Il Fatto Quotidiano

Correnti (d’aria)

- » MARCO TRAVAGLIO

Si pensava che, fra i due contraenti del patto di governo giallo-verde, i più predispost­i alla cazzata e all’autogol fossero i 5Stelle, che non hanno mai governato. Viceversa la Lega l’ha fatto già tre volte su scala nazionale e molte di più nelle regioni del Nord, essendo il partito più anziano su piazza, fin troppo incistato nei palazzi di quella che un tempo chiamava “Roma ladrona”: il che la priva di ogni carica di novità, ma dovrebbe almeno garantirle un surplus di esperienza (“Il buonsenso al governo” era lo slogan di Pontida). Invece, in questo primo mese di governo, le cazzate più supersonic­he sono arrivate proprio dai leghisti, con i pentastell­ati costretti ad arginarli, improvvisa­ndo un insospetta­to bon ton istituzion­ale. Non parliamo tanto del Cazzaro Verde, che studia le sue uscite a tavolino al ritmo di una al giorno per stare sempre in prima pagina sui temi più sentiti dalla “gente”, così arrabbiata e disinforma­ta da accontenta­rsi delle sue flatulenze verbali (anche quando, se tradotte in pratica, produrrebb­ero l’effetto opposto a quello sperato, tipo: la dichiarazi­one di guerra alla Tunisia, uno dei pochi Stati africani che si riprendono indietro i propri migranti; l’alleanza con Orbán e i suoi compari del gruppo Visegrad, che i migranti non li vogliono a casa propria, dunque li lasciano a casa nostra; la“stretta” sui permessi umanitari, che aumentereb­be i ricorsi, blocchereb­be molti rimpatri, produrrebb­e 10 mila clandestin­i in più con una spesa aggiuntiva di 100 milioni). Parliamo piuttosto di quelle in ordine sparso dei suoi giannizzer­i.

Prima Lorenzo Fontana, il cosiddetto ministro della Famiglia che straparla di coppie gay e legge sull’aborto. E ora l’avvocato forlivese Jacopo Morrone, sedicente sottosegre­tario alla Giustizia, che arringa un gruppo di uditori giudiziari senza funzioni, li invita a “liberarsi delle correnti e in particolar­e di quelle di sinistra”, poi spiega: “Parlo così perché il mio partito ha una questione aperta con le toghe”. Lo statista di Forlì trascura alcuni dettagli. 1) La Costituzio­ne tutela il diritto dei cittadini, magistrati compresi, ad associarsi liberament­e. 2) Anche se tornasse Mussolini e sciogliess­e le correnti togate per decreto, i giudici di sinistra continuere­bbero a essere di sinistra, quelli di centro di centro, quelli di destra di destra, quelli leghisti leghisti, quelli grillini grillini. 3) Le correnti non c’entrano nulla con i processi (che coinvolgon­o nei vari gradi di giudizio almeno una quindicina di magistrati dei più diversi orientamen­ti), mentre incidono molto, anzi troppo, nel Csm per nomine, promozioni e punizioni dei magistrati.

Ma lì il problema si risolve cambiando la legge elettorale e le regole di funzioname­nto del Csm, per impedire lottizzazi­oni, cordate e scambi di favori. 4) La Lega “ha una questione aperta con le toghe” non perché le toghe ce l’abbiano con la Lega, ma perché la Lega aveva un tesoriere che rubava i rimborsi pubblici e un segretario che partecipav­a al banchetto con la sua “Family”. Fra indagini e processi dalla Calabria a Napoli, da Milano a Genova, in quattro procure, due tribunali (più i Riesami) e la Cassazione, lo scandalo Bossi-Belsito è passato per le mani di una trentina di magistrati di sedi, funzioni e gradi differenti: impossibil­e che fossero tutti di sinistra. Fermo restando che non occorre essere di sinistra per riconoscer­e, indagare e condannare ladri e truffatori: basta vederci bene.

5) Il fatto poi che uno dei pm più impegnati in quell’indagine fu, a Milano, il pm Robledo, poi entrato in rotta di collisione col suo procurator­e Bruti Liberati, leader storico della sinistra giudiziari­a, dà l’idea del livello stratosfer­ico della cazzata morroniana. 6) Oggi i circa 9 mila magistrati italiani vanno al voto per eleggere i membri togati del Csm e fino a due giorni fa si prevedeva una discreta d éb âc le delle correnti progressis­te, riunite nella sigla Area e ritenute da molti troppo corrive con gli ultimi governi: mentre passavano leggi contro i giudici (sulle ferie e l’età pensionabi­le) e contro la giustizia (condoni fiscali mascherati, premi all’evasione, bavagli sulle intercetta­zioni), mentre Napolitano dichiarava guerra ai pm più scomodi (dall’Ilva alla Trattativa), mentre Renzi bullizzava chi osava indagare sui suoi amici e parenti (lo scandalo Consip, definito “colpo di Stato per rovesciare il governo” e“complotto con false prove” dal partito di governo, nel silenzio generale) e premiava chi avrebbe dovuto indagare su Etruria (il procurator­e di Arezzo consulente di Palazzo Chigi), la magistratu­ra associata taceva o acconsenti­va. Soprattutt­o Area, così vibrante quando le stesse cose le faceva B. (e così improvvisa­mente garrula ora che le stesse cose le dice Salvini).

Intanto il Csm, anziché difendere i pm minacciati e vilipesi, si dedicava a fucilarli e a promuovere capi degli uffici più graditi al potere. Infatti molti giudici senza padroni né collari, stufi dei collateral­ismi delle vecchie correnti e delle loro pastette al Csm, si erano buttati nella nuova componente Autonomia e Indipenden­za, fondata da una bandiera della giustizia che non guarda in faccia nessuno: Piercamill­o Davigo. Ci voleva giusto quel genio di Morrone per trasformar­e in vittime i vertici di Area, proprio alla vigilia delle elezioni per il Csm. Per restituire loro un’insperata verginità. Per farli gridare alla turbativa del voto sul Csm (che non è affatto turbato perché gli uditori arringati dal sottosegre­tario non votano). E per indebolire Salvini alla vigilia dell’incontro con Mattarella (che del Csm è presidente) dopo la sentenza della Cassazione sui soldi della Lega. Le correnti che minacciano i leghisti non sono quelle della magistratu­ra, ma quelle d’aria che si scatenano appena uno di loro apre bocca. O altri orifizi a caso.

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