Dietro il “caso Xylella” Dai dati nessuna certezza
Sono tutti esperti di Xylella (il batterio sospettato di essere il killer degli ulivi del Salento): dopo le ultime inchieste del Fatto( che dal 2016 evidenziano le molte contraddizioni scientifiche mai chiarite) e un articolo di una giornalista tedesca pubblicato sul blog di Beppe Grillo (che si spinge, a differenza del Fatto, a negare che sia Xylella la causa della malattia degli ulivi, CoDiRO, qualificandola come “bu fala”) molti giornalisti si sono cimentati, per la prima volta in carriera, nella difesa di un argomento scientifico: sarebbe dimostrato che è Xylella la causa del CoDiRO. Da Natalia Aspesi (che cura la posta del cuore del Venerdìdi Repubblica), a Massimo Gramellini del Corriere. In passato, anche Paolo Mieli. Anche il Cicap (il Comitato Italiano per il Controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze fondato da Piero Angela nel 1989), in un articolo per la rivista online Querysostiene che l’esistenza certa del nesso causale è dimostrato già nel 2016, in un rapporto dell’Efsa, l’agenzia che fornisce pareri tecnici all’Ue su sicurezza alimentare e animale. D’accordo anche Roberto Defez, genetista della Fondazione Veronesi. In un articolo per Il Foglio, ricorda che: “L’Italia è la patria del metodo scientifico galileian o”. Il dibattito scientifico non si fa con le chiacchiere, spiega, “ma portando prove scientifiche”. Cioè le pubblicazioni dei risultati di esperimenti su riviste peer reviewed (cioè revisionate da esperti internazionali), che devono poi essere replicati da altri gruppi per verificare la solidità dei risultati, pubblicati anch’essi, e discussi dalla comunità scientifica. È una questione complessa asserire un nuovo fatto scientifico. Dal punto di vista delle prove, dunque, come stanno le cose sul caso Xylella?
È ASSODATO che Xylella è la causa del CoDiRO? No. Per dimostrare che sia la causa prin- cipale della malattia, è necessario che il batterio soddisfi i cosiddetti “postulati di Koch”. A fronte di oltre 20 milioni di euro stanziati dall’Ue e 2 dalla Regione Puglia per la ricerca su Xylella, dopo 5 anni esiste un’unica pubblicazione scientifica in merito, del dicembre 2017, su Scientific Report, una rivista del gruppo Nature. L’esperimento per la verifica dei 4 postulati è stato fatto solo su una quarantina di piante. È un passo avanti importante, ma una sola pubblicazione, su pochi esemplari, con risultati che appaiono tutt’altro che conclusivi, non basta per affermare con certezza che Xylella è la causa del CoDiRO. Figuriamoci i rapporti di agenzie europee come Efsa citati dal Cicap: non sono sottoposte al peer review, che è il minimo sindacale richiesto per una prima scrematura tra cosa può essere considerato scienza e cosa no (e chi meglio del Cicap dovrebbe saperlo?). Dovrebbe saperlo anche l’Accademia dei Lincei, la società scientifica di cui fu membro Galileo. In un rapporto del 2016 si legge che “l’agente causale della malattia è Xylella fastidiosa, una conclusione non più discutibile,” sebbene nel 2016 non ci fosse neanche una pubblicazione scientifica a sostenerlo.
IL PRIMO postulato di Koch non è soddisfatto. Lo studio apparso su Scientific Reportdimostra che in 58 piante sintomatiche prese dalla zona infetta ci sia Xylella (nel 100% dei casi, come richiede il primo postulato). Ma lo studio non spiega come mai i dati in mano alla Regione Puglia indichino il contrario. Il monitoraggio sugli ulivi pugliesi nelle zone di contenimento, cuscinetto e infette, per un totale di 350mila piante ( alcune migliaia della zona infetta) riporta che solo nell’1,8% dei casi c’è Xylella. Un po’ poco per sostenere che sia per certo la causa del CoDiRO. È falso anche che ci siano 10 milioni gli ulivi infetti in Puglia, come ha dichia- rato l’associazione Coldiretti il 16 maggio 2018, dato rilanciato da stampa e tv. Il 4 aprile 2018 la Regione ha dichiarato che nel 2018 il numero si è ridotto dal 2,3% all’1,8% (circa 3mila infette su 350 mila campionate). Non c’è stato alcun boom di casi.
C’È POI IL TEMA dei dati del monitoraggio che non sono stati resi pubblici. Per dirimere la questione chiave della presenza o meno del batterio sulle piante sintomatiche, il Fatto ha più volte chiesto di pubblicarli, visto che la procedura è costata circa 8 milioni di euro di fondi regionali. Solo così la comunità scientifica potrà valutarli e spiegare perché, se si pensa che sia Xylella la causa della malattia, negli ulivi sintomatici (e quanti?) il batterio non si trova quasi mai. Il database esiste: lo ha affermato Domenico Ragno, direttore dell’agenzia Arif incarica- ta di effettuare i monitoraggi nel corso di un convegno scientifico su Xylella lo scorso giugno. Ma solo a pochissimi soggetti è concessa la password per accedervi. Perché?
Si sente spesso dire che quei dati non sono significativi per la scienza: è vero e falso (a seconda dei casi). Nell’articolo del Cicap, Anna Percoco, direttrice dell’Osservatorio Fitosanitario della Regione Puglia, afferma che i dati del monitoraggio “non possono esse- re chiamati in causa come prova del nesso batterio-malattia”. Ma è proprio a partire dai dati del monitoraggio che i media nazionali e internazionali e la stessa Coldiretti hanno parlato di 10 milioni di ulivi a rischio. Dunque, quei dati sono significativi o no? Perché non esiste ancora una pubblicazione scientifica su un aspetto così importante? In California, quando nel 2014 si riscontrò una malattia analoga degli ulivi, la prima cosa che gli scienziati controllarono fu proprio in quante piante sintomatiche ci fosse Xylella. C’era solo nel 18% dei casi e conclusero che con una percentuale così bassa (ma ben superiore all’1,8% della Puglia) non si poteva affermare che ci fosse un nesso batterio-malattia.
Curiosamente, una quota parziale dei dati del monitoraggio regionale sono utilizzati in una pubblicazione scientifica del 2017 proprio per provare l’esistenza del nesso causale tra X yl el la e CoDiRO. L’autore non è un esperto di Xylella né sembra avere alcuna posizione accademica. La Percoco, per il Cicap, cita invece una ricerca commissionata al Cnr su un campione di 500 piante con chiari sintomi da CoDiRO dove si riscontrerebbe la presenza del batterio nel 97% dei casi, come prevede il primo postulato di Koch, e che chiuderebbe la discussione. La ricerca non è però apparsa su una rivista scientifica internazionale peer reviewed, ma sul bollettino dell’I nformatore Agrario, mensile dedicato agli agricoltori che pubblica monografie dal titolo “Il Piccolo Pollaio” o “La Capra”. Niente di più lontano dal metodo scientifico.
LE INCONGRUENZE
Il nesso tra batterio e malattia è provato da una sola ricerca Pochi campioni, in contrasto con i dati della Regione
METODO SCIENTIFICO
Il monitoraggio regionale non viene reso pubblico, ma usato per dire che ci sono “10 milioni di ulivi a rischio”