Gabrielli dai giudici di Genova per chiudere il G8 di 17 anni fa
2001-2018 Il capo della polizia incontra i responsabili degli uffici che indagarono e condannarono i vertici. Forse vedrà il pm Zucca
Il sanguinoso G8 del luglio del 2001, almeno “formalmente”, non c’entra. Certo però stamattina, quando il capo della polizia Franco Gabrielli andrà in visita agli uffici giudiziari di Genova, tutti penseranno agli orrori di 17 anni fa, alle feroci cariche su gente pacifica, alla morte inaccettabile del 23enne Carlo Giuliani per mano di un carabiniere più giovane di lui, alle violenze e alle torture della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto. E al conflitto che ne seguì tra i vertici delle forze dell’ordine e i magistrati genovesi, che chiesero e comminarono pene fino a 14 anni per un pugno di cosiddetti black bloc (tre sono ancora detenuti) ma processarono e condannarono, per la Diaz, anche responsabili di primissimo piano della polizia. “Franco Gabrielli incontrerà i responsabili degli uffici giudiziari di Genova, dal presidente del Tribunale al presidente della Corte d’appello. Passando per il procuratore e anche il procuratore generale”, racconta Valeria Fazio che a Genova è, appunto, procuratore generale.
È QUI LA CHIAVEdella visita di Gabrielli, la Procura. Quella che nel 2007 non fece sconti ai superpoliziotti e indagò il suo predecessore Gianni De Gennaro per induzione alla falsa testimonianza del questore di Genova (dopo la condanna in appello finì con l’assoluzione in Cassazione). E Fazio non lo nasconde: “È un incontro istituzionale per affrontare temi concreti. Ma certo tutti noi abbiamo letto con attenzione le parole di Gabrielli quando un anno fa (in un’intervista a Carlo Bonini su Repubblica, ndr) disse di voler voltare pagina dopo i fatti del G8”. I due, Fazio e Gabrielli, si sono incontrati a giugno a un convegno del Silp, il sindacato Cgil della polizia. E la visita, per il capo della polizia, è un’occasione per dimostrare che polizia e magistratura stanno dalla stessa parte, a Genova come in qualunque altro angolo del Paese. Ma Gabrielli vedrà anche Enrico Zucca, il pm che più di tutti si è impegnato nel processo Diaz fino a diventarne il simbolo? “Non credo sia previsto. La visita formalmente non riguarda il G8”, racconta Fazio, che è il suo capo, perché Zucca è passato dalla Procura alla Procura generale.
Nell’intervista del 19 luglio 2017, Gabrielli disse cose indigeribili per chi, nella polizia e fuori, pensa ancora che una divisa autorizzi abusi quando la situazione lo richiede: “È falso, e sottolineo falso, che nell’accertamento della verità giudiziaria sui fatti di Genova abbia influito una magistratura ideologizzata. La polizia italiana – dichiarò il suo capo – non è stata perseguitata dal procuratore Enrico Zucca per motivi ideologici. Non solo perché non è vero. Ma perché i magistrati che si sono occupati nella fase delle indagini e in quella del giudizio di merito di quanto accaduto in quei giorni sono stati decine. E hanno lavorato con imparzialità. Del resto, cosa avrebbe dovuto pensare un pm che, di fronte a un verbale firmato da 14 poliziotti, scopriva che a essere identificabili erano solo in 13? Non poteva che pensare che non avesse di fronte funzionari dello Stato, ma una consorteria”. Successe anche questo, nessuno riuscì mai a identificare il quattordicesimo firmatario di quel verbale pieno di bugie: dalla “resistenza” dei no global che avrebbe giustificato le violenze alle famigerate bottiglie molotov portate dai poliziotti e utilizzate per arrestare 93 innocenti per detenzione di armi da guerra.
DI RECENTE, però, tra Zucca e Gabrielli c’è stata polemica. È successo quando il capo della polizia, nei mesi scorsi, ha dato il via libera alla nomina di Gilberto Caldarozzi, condannato per falso a 3 anni e otto mesi nel processo Diaz e rientrato in polizia dopo l’interdizione ordinata dalla sentenza, a vicedirettore della Direzione investigativa antimafia. “Q uel li che hanno coperto i torturatori erano e sono i vertici, o ai vertici, delle forze di polizia”, ha detto Zucca in un convegno su Giulio Regeni, torturato e ucciso in Egitto. L’ha detto perché la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per tortura per i fatti della Diaz (e ovviamente per quelli di Bolzaneto) e la sua giurisprudenza richiede la destituzione dalle forze dell’ordine dei responsabili di fatti qualificati come tortura. In Italia, invece, i procedimenti disciplinari ai condannati della Diaz sono stati una barzelletta. Gabrielli però l’ha presa male, anche perché in questi anni ha dimostrato più volte fermezza nei confronti dei dirigenti che sbagliano. E la Procura generale della Cassazione sta indagando su Zucca e forse lo sottoporrà a un procedimento disciplinare, per quanto al Csm ci sia anche una “pratica a tutela” chiesta dai consiglieri di Area, la corrente di sinistra delle toghe. Vedremo oggi se i due, entrambi uomini di carattere che però è davvero difficile immaginare su fronti contrapposti, si incontreranno.
Visita “di cortesia” Un’occasione per dimostrare che polizia e magistratura stanno dalla stessa parte