Lettera al governo e a Salvini “Ridate la scorta a Ingroia”
Sicurezza Barbara Spinelli promuove una iniziativa per l’ex pm della Trattativa Stato-Mafia: aderiscono Caselli e Grasso, Marescotti e Ovadia
Una lettera al governo e al ministro dell’Interno Matteo Salvini chiede di ripristinare la scorta all’ex pm Antonio Ingroia, oggi avvocato. L’ha scritta Barbara Spinelli, eurodeputata del gruppo Gue/Ngl (Sinistra unita/Verdi nordici) e fra i primi firmatari troviamo Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, l’ex procuratore di Palermo e Torino Gian Carlo Caselli, lo storico dell’arte Tomaso Montanari, il fondatore e i direttori del Fatto Quotidiano e de i lf a tt o qu ot i di a no . i t Antonio Padellaro, Marco Travaglio e Peter Gomez, l’avvocato Alessandra Ballerini che assiste tra gli altri i genitori di Giulio Regeni, il presidente della Federazione della stampa (Fnsi) Beppe Giulietti, l’attore Ivano Marescotti e lo scrittore e musicista Moni Ovadia.
Ieri ha aderito anche Pietro Grasso, ex procuratore nazionale antimafia, ex presidente del Senato e leader di LeU alle ultime elezioni: “Chi nel suo lavoro ha ricoperto ruoli importanti contro la mafia e ricevuto serie minacce va tutelato. Sappiamo bene che la mafia non dimentica”.
“DA DUE MESI Antonio Ingroia – si legge nella lettera – il pm che avviò le indagini sulla trattativa Stato-mafia, è privo di scorta. La decisione è stata presa all’inizio di maggio, a pochi giorni dalla condanna in primo grado di boss di Cosa Nostra come Leoluca Bagarella e Antonino Cinà, del mediatore Marcello Dell’Utri e di uomini delle istituzioni come Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe de Donno. Ingroia – prosegue Spinelli – ha subito numerose minacce e due tentativi di attentato, tanto da fargli attribuire una scorta di livello 4. La situazione di pericolo che vive, anche da avvocato, non è cambiata, perché la mafia non revoca le sue condanne a morte”.
Il testo ricorda le lettere di Ingroia al ministro dell’Inter- no in carica a maggio Marco Minniti, al capo della polizia Franco Gabrielli, al nuovo ministro Matteo Salvini e al neosottosegretario Carlo Sibilia. “Tutte rimaste senza risposta”.
INGROIA, che era sotto scorta dal 1991, è stato ricevuto dal capo della polizia che gli ha illustrato le valutazioni di cessato pericolo provenienti dalle Prefetture di Roma e Palermo sulla cui base l’Ucis, l’Ufficio interforze che si occupa delle scorte, aveva revocato il dispositivo già ridotto negli anni dal livello 2 (auto blindate con due o tre agenti) al 4 (un solo agente su auto comune).
L’ex pm ha riferito a Gabrielli le sue preoccupazioni, legate alle parole intercettate di Totò Riina che poco prima di morire lo chiamava “il re dei cornuti”, alle dichiarazioni recenti di pentiti, alle recenti telefonate mute e a una telefonata giunta al suo studio proprio da parte di una figlia di Riina, ma anche al suo ruolo di avvocato di parte civile in Calabria contro la criminalità locale. Gabrielli ha chiesto un supplemento di istruttoria all’Ucis che è ancora in corso. Da Reggio Calabria non sono stati segnalati particolari pericoli ma è chiaro che la questio- ne, per quanto tecnica, ha assunto un significato politico. Al Viminale peraltro fanno presente che sono senza scorta diversi altri magistrati e poliziotti che hanno una lunga storia di indagini antimafia.
“Non vogliamo credere – prosegue la petizione – che dietro la decisione di revocare la scorta a Ingroia vi sia stata una rappresaglia nei confronti di un magistrato che ha dato fastidio, né che dietro l’indifferenza del nuovo governo vi sia un’incapacità burocratica di distinguere tra privilegi da tagliare e protezioni che è inconcepibile non garantire. La scorta è un’istituzione che protegge la vita di chi è diventato nemico di oscuri poteri criminali. Toglierla – o minacciare di toglierla, come ha fatto il nuovo ministro dell’Interno con Roberto Saviano – mette a repentaglio non solo la persona minacciata, ma anche la credibilità dello Stato. Già Giovanni Falcone ebbe a subire polemiche sulle scorte e Marco Biagi venne ucciso dopo un provvedimento della stessa natura. Chiediamo – conclude la petizione – che venga urgentemente revocata la decisione di privare Antonio Ingroia di un affidabile dispositivo di protezione”.