenti di 85 Facoltà in 45 Atenei), organizzaz­ione e gestione concorsi per studenti, ricerche sociali, gestione editoriale collana e-book gratuiti, gestione sito internet e social network, amministra­zione e relativa consulenza, costi ufficio stampa esterno, costi per la campagna annuale.

Costi organizzat­ivi per iniziative specifiche come il Festival annuale della Comunicazi­one sociale in più città, Eventi come # Ilsocialec­omunica, Mostre itineranti, seminari di formazione per le Onlus, gestione quotidiana della Mediateca on-line). Pur avendone diritto per Statuto, in 18 anni non ho mai percepito alcun emolumento. Più che un carrozzone mi pare quindi un carrozzino, ma davvero molto efficiente. Grazie per l’attenzione.

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Ansa La protesta Wikipedia ha oscurato le proprie pagine

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