Brasile: il gemello di Trump tenta di impallare Lula
Brasile Il candidato della destra Bolsonaro è un ex militare populista Oggi l’ex presidente in cella saprà se può correre per le presidenziali
Nonostante la retorica vitalistica carioca, il Brasile mostra di voler guardare al passato. È quanto si evince dalla campagna per le elezioni politiche e presidenziali di ottobre che promette, più che scintille, il rumore dell’a cciaio delle sciabole. I due aspiranti di punta alla guida del gigante sudamericano sono vecchi personaggi ben conosciuti. Uno, Luiz Inácio Lula da Silva - 72 anni, in testa nei sondaggi col il 30% delle intezioni di voto nonostante sia in carcere per una condanna, molto politica, di corruzione - è l’ex presidente che ha guidato il Brasile di inizio XXI secolo. L’altro, Jair Bolsonaro, 63 anni esponente del Partito social liberale, è un militare in pensione e deputato, che poco si è distinto per la sua attività legislativa e molto per le sue sparate populiste se non fascistoidi. Entrambi propongono un futuro che molto somiglia al passato. Lula ispira la nostalgia per un periodo di bonanza economica, di sviluppo e pace sociale che difficilmente torneranno, perché la situazione mondiale, la configurazione delle forze politiche brasiliane, come pure la sua reputazione , non sono le stesse. Bolsonaro è un difensore accanito della dittatura militare che resse il Brasile dal 1964 al 1985 e della stabilità sociale basata su repressione e torture. Favorevole alla libera vendita di armi, ha raccolto il 17% delle intenzioni di voto, quasi il doppio rispetto agli altri undici candidati.
LULA SUSCITA LE PASSIONI di un Brasile profondo e popolare, e le speranze di una ripresa economica che benefici il popolo. Ma che può essere estromesso dal processo elettorale da una sentenza del Tribunale superiore elettorale, come è stato tenuto fuori dal primo dibattito elettorale organizzato giovedì scorso dalla Tv Bandeirantes di San Paolo.
Il secondo mostra di aver meglio capito che i segni delle politica sono profondamente cambiati. E di saper usare il linguaggio delle reti sociali raccogliendo il rifiuto dei giovani verso politica e istituzioni, che l’inchiesta “Lava jato” ha dimostrato essere corrotte. Così Bolsonaro è tutto un io egotico che “si fa virale perché diffonde opinioni facili e soluzioni semplici per problemi complessi”, come sostiene l’analista Carol Pires.
Per i più giovani – il 60% dei suoi sostenitori ha meno di 34 anni - si è trasformato nel “Mito” come lo dipingono i manifesti e le illustrazioni che circolano in rete: il “Mito” o“Bolsomito”, armato e corazzato, come un Rambo pronto a tagliare con la spada i nodi gordiani della politica.
Anche il linguaggio dei corpi nei suoi comizi e manifestazioni mostra la differenza. L’impulso della massa non è toccarlo, ma ritrarlo col cellulare. Lui, l’ex capitano dell’esercito, ha sempre il sorriso pronto per il selfie.
Inutile sottolinearne le contraddizioni. Bolsonaro si presenta come “l’ant ipol itic o”, ma è stato deputato (mediocre) per 27 anni; si professa “l’unico candidato onesto”, ma recenti inchieste hanno mostrato che ha affondato le mani nel denaro pubblico; è un esponente dell’estrema destra ma è stato un sostenitore di Hugo Chávez.
L’aneddotica delle sue dichiarazioni filo dittatura o ipermachiste è assai vasta. Nel 1999 quando era presidente il socialdemocratico Fernando Henrique Cardoso , affermò che la dittatura avrebbe dovuto “fucilare almeno 30.000 persone, cominciando dal presidente”. In tv ha dichiarato che è meglio perdere un figlio in un incidente che scoprire che “è omosessuale”. A una deputata del Pt (il partito di Lula) disse che mai l’avrebbe violentata “perché troppo brutta” e dedicò il suo voto per l’impeachment nel 2016 del l’ex presidente Dilma Rousseff – ex guerrigliera e torturata durante la dittaturaal “capo del centro di tortura” delle prigioni militari.
Le inquietudini suscitate da un simile candidato non superavano quelle già sollevate da Donald Trump e da altri popu- listi. Le preoccupazioni per il futuro democratico del Brasile si sono fatte consistenti e urgenti quando domenica 5 Bolsonaro ha annunciato che il “numero due” della sua campagna elettorale è Hamilton Mourão, un generale di 64 anni duro e puro sostenitore della dittatura brasiliana e ostinatamente critico del governo. Al momento di entrare nella riserva ,qualche mese fa, il generale aveva definito “un eroe” il colonnello che aveva guidato la repressione politica durante gli anni della dittatura e che il Tribunale di Giustzia aveva appena condannato come “torturatore”.
Atteggiamenti che gli sono valsi l’emarginazione da parte del vertice militare che peraltro negli ultimi mesi non ha lesinato prese di posizioni politiche. E non nasconde la sua avversione per Lula.
Bolsonaro un io che si fa virale perché diffonde soluzioni facili per problemi compessi CAROL PIRES
LA SOCIETÀ BRASILIANA si trova da anni nella morsa di una recessione economica cui si sommano una classe politica paralizzata da innumerevoli processi per corruzione e un indice di violenza crescente. Una situazione che genera insicurezza e favorisce la richiesta di un potere forte. Così da mesi cresce il gradimento per la presenza dei militari nella vita civile. Lo scorso gennaio, non riuscendo a mettere fine alla sanguinosa violenza quotidiana a Rio de Janeiro, il governo del presidente (golpista) Temer ha affidato ai militari il controllo della sicurezza dello Stato di Rio. Una misura estrema di debolezza politica, che non ha precedenti dal ritorno della democrazia in Brasile nel 1986. Ma che non ha suscitato le proteste e le condanne che ci si attendeva.
Vi sono più di cento militari che partecipano a vali livelli delle elezioni politiche del 7 ottobre. Bolsonaro rischia di essere in buona compagnia.
Meglio perdere un figlio in un incidente che scoprire che è omosessuale JAIR BOLSONARO