Nicolas Maduro moltiplica i salari ma non pane e pesci
Il presidente del Venezuela Nicolas Maduro, paese in forte crisi economica e inghiottito nella spirale inflazionistica, ha promesso ieri durante un discorso televisivo l’aumento del salario minimo del 300%, ovvero di 34 volte rispetto a quello attuale. Maduro ha attaccato i suoi oppositori, in particolare gli imprenditori privati, accusandoli di aver “dollarizzato i prezzi” vantandosi invece di aver “petrolizzato i salari” aggiungendo: “Voglio che il Paese si riprenda e ho la formula, fidatevi di me” senza, tuttavia, specificare quando la nuova misura entrerà in vigore.
Il leader ha parlato del Petro, la criptovaluta venezuelana, basata sul prezzo del petrolio e creata a inizio anno dal governo di Caracas con l’obiettivo di fermare l’inflazione; secondo il Fondo Monetario, potrebbe raggiungere alla fine dell’anno il milione per cento. “Il Petro sarà il meccanismo di ancoraggio per ottenere l’equilibrio valutario della moneta, del salario e del prezzo” ha detto Maduro confermando che la conversione del Petro prevista per domani dovrebbe cancellare dall’ attuale valuta venezuelana, il Bolivar Fuerte, cinque zeri tramutandola nel nuovo Bolivar Soberano.
Gli analisti finanziari considerano tuttavia le misure annunciate dal presidente, destinate ad aumentare la già altissima inflazione e gli Stati Uniti hanno vietato l’uso del petro nelle operazioni economiche.
La situazione venezuelana è insostenibile a causa della mancanza di beni primari, quali cibo e medicine; i dati dell’Unhcr riportano come nel corso di quest’anno, più di 135 mila venezuelani siano fuggiti dal Paese. Un numero esorbitante tale da aver costretto negli ultimi giorni alcuni Paesi di confine come Ecuador e Brasile a dichiarare lo stato di emergenza per gestire il flusso migratorio proveniente da Caracas.