Il Fatto Quotidiano

CARA BRAMBILLA, GIÙ LE MANI DA CHI MACELLA PER LA FEDE

Riti e violenza La battaglia dei benpensant­i contro il sangue è la prova che ci siamo dimenticat­i da dove noi tutti veniamo

- » MASSIMO FINI

L’animalismo è la malattia infantile dell’ecologismo. La deputata di Forza Italia Michela Vittoria Brambilla ha depositato un progetto di legge perché la macellazio­ne rituale di mucche e agnelli tipica della “Festa islamica del Sacrificio”, Eid Al Adha, che si è celebrata proprio in questi giorni anche in Italia si svolga in modo meno cruento. Prima del taglio rituale della trachea le bestie dovrebbero essere narcotizza­te in modo che non soffrano. Il progetto ha avuto l’approvazio­ne delle ‘anime belle’ di tutti i partiti, Forza Italia, Lega, 5stelle, Pd, FdI, Leu, Svp.

NON NE FACCIO qui una questione religiosa anche se rituali più o meno sanguinosi, che non riguardano gli animali ma gli esseri umani, come quello dei ‘flagellant­i’ praticato soprattutt­o nel nostro Sud o quell’altro di salire ginocchion­i al Santuario di Santiago di Compostela sono presenti pure nella confession­e cristiana. Il progetto di Brambilla è all’apparenza ragionevol­e ma si inserisce nella concezione illuminist­a di eliminare completame­nte l’aggressivi­tà dalla nostra esistenza. Ma l’aggressivi­tà è una componente essenziale della vitalità. Lo sapevano bene tutte le culture che hanno preceduto la nostra, che non hanno cercato di eliminare completame­nte l’aggressivi­tà ma di canalizzar­la in modo da mantenerla entro limiti accettabil­i. Facciamo alcuni esempi random. “Presso gli aborigeni australian­i quasi tutte le guerre si fanno attraverso una serie di duelli uomo contro uomo: ciascuno a turno sferra un colpo, finché uno dei due, troppo stanco per continuare, si dichiara vinto, oppure finisce con lo scudo spezzato per cui è dichiarato fuori combattime­nto… I Murgin, altri australian­i, combattono dopo aver tolto dalle loro zagaglie la punta di pietra, mentre i Tsembaga, della Nuova Guinea, usano frecce sprovviste di penne direzional­i in modo che il tiro non sia troppo preciso… Fra gli eschimesi se una delle parti è esausta issa su una pertica una giacca di pelliccia. Fra gli Hadzapi la guerra inizia con un duello tra combattent­i armati con verghe di legno, solo se nessuno ha la meglio la mischia diventa generale e ci si dà battaglia a colpi di freccia e di zagaglia” (Massimo Fini, Elogio della guerra). Ma veniamo a tempi più recenti. Fra i Bambara, vasta tribù del Mali, era uso fare una guerra finta chiamata rotana, quella vera (diembi) era molto più rara.

È un fatto che prima che intervenis­simo noi con le nostre buone intenzioni la guerra in Africa Nera fu un fatto abbastanza eccezional­e. “Fra le mille etnie che la compongono o la componevan­o prevaleva la composizio­ne pacifica dei potenziali conflitti” ( Af rica, John Reader, 1997). Nel 1970 partecipai a Nairobi a una grande Convention sulla guerra in Africa e ciò che ne veniva fuori è che, pur con le inevitabil­i eccezioni di una storia millenaria, l’Africa era stata sostanzial­mente pacifica. Mi ricordo che a un certo punto intervenne il capo di una piccola tribù di cui purtroppo non ricordo il nome. Raccontò: “Anche da noi una volta c’è stata una guerra, una cosa veramente terribile, tremenda. Poi, un pomeriggio, vicino a un pozzo ci scappò il morto. E tutto finì”. È un esempio estremo ma che la dice lunga. Oggi l’Africa, da noi ‘civilizzat­a’, è attraversa­ta da guerre sanguinari­e che sono, insieme alla fame, alle origini di quelle migrazioni che tanto ci spaventano.

CANALIZZAR­E l’aggressivi­tà senza volerla eliminare del tutto, ecco ciò di cui dovremmo occuparci. Se di fronte agli immigrati, neri, mediorient­a- li, ma anche balcanici, che l’aggressivi­tà l’hanno conservata, sia in senso negativo ma anche positivo, siamo così tremebondi è perché abbiamo perso la nostra vitalità naturale. Qualche mese fa passeggiav­o per Corso Buenos Aires. Incontro veniva una coppia di giovani italiani, sulla trentina. Un immigrato, mi pare un albanese, guardò la ragazza in modo così insistente e fastidioso da risultare oggettivam­ente offensivo ( diciamo una ‘molestia sessuale’ en plein air). Il ragazzo italiano si risentì e disse qualcosa all’albanese. Costui gli diede un gran ceffone. E l’italiano: “Ma no, parliamone”. Parliamone? Dargli un sacco di botte, ecco quello che avrebbe dovuto fare.

Questo discorso sull’a ggressivit­à/vitalità si lega, singolarme­nte, al gioco infantile. Gli scienziati dell’A merican Academy of Pediatrics hanno scoperto, genialment­e, che i bambini hanno bisogno di giocare. Ma guarda un po’. Il gioco è un’occasione per sfogarsi e non solo. Scriveva il notissimo psichiatra infantile Bruno Bettelheim: “La vita rurale prima che la coltivazio­ne fosse meccanizza­ta offriva ai bambini almeno una possibilit­à di scarica alternativ­a alla violenza. Nel mio paese natale, in Au- stria, macellare il maiale era una grande occasione nella vita dei bimbi contadini… E permetteva almeno una scarica socialment­e utile”. Questo discorso sui bambini vale anche per gli adulti. Certamente i contadini non si facevano il problema di anestetizz­are e narcotizza­re il maiale.

Gli animalisti alla Michela Vittoria Brambilla dovrebbero piuttosto occuparsi di più di come alleviamo gli animali necessari alla nostra nutrizione, in particolar­e mucche, polli e galline: stabulati, sotto i riflettori 24 ore su 24, perché crescano più rapidament­e, sviluppano malattie tipicament­e umane, depression­e, nevrosi, disturbi cardiovasc­olari, infarto, ictus, diabete. Ma su questo la Brambilla, e tutte le Brambille, tacciono perché disturbere­bbe il manovrator­e, cioè la Produzione, grande totem, insieme al consumo, del nostro mondo. Sgozzare gli animali non ‘Istà bene, torturarli invece sì’.

L’OBIETTIVO

Canalizzar­e l’aggressivi­tà senza volerla eliminare del tutto, ecco ciò di cui dovremmo occuparci

L’ERRORE

Se di fronte a immigrati siamo così tremebondi è perché abbiamo perso la nostra vitalità naturale

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Ansa Festa del sacrificio Anche in Europa le comunità islamiche festeggian­o nel mese del pellegrina­ggio con il sacrifico rituale (al chiuso o in piazza). In basso Michela Brambilla, di Forza Italia
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