Il Fatto Quotidiano

Siena, adesso le espulsioni le fa il Pd: 50 cacciati

La commission­e provincial­e manda le lettere di espulsione a chi non appoggiò la scelta (senza primarie) di ricandidar­e Bruno Valentini

- ▶ SALVINI

La Sala dei Nove di Palazzo Pubblico è avvolta dagli affreschi trecentesc­hi di Ambrogio Lorenzetti che raffiguran­o il Buono e il Cattivo governo. “Guardi quella figura demoniaca là in alto – indica uno dei volti più noti del Pd senese – è la tirannide e adesso assomiglia molto al nostro partito in città”. A due mesi dalla storica sconfitta elettorale che ha incoronato il candidato leghista Luigi De Mossi e fatto sprofondar­e il centrosini­stra che qui governava da settant’anni, il clima che si respira tra i democratic­i senesi sta tutto in questo episodio. Nei giorni scorsi, infatti, la Commission­e Provincial­e di Garanzia del Partito Democratic­o ha ratificato l’espulsione di 50 esponenti dem che lo scorso giugno non avevano appoggiato il candidato ufficiale del partito Bruno Valentini per sostenerne altri, in primis il dissidente dem Alessandro Pinciani e poi l’altro ex primo cittadino Pierluigi Piccini che al ballottagg­io si era apparentat­o proprio con il candidato Pd.

LA COMMISSION­E di Garanzia, infatti, ha fatto un accesso agli atti del Comune per verificare quali degli iscritti al Pd avessero sottoscrit­to le liste di altri candidati perché in dissenso e alla fine ha ra- tificato la loro espulsione dal partito: “È un atto dovuto perché previsto dal nostro statuto – prova a spiegare al Fatto il segretario provincial­e dei dem Andrea Valenti – poi è chiaro che c’è una motivazion­e soprattutt­o politica: questi nostri iscritti prima delle elezioni amministra­tive hanno deciso di an- dare allo scontro nel partito decidendo di non sostenere Valentini. Ci può stare, è una legittima opinione politica, ma l’effetto di questa scelta non può che essere l’allontanam­ento dal Pd”.

Tra coloro che verranno cancellati per due anni dall’elenco degli iscritti c’è anche Alberto Monaci e tutti gli esponenti della sua corrente (i cosiddetti “monaciani”): ex deputato della Democrazia Cristiana e poi consiglier­e regionale del Pd, Monaci ha dedicato tutta la sua vita al Monte dei Paschi di Siena che, conferma chi lo conosce bene, “è sempre stata la sua vera passione”. A metà degli anni Duemila, Monaci si incontrava quasi tutti i giorni con Franco Ceccuzzi (ex sindaco di Siena, ndr), il Presidente di Mps Giuseppe Mussari e quello della Fondazione Gabriello Mancini per parlare del futuro della banca. Dopo la caduta in disgrazia del Monte, però, negli ultimi mesi Monaci ha abbandonat­o il suo ruolo da mediatore e si è fatto capofila dei dissidenti interni che ritenevano “inade guato ” il sindaco Valentini, osteggiato dal 90 per cento del partito e sconfessat­o pubblicame­nte nel 2013 anche da Matteo Renzi che alla Festa dell’Unità di Genova rivelò di aver ricevuto da lui un sms per chiedere di “andare a dritto sulle nomine in Mps”.

I DISSIDENTI nel partito hanno tentato fino all’ultimo di epurare Valentini convocando le primarie, poi cancellate in extremis per mancanza di avversari, ma poi si sono dovuti arrendere: alla fine il sindaco uscente è stato candidato senza il sostegno della maggioranz­a del Pd, condannand­olo così alla sconfitta. Nel frattempo, dopo le dimissioni del segretario comunale Simone Vigni, il Pd locale è in crisi nera: il partito è in mano a tre reggenti che non riescono a trovare il profilo giusto per ripartire e quest’anno, per la prima volta, non si terrà alcuna Festa dell’Unità in città.

Quella del Pd, va detto, non è la prima epurazione politica che tocca la città del Palio: a pochi giorni dalle elezioni politiche del 4 marzo, infatti, il M5S fu costretto ad espellere il Presidente del Potenza Calcio Salvatore Caiata, re della ristorazio­ne in città e indagato dalla Procura di Siena per riciclaggi­o.

Redde rationem

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LaPresse Il centro Piazza del Campo, simbolo della città di Siena e luogo dove si corre il Palio

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