Conte dà lo sfratto ai Benetton: “Rifare il ponte non vi basterà”
Conte: “Adesso hanno 15 giorni per le controdeduzioni, ma il disastro è un fatto oggettivo e l’onere di prevenirlo era della società”
■ “Il disastro di Genova è un fatto oggettivo e l’onere di prevenirlo era della società”. Mossa ufficiale del premier e del ministro dei Trasporti Danilo Toninelli per iniziare la battaglia legale con il gruppo che ora ha due settimane di tempo per dare la sua versione
“Le macerie parlano”, dice Roberto Ferrazza, presidente della Commissione ispettiva del ministero delle Infrastrutture che si è insediata a Genova. Gli allarmi inascoltati sui tiranti parlano. E anche la legge parla, pure se fa fatica a farsi sentire in un dibattito pubblico che confonde le responsabilità penali e quelle contrattuali offrendo al petto di un nemico immaginario la difesa del “diritto” (del più forte).
Ora, però, la realtà sta bussando alla porta della propaganda.
Ieri il ministero guidato da Danilo Toninelli ha dato avvia alla nuova fase dei rapporti con Autostrade per l’Italia dopo il crollo del Ponte Morandi: “Abbiamo inviato la lettera con cui prende avvio la procedura per la decadenza della concessione”, ha detto il ministro. Pochi minuti e la stessa cosa ha scritto in una nota il premier Giuseppe Conte, che cura di persona l’aspetto legale della vicenda.
ANDIAMO con ordine. Secondo la legge (articolo 14, comma 3, del codice della strada) e l’accordo tra lo Stato e la società dei Benetton, è il concessionario titolare delle “verifiche strutturali” sulle opere, mentre ai tecnici del ministero spetta il controllo sul “rispetto degli obblighi convenzionali”. Insomma, era Autostrade per l’Italia a dover garantire la sicurezza del ponte e le macerie parlano: si parte da qui.
Il ministero ha dunque inviato una lettera al concessionario in cui chiede di conoscere in modo dettagliato gli interventi posti in essere per assicurare la funzionalità del viadotto e prevenire catastrofi. Spiega Conte: “Il concessionario avrà facoltà di far pervenire le proprie controdeduzioni entro 15 giorni, fermo restando che il disastro è un fatto oggettivo e inoppugnabile e che l’onere di prevenirlo era in capo al concessionario su cui gravavano gli obblighi di manutenzione e di custodia”.
È l’inizio della battaglia legale: “Nel caso in cui le giustificazioni richieste fossero ritenute inadeguate o carenti”, scrive il ministero, la lettera “varrà come contestazione di inadempimento agli obblighi previsti dalla convenzione di concessione”. La procedura di revoca parte così.
Nella lettera, peraltro, il ministero chiede anche ad Autostrade la conferma sin d’ora dell’impegno a ripristinare interamente a sue spese il viadotto di Genova e nei tempi che saranno decisi. Non solo: Autostrade dovrà farsi carico anche di tutti gli oneri connessi all ’ integrale ripristino di opere e aree danneggiate dal crollo. Non per chiudere la partita, avverte però il premier: “Se questa iniziativa di ricostruzione del ponte verrà addebitata ad Autostrade sarà solo a titolo di provvisorio risarcimento del danno, fermo restando che la ferita inferta alle vittime, ai loro familiari e al Paese è incommensurabile e non potrà certo essere rimarginata in questo modo”.
In sostanza, il governo – confortato da alcuni pareri legali, a partire da quello del pre-
Intanto pagate Il concessionario deve ricostruire il ponte e le opere danneggiate: “Un risarcimento solo provvisorio”
sidente del Consiglio – ritiene che un’eventuale causa si chiuderà con la revoca della concessione e un pesante risarcimento a carico di Benetton e soci (gli azionisti di Autostrade intanto, riuniti ieri a Milano, hanno fatto sapere che pensano a un piano di interventi anche per le famiglie delle vittime e gli sfollati).
A stare a Conte, che nella vicenda s’è ritagliato un ruolo politico che in genere fatica ad avere, a settembre si passerà a- gli altri concessionari (Gavio, Toto, etc.) per “costringerli a impegnarsi in un programma di riammodernamento delle infrastrutture destinando ad esso risorse più proporzionate agli utili che ne ricavano”.
PURTROPPO, ha scritto il premier, la privatizzazione delle nostre infrastrutture è stata fatta favorendo “la gestione finanziaria delle stesse e ha oscurato la logica industriale”. Il sistema, insomma, è da “ri- vedere integralmente”: “D’ora in avanti i concessionari saranno vincolati a reinvestire buona parte degli utili nell’ammodernamento delle infrastrutture che hanno ricevuto in concessione, dovranno rispettare in modo più stringente gli obblighi di manutenzione a loro carico e, più in generale, dovranno comprendere che l’infrastruttura non è una rendita finanziaria, ma un bene pubblico”. Amen.