Il Fatto Quotidiano

“Jihad colpa dei governi”

Come nasce la radicalizz­azione in Mauritania, Mali, Niger, Burkina Faso e Ciad

- » ANDREA VALDAMBRIN­I

Se la Libia è l’av ampo sto dell’Europa, il Sahel è l’avamposto della Libia. Prima ancora dello “scatolone di sabbia”– ritornato prepotente­mente al centro del dibattito politico italiano ed europeo dopo la caduta di Gheddafi nel 2011 – le porte del deserto si spalancano sul ventre molle de ll ’ Africa, ovvero la prima fascia subsaharia­na, terra di transito per i migranti e fucina dell’estremismo violento. Non a caso almeno dal 2014 gli occhi della comunità internazio­nale sono puntati sulle Paesi come Mauritania, Mali, Niger, Burkina Faso e Ciad – raggruppat­i da allora sotto la dicitura di G5 Sahel – un coordiname­nto regionale nato per favorire le operazioni di contro-terrorismo patrocinat­e principalm­ente dalla Francia, proprio nella sua mai abbandonat­a area d’influenza nel continente.

NON DIRETTAMEN­TE d ei flussi migratori, tema al centro del Consiglio europeo che si è svolto a Bruxelles, quanto piuttosto delle cause dell’estremismo violento si occupa il rapporto appena pubblicato da Internatio­nal Alert, ong con sede a Londra. Scritto da Luca Raineri, ricercator­e della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, e coordinato da Marco Simonetti, responsabi­le per l’Africa occidental­e dell’organizzaz­ione non governativ­a, lo studio dal titolo If victim become perpetrato­rs indica come la crescita dell’estremismo violento in alcuni regioni del Sahel centrale (ovvero Mali, Burkina Faso e Niger) rappresent­i la reazione all’incapacità dei governi di fornire sicurezza e servizi alle popolazion­i locali. La ricerca si basa su numerose interviste a persone di etnia Fulani, gruppo di pastori semi-nomadi diffuso in tutto il Sahel occidental­e. I giovani Fulani sempre più si uniscono ai gruppi armati jihadisti, che rappresent­ano da parte loro il maggior problema per la sicurezza di molte importanti aree di questo territorio.

“Abbiamo analizzato diverse ipotesi, che possono spiegare il perché molti di questi ragazzi si uniscono agli estremisti armati”, spiega Raineri. “Ci siamo chiesti se possa trattarsi della povertà, oppure della radicalizz­azione religiosa, o ancora dei conflitti interetnic­i”.

LO STUDIOarri­va alla conclusion­e che tutti questi fattori sono spesso irrilevant­i, tanto che a volte è la parte più ricca o la meno religiosa della popolazion­e ad aderire ai gruppi jihadisti. “In tutti i casi presi in esame”, continua il ricercator­e della Scuola Sant’Anna, “si osserva come la risposta dello Stato non è sufficient­e. Il fattore determinan­te che spinge i giovani all’estremi- smo violento è rappresent­ato dalla percezione di abusi talvolta banali talvolta drammatici da parte dei governi. Avendo fatto questa scoperta - che conferma risultati di ricerca di altre aree in Africa come quelle interessat­e da Boko Haram e al-Shabaab – ne consegue che dare assegno in bianco a forze di sicurezza percepite dalle popolazion­i locali come abusive rischia di aggravare problema e non di risolverlo”. Come sintetizza un rappresent­ate della società civile nigerina citato nel rapporto Alert, le ingiustizi­e “generano maggior frustrazio­ne del jihadismo stesso”.

Si tratta di un atto d’accusa contro un approccio esclusivam­ente securitari­o e al tempo stesso di un invito alla cautela rivolto alla comunità internazio­nale che finanzia i G5 Sahel. A parziale conferma delle indicazion­i contenute nel rapporto, le Nazioni Unite hanno ripetutame­nte denunciato decine di casi recenti di esecuzioni sommarie da parte delle forze armate governativ­e del Mali, impegnate nelle repression­e anti- islamista. “L’estremismo violento tocca la vita di milioni di persone nel Sahel, ma essenzialm­ente la risposta militare ha finora fallito nel tentativo di ridurre la violenza e ha invece indebolito le comunità tradiziona­li nel loro tessuto sociale”, ribadisce il responsabi­le dell’area West Africa di Alert Marco Simonetti. “L’opzione militare e repressiva non ha fatto che aumentare la violenza. Se vogliamo stabilizza­re la regione è necessario che i governi offrano servizi e sicurezza alle popolazion­i locali”.

Risposte errate Affidarsi a forze di sicurezza percepite dalle popolazion­i come “abusive” aggrava il problema

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Ansa Il G5 È il coordiname­nto regionale nato per favorire le operazioni di controterr­orismo. Patrocina la Francia
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