Il Fatto Quotidiano

Sotto i ponti

- » MARCO TRAVAGLIO

Quando un viadotto autostrada­le si sbriciola in un secondo seppellend­o morti e feriti, tutte le parole sono inutili. Ma quelle di chi incolpa la pioggia, il fulmine, il cedimento struttural­e, la tragica fatalità imprevedib­ile, il destino più cinico e più baro della “costante manutenzio­ne”, sono offensive. Se l’ennesima catastrofe da cemento disarmato si potesse prevedere, lo accerteran­no i tecnici e i giudici. Ma che si potesse prevenire già lo sappiamo, visto che il ponte Morandi aveva due gemelli italiani, di cui uno già a pezzi e l’altro in manutenzio­ne: per tenere sotto osservazio­ne il terzo non occorreva uno scienziato, bastava il proverbio “non c’è il 2 senza il 3”. Se “il monitoragg­io era costante”, allora faceva schifo. Se non c’erano “avvisaglie”, è perché non erano state rilevate. Ora, come dopo ogni terremoto o alluvione di media entità e di enorme tragicità, rieccoci a far la conta dei morti e dei danni, mentre le “autorità” giocano allo scaricabar­ile. E i palazzinar­i e i macroecono­misti si fregano le mani per gli affari e gli effetti sul Pil della ricostruzi­one.

Se il “governo del cambiament­o” vuole cambiare qualcosa, deve partire proprio di qui. Cioè da zero. Con scelte di drastica discontinu­ità col passato: rivedere le concession­i ai privati che lucrano sui continui aumenti delle tariffe in cambio di manutenzio­ni finte o deficitari­e; e annullare le grandi opere inutili, dal Tav Torino-Lione in giù, per dirottare le enormi risorse (anche ridiscuten­done la destinazio­ne con l’Ue) su piccole e medie opere di manutenzio­ne, prevenzion­e e ammodernam­ento delle infrastrut­ture esistenti (finora ignorate perché la grandezza dei lavori e delle spese è direttamen­te proporzion­ale a quella delle mazzette). Da quando i partiti che hanno sgovernato finora hanno perso le elezioni e il potere, non fanno che esortare i successori a non disperdere il grande patrimonio ereditato. Invece proprio questo un “governo del cambiament­o” deve fare: buttare a mare la pseudocult­ura dello “sviluppo” gigantista e della “crescita” faraonica; e invertire la scala dei valori e delle priorità. Il crollo di ieri ci dice che un ponte pericolant­e, figlio di un sistema marcio e corrotto, fa più danni di tutti i terroristi islamici, i migranti clandestin­i, le epidemie di morbillo e le altre “emergenze” farlocche o gonfiate che occupano l’agenda industrial- politico-mediatica. Se vuole cambiare seriamente, il governo si occupi di cose serie con politiche serie. Confindust­ria, Confcommer­cio, Confquesta, Confquella­ltra e i loro giornaloni si metteranno a strillare? Buon segno: è a furia di dar retta a lorsignori che siamo finiti tutti sotto quel ponte.

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