Non solo Ronaldo, il reddito va redistribuito tra i lavoratori
Ronaldo è sicuramente un ottimo atleta e giustamente gli vengono tributati onori. È successo sempre così, in tutte le società che disponevano di tempo e risorse da dedicare ad attività ludiche: chi eccelleva in esse, veniva socialmente considerato meritevole di ammirazione e apprezzamento. Apprezzamento, appunto: oggi più di ieri, il valore di una persona si misura in base suo “prezzo”. E quello del calciatore è assai salato: 21 milioni di euro l’anno, quanto 21 vite lavorative di una persona “normale”. Non solo: per ottenerlo, una società sportiva dovrebbe sborsare 150 e più milioni al Real Madrid, dove attualmente è ingaggiato. I più ritengono che si tratti di una questione privata che nulla a che fare con la fatica di arrivare a fine mese e magari di combinare il pranzo con la cena; il problema è lo Stato che ci tassa e tartassa, gli stipendi e i vitalizi dei “politici”, gli immigrati che ci costano, ci rubano il lavoro e vogliono imporci le loro regole. Già: lo stipendio di Ronaldo non ci tocca e beato lui che può. Ma se pensassimo in termini complessivi, ci renderemmo conto che quanto produce un sistema economico va distribuito fra i partecipanti alla produzione e che quello che viene dato a qualcuno non può essere dato ad altri, che l’accumulo di ricchezza è causa di povertà. Quanti Ronaldo ci sono nel mondo dello sport e dello spettacolo, in quello del management privato e fra i detentori di immensi patrimoni raramente guadagnati? Gli Stati ormai hanno abbandonato le politiche di redistribuzione del reddito a favore dei meno abbienti; anzi, hanno imboccato la strada contraria, che prevede imposte più alte per i redditi medio bassi al fine di attirare apolidi e perciò volatili capitali votati alla pura speculazione e sempre meno interessati alla base materiale della produzione. Anche per questo si susseguono bolle borsistiche, fallimenti di banche e crisi dei debiti sovrani; allora sì che gli Stati intervengono: impongono tagli ai servizi, aumenti di aliquote sui beni essenziali, riduzioni del cuneo fiscale a favore delle imprese contraendo così la quota di reddito per i consumi delle famiglie, che a sua vota causerà la crisi delle imprese in una spirale da cui difficilmente usciremo. E allora non ci resta che goderci la partita, novanta minuti più recupero. SERGIO TORCINOVICH