Il Fatto Quotidiano

“Prima o poi cade”: ecco tutti i dossier ignorati degli esperti

Il bando L’ultimo per interventi struttural­i risale ad aprile. Riguardava le pile 9 e 10. La 9 è crollata

- » TOMMASO RODANO

La conoscevan­o tutti, la fragilità struttural­e del ponte Morandi. Quella lingua di cemento lunga un chilometro e sostenuta da piloni alti 90 metri, attraversa­ta ogni anno da 25 milioni di veicoli, aveva bisogno di una manutenzio­ne straordina­ria permanente. Lo sapevano i tecnici del ministero delle Infrastrut­ture e lo sapeva il concession­ario privato, Autostrade per l’Italia, che ne doveva garantire la tenuta. “C’era uno scambio di informazio­ni continuo sulle condizioni del viadotto”, fanno sapere dallo staff del ministro Danilo Toninelli.

C’era anche la consapevol­ezza di dover agire in fretta, di nuovo, per mettere in sicurezza l’opera. Autostrade per l’Italia ad aprile aveva indetto un bando per interventi struttural­i (di “retrofitti­ng”, la definizion­e tecnica) per 20 milioni e 159mila euro, con termine di esecuzione a 784 giorni dall’aggiudicaz­ione dell’appalto. Le candidatur­e dovevano essere presentate entro l’11 giugno. Il bando – riporta l’agenzia R ad i oc or – prevedeva “il rinforzo degli stralli di pila numero 9 e 10” (ovvero i tiranti inclinati che partono dal punto più alto dei piloni e che sorreggono l’impalcato del ponte). Troppo tardi: la pila numero 9 è crollata ieri mattina.

Lo sapevano tutti che il Morandi fosse fragile e che le risorse impiegate per tenerlo in piedi fossero superiori a quelle che sarebbero servite per costruire un’infrastrut­tura nuova. Ma non si poteva dire. La versione ufficiale l’ha ripetuta ieri – con scarso senso del tragico, o del ridicolo – l’ad di Autostrade Giovanni Castellucc­i: “Non mi risulta che il ponte fosse pericoloso e che andasse chiuso”. Intanto è venuto giù.

IL DISASTRO del Morandi è stato oggetto di congetture e vaticini nefasti, come quello del presidente di Confindust­ria Genova, Giovanni Calvini, nel 2012: “Tra dieci anni il ponte crollerà”. Ma è stato al centro pure di documenti ufficiali, pubblici. Come l’interrogaz­ione parlamenta­re presentata il 28 aprile 2016 dal senatore montiano Maurizio Rossi all’ex ministro Graziano Delrio: “Il viadotto Polcevera, recentemen­te è stato oggetto di un preoccupan­te cedimento dei giunti (...) si chiede di sapere quale sia in dettaglio l’attuale situazione dei lavori di messa in sicurezza, quali siano gli interventi che ancora devono essere realizzati e se saranno tali da comportare gravi disagi alla circolazio­ne della cit- tà” e poi “se corrispond­a al vero che potrebbe venir chiuso almeno al traffico pesante, entro pochi anni, gettando la città nel totale caos”. Da Delrio nessuna risposta.

E ancora, il 3 marzo 2017, domande simili le ha poste la consiglier­a ligure del Pd Raffaella Paita alla giunta di Giovanni Toti. Il testo dell’interrogaz­ione citava “le continue opere di manutenzio­ne” del ponte, “la particolar­e esposizion­e” delle strutture in calcestruz­zo ai fattori ambientali e richiedeva “l’assoluta garanzia di sicurezza della struttura”. L’assessore Giovanni Berrino rispondeva citando le parole rassicuran­ti dell’ingegnere Stefano Marigliani, direttore del Tronco di Genova di Autostrade per l’Italia: “Il viadotto al momento non presenta alcun problema di carattere struttural­e”.

Eccola, di nuovo, la risposta standard di Autostrade: “Nessun problema struttural­e”. Marigliani l’ha ripetuto dopo la tragedia: “L’attività di mo- nitoraggio non lasciava presagire nulla”. Eppure nello “scambio continuo” di informazio­ni con le Infrastrut­ture e con il consiglio superiore dei lavori pubblici, quanto fosse critica la situazione del ponte era noto (la conferma arriva dai corridoi semidesert­i del ministero di Toninelli).

Breve storia di un’o p er a maledetta. Inaugurata nel 1967, le prime correzioni struttural­i sono arrivate negli Anni 80 e 90: agli stralli originali in calcestruz­zo, già fatiscenti, si erano dovuti affiancare più solidi cavi in metallo. Negli ultimi 5 anni gli interventi di messa in sicurezza sono stati ininterrot­ti.

SE LO SENTIVANO anche i genovesi che vivevano all’ombra del loro “Ponte di Brooklyn” e ogni giorno vedevano ponteggi e cantieri sul profilo fragile e monumental­e del viadotto: “Prima o poi doveva succedere”, si sente in uno dei video amatoriali che riprendono la tragedia in diretta.

E l’allarme l’avevano dato pure i tecnici. Come l’ingegnere Antonio Brenchic, professore associato di Costruzion­i in cemento armato dell’Università di Genova. Nel 2016 ha scritto un’analisi critica dell’opera di Morandi a lungo ignorata, ora ripresa da tutti: “Tra non molti anni – si legge sul sito ingegneri.info– i costi di manutenzio­ne supererann­o i costi di ricostruzi­one del ponte. A quel punto sarà giunto il momento di demolire”. Non si è fatto in tempo.

Il viadotto del Polcevera è venuto giù proprio come la sua struttura “gemella”: il ponte “General Rafael Urdaneta” sulla baia di Maracaibo, in Venezuela. L’unico costruito con la stessa struttura strallata che ha reso celebre Riccardo Morandi, sventrato da una petroliera in avaria nel 1964: lo schianto travolse due pile e trascinò in mare tre campate.

Disastro annunciato A marzo, in Regione Liguria, l’ultima interrogaz­ione è stata del Pd

Replica standard

Il gestore risponde sempre con la stessa formula: “Non risulta ci siano pericoli”

 ??  ??
 ??  ??
 ?? LaPresse/Ansa ?? La storiaIl ponte prima e dopo il crollo di ieri. Sotto, immagini durante la costruzion­e e la copertina di Domenica del Corriere sul Morandi
LaPresse/Ansa La storiaIl ponte prima e dopo il crollo di ieri. Sotto, immagini durante la costruzion­e e la copertina di Domenica del Corriere sul Morandi
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy