Romeo e Giulietta: il ’68 secondo Zeffirelli
La “miglior trasposizione” di un’opera shakespeariana compie 50 anni
Nell’anno più scostumato del Novecento, il ’68, uscì il film in costume – costumatissimo – più acclamato di sempre: Romeo e Giulietta di Franco Zeffirelli, giudicato dai più (della critica) la miglior trasposizione cinematografica di un’opera shakespeariana.
“No ordinary love story”, prometteva il trailer, mentre il mondo – fuori dalla sala cinematografica – andava in fregola per altre, libertine, passioni: amore sì, ma da due partecipanti in su. Tuttavia, pur spacciata per storia sentimentale, la tragedia non lesina sottotesti pruriginosi, con buona pace di Zeffirelli: Shakespeare, furbone, mette subito le mani avanti, accennando nel prologo che la giovane coppia di amanti “ha preso vita dai fatali lombi di due nemici”.
LA TRAMA è una tempesta ormonale via l’altra: all’inizio un adolescente (Romeo) si straccia le vesti per una ragazzina (Rosalina) che non si concede; perciò gli amici lo trascinano a forza a una festa in maschera, dove il pischello subito dimentica il primo amore e si invaghisce di un’altra ( Giulietta), facendo ridere, e sin bestemmiare, un frate (Lorenzo): “Benedetto San Francesco! Che mutamento è questo? Allora l’amore dei giovani non si trova nel cuore, ma solo negli occhi. Gesummaria!”. Intanto gli amici e parenti dei due neo-innamorati (ad esempio Mercuzio e Tebaldo) se le danno di santa ragione: a Verona d’estate non c’è altro da fare, e poi le poste funzionano malissimo, così finirà in tragedia.
Di Verona nel film non c’è che l’ombra: il panorama, il centro storico, l’Adige, giusto intravisti nelle prime riprese, dopodiché il set si sposta in Centro Italia. Le scene del balcone sono gira- te ad Artena (Roma); il matrimonio e l’ecatombe finali vengono ripresi a Tuscania (Viterbo); i duelli di spade sono ambientati a Gubbio ( Perugia), mentre Pienza (Siena) ospita molte scene madri, tra cui la festa a casa Capuleti, durante la quale scocca il colpo di fulmine, e la fuga di Romeo e compagni dal palazzo degli storici ne- mici. Proprio lì in questi giorni (e fino al 6 gennaio) una mostra fotografica omaggia la pellicola a 50 anni di distanza: il titolo, What is a
Youth?, è mutuato da un brano di Nino Rota (firma di tutta la colonna sonora) su testo di Elsa Morante; la location, Palazzo Piccolomini, è poi la stessa immaginaria residenza di Giulietta e famiglia.
ZEFFIRELLI insomma si prese qualche licenza poetica, ma anche un po’ di licenziosità: la scena di nudo tra i due giovani amanti – non ancora maggiorenni – prov ocò molte polemiche, tanto che il film fu marchiato con la lettera scarlatta, la “A”, ovvero per soli Adulti. Fu la prima pellicola shakespeariana, in America e nel Regno Unito, a non ricevere il nullaosta, cioè la “U”, buona per ogni spettatore e per tutte le età. In Italia non andò meglio: per mostrare il seno della protagonista sedicenne (Olivia Hussey), il regista ottenne un permesso speciale dalla censura italiana e alla stessa Hussey fu proibito entrare in sala per vedere il film “per adulti”. Com’è possibile? Commentò l’attrice con invidiabile ironia. Com’è possibile che lei non potesse vedere sul maxischermo quello che rimirava nello specchio ogni giorno? Proprio lei, che per mostrare quel corpo adolescenziale fu messa a dieta: niente pasta per Olivia, ordinò Zeffirelli al suo staff. E così fu. Girato in lingua inglese,
Romeo e Giulietta vinse due premi Oscar (Miglior Fotografia di Pasqualino De Santis e Migliori Costumi di Danilo Donati) e tre Golden Globe (Miglior Film Straniero in Lingua Inglese; Miglior Giovane Promessa Femminile e Maschile), conquistando sia la critica sia il pubblico: nessuno ebbe da ridire, allora (mentre ora lo fa notare il perfido archivio online Imdb), sulle inverosimili scene di morte, con gli attori – nei panni di Giulietta e Tebaldo – che continuano visibilmente a respirare ben oltre il decesso.
“Errori” a parte, la pellicola incassò milioni di dollari – 40 solo negli Stati Uniti. L’adattamento, fedele al Bardo, era firmato da Franco Brusati, Masolino D’Amico e dallo stesso regista, mentre il cast non vantava grandi nomi, a parte sir Laurence Olivier come voce narrante. Per la prima volta i primattori furono scelti an- che in base all’età, il più possibile vicina ai quattordicenni shakespeariani: Leonard Whiting (17 anni) fu preferito a Paul McCartney, mentre Olivia Hussey (16) la spuntò su Anjelica Huston, impegnata sul set col padre John, che si premurò a mandare una lettera di “scuse” al collega Zeffirelli.
IN QUEGLI ANNIil fiorentino era un artista anomalo, tra i pochi a non essere sessantottino; anzi. “Ero l’unico anticomunista”, dichiarò il regista, oggi 95enne. “Mi odiavano perché non mi accodavo. Addirittura perché credo in Dio. L’ho pagato caro: non solo con pregiudizi e ostracismi di tutti i tipi, non a caso ho fatto carriera soprattutto all’estero. Contro di me prepararono perfino un attentato. Erano gli anni 70. Doveva sembrare un incidente automobilistico. La scampai solo perché un amico mi avvertì in tempo”.
SOLO PER ADULTI Il film fu marchiato con la lettera scarlatta, la “A”, e alla stessa protagonista (minorenne) fu impedito di entrare al cinema