Salvini il bracconiere finirà nella sua stessa trappola
“NOI NON POSSIAMO DIRE che non ci sono le buche, caro Beppe. Sarebbe da incoscienti, e noi non lo siamo. Dobbiamo dire la verità: a Roma c’è una situazione difficilissima”. ROBERTA LOMBARDI, CAPOGRUPPO DEL M5S IN REGIONE LAZIO RISPONDE A BEPPE GRILLO
VIVO STUPORE nella cosiddetta grande stampa scavalcata a sinistra: ma come un’esponente di primo piano del movimento che osa rimproverare apertamente il Fondatore, il Garante, il Supremo? Tutto per quel video – uno sketch riuscito male, può capitare – che non ha fatto per nulla “sorridere” la Lombardi. Al di là della questione buche (eterne come la città), un esempio di come oggi l’esercizio critico (e autocritico) più credibile vada spesso ricercato dentro e non fuori il perimetro giallo-verde.
Nel caso in questione, nello stesso M5S e ai piani più alti. Un discorso che si può estendere al ruolo esercitato dall’opposizione. Inesistente in Parlamento. Ininfluente nel dibattito pubblico, soprattutto se affidata al Pd. Macchiettistica nei pollai televisivi. Infatti, è stato il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (Cinque Stelle) a mettere in riga (“le sentenze si rispettano”) l’alleato salvinista (e lo stile berlusconismo da “seconda repubblica”), in rivolta contro la sentenza-sequestro sui soldi della Lega. Infatti, una voce ferma e autorevole sugli eccessi anti-Ong e anti-migranti del ministro dell’Interno è venuta dal presidente della Camera Roberto Fico (Cinque Stelle).
Infatti, prossimamente davanti alle Camere, sarà il vicepremier Luigi Di Maio (Cinque Stelle) il perno difensivo contro l’annunciato tentativo leghista di smon- tare il decreto Dignità. Se poi volessimo spingerci a dare una forma più compiuta ai due poli che convivono (per ora) dentro il governo non sarebbe difficile. Se sulla propaganda spinta il ministro “selfie” appare imbattibile, sulla sostanza il quadrato moderato formato da Conte (premier), Di Maio (vicepremier), Tria (Economia), Moavero (Esteri), con la supervisione di Sergio Mattarella è quello che al di là della grancassa demagogica detta la linea. Dai vertici internazionali alle politiche sociali, ai vaccini. E la fu opposizione che fine ha fatto? Firma appelli. Strilla. Si straccia le vesti. Insomma, lavora per Salvini. Fateci caso, ogni giorno (anche più volte al giorno) lo spot travestito da ministro fa o dice (apposta) qualcosa che suona come una mascalzonata. Tipo: la pacchia è finita o i rom ce li dobbiamo tenere. Quindi, come un bracconiere, si apposta dietro ai cespugli per vedere chi ci casca. Infatti, seguono titoloni e reazioni sdegnate. L’altro giorno, durante l’inutile incontro con un vicepremier libico, ha buttato là una frase laida sui campi di detenzione dove gli esseri umani sono trattati peggio delle bestie. “Aiuteremo le autorità a rendere più gradevole la permanenza dei migranti”. Poi, tutto soddisfatto, è corso a vedere l’effetto che fa.
Una soluzione ci sarebbe: ignorarlo, non dargli spago. Una volta che avrà raschiato il fondo degli slogan dei peggiori bar padani, senza costrutto alcuno, anche i suoi fan, vedrete, lo manderanno a... lavorare. Questione di tempo.
Antonio Padellaro - il Fatto Quotidiano 00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquotidiano.it