“Oil for food fu la madre di tutti gli scandali Ma adesso c’è Internet...”
L’uomo che denunciò la corruzione “umanitaria” ora mette in guardia sui social network
La corruzione come peccato originale. Insita in noi, onnipresente, infiltrata come un cancro pervasivo ma affrontabile. Michael Soussan la conosce bene. Giovane funzionario Onu sul programma Oil For Food ne denunciò abusi e tangenti: migliaia di società coinvolte da tutto il mondo (inclusa l’Italia) per un giro di miliardi di dollari. Era il 2003, la soffiata distrugge il castello di sabbia delle Nazioni Unite, nel 2008 ne esce il “saggio” autobiografico (“la mia terapia”) ironicamente titolato Backstabbing for Beginners: My Crash Course in International Diplomacy che oggi è un film, Giochi di potere, in uscita italiana l’11 luglio. Danese ma di famiglia e formazione diplomatica, v i v e f r a H o llywood e l’Europa dove lavora come scrittore, giornalista d’i nchiesta, public speaker, con- sulente di strategie mediatiche e docente. Senza mai dimenticare la sua missione “um an i t ar i a ”: combattere la corruzione su ogni fronte.
Esiste un antidoto contro corruttori e corrotti?
Nessuna magia ma vietare di finanziare privatamente la politica sarebbe una buona partenza. E poi ripristinare – e non solo a parole – onestà e trasparenza, non quelle “travestite” ma quelle che ci fanno guardare allo specchio senza vergogna. La corruzione è il più grande paradosso del l’essere umano: nasce e cresce dentro di noi ma è il nostro primo nemico. Rivoluzioni e mutazioni politiche dall’antichità a oggi sono avvenute con l’obiettivo di sconfiggerla. Persino forme di terrore come l’Isis usano la lotta alla corruzione occidentale per convincere i giovani arabi. Il punto sta nel contesto dove agisce e nelle bugie che la sostengono: la peggiore è quella per cui i ricchi rubano dai poveri con la scusa di aiutarli. Si tratta della più grande ipocrisia, quella che purtroppo ho incontrato lavorando all’Onu.
Onu che sta perdendo credibilità di anno in anno. E ora con Trump che esce dal consiglio dei Diritti Umani definendolo “pozzo marcio di parzialità”.
Mi spiace sia stato proprio lui a fare un gesto che non è del tutto insensato: le Nazioni Unite operano di per sé con un paradosso perché applicano il sistema democratico come fossero una repubblica ma sbagliano totalmente il tiro. Intendiamoci: non si può far ragionare di pace fra loro Paesi che sono i massimi produttori ed esportatori di armi. La forma di pace da loro contemplata è di tipo egemonico, uno status quo di potere spartito sul mondo auto-legittimato dalla parvenza di bene collettivo. Questo non significa che io sostenga Trump, anzi, la sua democrazia fatta di campagne finanziate e intimamente corrotte, e di leggi comprate ovunque non è più democrazia, è cleptocrazia.
Nuovi e social media con infinito accesso a ogni informazione possono realmente aprirci alla consapevolezza sugli abusi di potere?
La rivoluzione mediatica e informativa ha due risvolti: quello positivo è un amplificato e “democratico” accesso avvalorato dalla mobilità, quello negativo è la trasformazione delle persone in prodotti. Mentre pensiamo di essere noi i consumatori avviene il contrario, sono i media a “consumarci”. Il più pericoloso gioco di potere? Da utilizzatori dovremmo chiedere di più allo spazio digitale, esigere più diritti e non solo cliccare continuamente “I A
gree”: stiamo scavando la fossa alla nostra libertà con un click.
L’antidoto: nessuna magia ma vietare di finanziare privatamente la politica sarebbe una buona partenza