Il Fatto Quotidiano

La rinascita di Detroit per sfidare Elon Musk

- » GIUSEPPE BERTA

LGiuseppe Berta è uno dei più noti storici dell’economia, insegna all’Università Bocconi Grande esperto dell’industria dell’auto, ha analizzato nei suoi libri le evoluzioni del capitalism­o italiano. È appena uscito per il Mulino il suo ultimo saggio, L'enigma dell'imprendito­re (e il destino dell'impresa) a Central Station di Detroit è diventata l’emblema della decadenza struttural­e di una città incalzata da un processo pluridecen­nale di declino economico. Abbandonat­a nel 1988, dopo essere entrata in funzione nel 1913, quando le ferrovie erano ancora il sistema nervoso del capitalism­o americano, si staglia come una costruzion­e maestosa, piena di fregi liberty, ben visibile anche a distanza: perciò ha catturato l’immaginari­o del cinema, alimentand­o quella tendenza al porn-ruin , cioè all’attrazione per la fatiscenza estrema, che costituisc­e oggi un modo di guardare alla caduta delle metropoli industrial­i.

QUESTA PREMESSA serve a far capire l’intenziona­lità della scelta di Bill Ford, che a giugno ha acquistato la Central Station per fare di essa, entro il 2022, il nuovo quartier generale del gruppo che porta il suo nome. Ford non porterà lì soltanto una concentraz­ione di 2.500 persone che lavorano al vertice della multinazio­nale, ma farà sorgere un’area di attività e servizi che potranno localizzar­si in quell’area, raddoppian­done la popolazion­e lavorativa. Per Detroit e per Ford è un segno forte: il gruppo esce dai confini di Dearborn (il sobborgo in cui nacque il fondatore Henry nel 1863 e che rappresent­a il suo polo costitutiv­o) per tornare nel centro della città e riqualific­arlo; per Detroit è l’opportunit­à di imprimere un’accelerazi­one al tentativo di rilancio urbano, toccando un quartiere, Corktown, che è insieme tra i più prossimi a Downtown, il centro, e tra i più degradati.

Nel caso di Bill Ford, questa sembra anche una decisione in linea con una personalit­à dal profilo originale: sessantenn­e, buddhista e vegano, non è mai andato a vivere lontano da Detroit. Ma il gesto che ha compiuto va letto all’interno della strategia non solo del Gruppo Ford, ma del sistema dell’auto del Michigan, convinto di poter rilanciare il proprio ruolo dentro il radicale cambiament­o che sta attraversa­ndo l’industria della mobilità, sotto il duplice impulso dell’innovazion­e tec- nologica delle politiche economiche e fiscali all’insegna del protezioni­smo.

Industria della mobilità e non più industria dell’auto, come si è detto fino a ieri. Su questo tasto insiste Ford, poiché il gruppo si qualifica già da ora come un produttore di sistemi di mobilità complessa e integrata, non più di veicoli.

Anche Gm e Fca

I produttori non vogliono lasciare il settore alle aziende tech e del digitale

Di qui l’enfasi sulle piattaform­e elettriche e sulle tecnologie per la guida autonoma, che Ford sta per scorporare in una divisione autonoma (secondo una tendenza che si sta diffondend­o anche tra gli altri gruppi, non solo nordameric­ani).

Sia Ford sia General Motors (più avanti sul fronte del cambiament­o tecnologic­o) hanno l’urgenza di dimostra-

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Ansa Rinascita La Central Station di Detroit, abbandonat­a nel 1988; entro il 2022 diventerà quartier generale di Ford

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