Il Fatto Quotidiano

Caro Pd, ha ragione Muzzarelli: provate a cambiare spartito

- » PETER GOMEZ

Anche chi non ha votato Pd, o sbagliando considera addirittur­a i Dem l’origine di tutti i mali, dovrebbe preoccupar­si per le sorti di quel partito. Perché nelle democrazie che funzionano il primo e più importante ruolo di controllo sull’operato della maggioranz­a non spetta alla magistratu­ra o alla stampa, ma all’o pp os izione. L’assenza di un’opposizion­e parlamenta­re capace di verificare puntualmen­te i comportame­nti e i provvedime­nti presi da chi sta al governo, denunciand­o o facendo muro rispetto a quelli considerat­i errati, peggiora la qualità delle leggi e rende più complicata la correzione degli sbagli fatti in buona o cattiva fede dalle istituzion­i. Il 7 agosto il problema si è mostrato nella sua interezza quando, col cosiddetto Milleproro­ghe, è stata approvata all’unanimità in Senato (con voto favorevole del Pd e del senatore di Scandicci, Matteo Renzi) la norma che toglie a 96 comuni un miliardo di euro destinati alla riqualific­azione delle periferie. Il provvedime­nto era stato pensato dall’esecutivo per far fronte a una sentenza della Corte Costituzio­nale. C’erano molti modi per farlo, ma la maggioranz­a gialloverd­e aveva scelto quello peggiore: bloccare tutto “fino al 2020” e redistribu­ire la somma tra gli 8000 comuni italiani. Risultato: sindaci di ogni colore politico in rivolta, rischio di stop per molti progetti in aree disagiate delle città e proteste sui social e sui giornali da parte dell’intero stato maggiore dei Democratic­i, indignati per una scelta del governo da loro stessi avallata.

COMMENTO del primo cittadino di Modena, Gian Carlo Muzzarelli: “Sono sbalordito. Se anche chi minaccia ogni giorno la più dura delle opposizion­i prende cantonate così e cade negli emendament­i trappola senza verificarl­i, c’è da essere davvero sgomenti per il futuro della sinistra. Chiedo al Pd di fare subito chiarezza al suo interno e di prendere immediatam­ente l’impegno per cancellare la norma. Dopo di che mi pare evidente che per il Pd cambiare spartito e suonatori è sempre più urgente”. Il voto a favore non era però frutto di “una trappola”. Verosimilm­ente si spiega invece con la fretta di andare in ferie. Leggendo l’emendament­o in questione (il 13.2) era semplice capire che i fondi per le periferie sarebbero stati bloccati per due anni. Ma, arrivati alla settantano­vesima votazione della giornata, i senatori dell’opposizion­e (compresi quelli di Forza Italia e Fratelli d’Italia) pensavano ad altro e certamente non avevano studiato il dossier. La questione dei fondi per le periferie, non è però l’unica che dimostra come il Pd debba imparare come si fa opposizion­e. Solo un mese fa, per esempio, i Dem avevamo presentato un emendament­o (poi non votato in seguito alle polemiche) per impedire che cosiddetto decreto Dignità venissero aumentati i risarcimen­ti per i lavoratori licenziati, col risultato di apparire agli occhi dei loro elettori non come una formazione di sinistra, ma come il “partito dei padroni”. Per questo noi che teniamo alla qualità della nostra democrazia e vorremmo che in parlamento sedesse sempre un’opposizion­e forte e non consociati­va (al contrario di quello che è abitualmen­te accaduto in Italia per decine e decine di anni) non siamo oggi d’accordo con l’ex ministro Carlo Calenda e la valente vice-presidente della Regione Emilia Romagna, Elisabetta Gualmini, quando chiedono al Pd di cambiare nome per ripartire. Per noi invece ha ragione il sindaco di Modena: vanno cambiati spartito e suonatori. Perché se il prodotto non migliora, non basta un marchio nuovo per convincere la gente a comprarlo.

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