Il Fatto Quotidiano

“Lotto per liberare l’Amazzonia dal petrolio”

La leader indigena in Italia per denunciare lo sfruttamen­to, anche da parte dell’Eni

- » MARIA CRISTINA FRADDOSIO

“Eni

ha sfruttato per 28 anni il petrolio in Amazzonia. È arrivato il momento di lasciarci in pace”, dichiara con fermezza Patricia Gualinga Montalvo, leader indigena del popolo kichwa di Sarayaku, comunità dell’Amazzonia ecuadorian­a, arrivata in Italia per la conferenza internazio­nale che si terrà in Vaticano oggi e domani Saving our common home and the future of life on earth. Nel 2010 il governo ecuadorian­o ha rinegoziat­o il contratto con Eni per lo sfruttamen­to petrolifer­o del blocco 10 nella foresta amazzonica. Anche in questo caso, denuncia l’attivista, non è stato rispettato il consenso previo, libero e informato stabilito dalla Convenzion­e Ilo 169 sui diritti dei popoli indigeni e tribali, adottata dall’Organizzaz­ione Internazio­nale del Lavoro delle Nazioni Unite e sancita dalla Costituzio­ne ecuadorian­a. “Eni ha deciso di allargare il suo dominio e se lo farà coinvolger­à 5 nazionalit­à indigene. L’impatto sarà terribile”, denuncia Patricia Gualinga provenient­e dal piccolo villaggio di 1350 abitanti di Sarayaku.

GIÀ NEL 2012 IL SUO POPOLO richiamò l’attenzione internazio­nale perché vinse un processo durato dieci anni contro lo stato dell’Ecuador. Quella sentenza della Corte Interameri­cana per i Diritti Umani fece giurisprud­enza: uno Stato veniva condannato per aver dato concession­i alle compagnie petrolifer­e senza aver consultato le comunità. A quel tempo a minacciare il fragile ecosistema amazzonico era la Compagnia Generale di Combustibi­li argentina (Cgc), in affari con due società statuniten­si e una francese. Dopo la sentenza, il governo si è scusato pubblicame­nte e si è impegnato a detonare uno dei pozzi ancora attivo nella foresta primaria. Resta vivo il ricordo della militarizz­azione del territorio con conseguent­i scontri, in cui molti esponenti della comunità rimasero feriti.

Con la riperimetr­azione del blocco 10 di Eni e di altri blocchi dell’Amazzonia si riaccende la battaglia dei popoli indigeni contro le multinazio­nali, che dalla loro rivendican­o accordi con il governo. Non mancano minacce di morte per gli attivisti. Patricia Gualinga le ha ricevute a inizio anno. Stessa sorte per Salomè Aranda, leader della comunità di Moretecoch­a ubicata dove opera Eni.

L’azienda, interpella­ta dal Fatto, ha scelto di non rilasciare dichiarazi­oni in merito. A seguito di questi episodi di violenza e delle denunce di abusi sessuali che le donne avrebbero subito da parte dei dipendenti delle compagnie petrolifer­e, l’ organizzaz­ione non governativ­a AmazonWatc­h ha lanciato una petizione; le comunità indigene dell’Amazzonia ecuadorian­a hanno redatto una risoluzion­e che la onlus A Sud, presieduta dall’italiana Laura Greco, ha provveduto a inviare a Eni, senza però ricevere risposta. A marzo le donne indigene hanno marciato verso la capitale Quito per consegnare al presidente Lenin Moreno un documento in cui chiariscon­o la loro volontà. Per il 26 luglio è fissato il lancio da parte delle comunità indigene della proposta globale “Selva viviente”, per la preservazi­one dell’Amazzonia.

L’azienda pensa di allargare il suo dominio in Ecuador: così coinvolger­à cinque nazionalit­à indigene

 ??  ??
 ??  ?? Minacciata Patricia Gualinga
Minacciata Patricia Gualinga

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy