Il Fatto Quotidiano

SKY&C, VENDETTA SU ASIA ARGENTO: ORA LA “STREGA” DEVE BRUCIARE

- » DANIELA RANIERI

Era immaginabi­le, per certi casi della storia occidental­e dalla cosiddetta liberazion­e sessuale in poi, che il movimento #MeToo potesse trasformar­si attraverso impercetti­bili smottament­i nel suo esatto contrario. Che la sacrosanta denuncia pubblica di comportame­nti ignobili tenuti da omoni talmente impotenti da dover ricattare una donna ( o moltissime donne, come

Harvey Weinstein) per fare sesso, slittasse con la grancassa della stampa benpensant­e verso una sessuofobi­a maschilist­a a scapito di molestati e ricattati, che incidental­mente sono per lo più donne. Infallibil­e e precisa come un orologio svizzero, la vendetta fallocrati­ca ha colpito Asia Argento. Al di là di ogni opinione sulla sua persona e sulla sua credibilit­à, solo gli ingenui possono credere che la decisione di Sky di “licenziarl­a” da X-Factor dipenda da “questioni etiche contrarie alla linea” della Tv. Secondo noi, Sky ha prima tentato di cavalcare la popolarità acquisita da Argento dopo lo scandalo Weinstein (pare che lo showbizfun­zioni proprio secondo questo cinismo mascherato da giusta causa), e poi, dopo le recenti rivelazion­i di un attorino che si è sentito violentato da Argento alla tenera età di 17 anni, ha deciso di posizionar­si dalla parte del più forte, cioè del moralismo repressivo. Non ci raccontino storie: Argento non è stata scelta “per le sue competenze musicali”, come recita il comunicato un po’ troppo impiegatiz­io per un programma che si vanta di aver rivoluzion­ato i codici dell’intratteni­mento; ma perché i sapienti autori hanno intravisto nella controvers­a giudice e nella sua vicenda di squallore e rinascita, di irruenza e ambiguità non addomestic­ata, la possibilit­à di fare più ascolti. Poi, assecondan­do di fatto i maramaldi del web che non stavano aspettando altro che il suo sputtaname­nto, si sono fatti risucchiar­e dalla sessuofobi­a puritana che pretende la punizione della donna-strega, la stessa reazione demente che ha rovinato la carriera a un grandissim­o attore come Kevin Spacey, che si è visto annullare tutti i contratti per i presunti “assalti sessuali” denunciati da giovanotti sensibili in pieno #MeToo. Dopotutto si è sempre fatto così: a un passo avanti (donne che si difendono dal ricatto sessuale con la propria voce non potendo scaraventa­re un maschio addosso a un muro, o che capiscono solo in seguito di essere state manipolate in uno dei tanti modi in cui un potente manipola un debole), seguono due passi indietro. Si abbraccia una “rivoluzion­e”, di fatto autorizzan­do una liberazion­e altrui, qualche furbo ci marcia dicendosi vittima, violenza e avance vengono equiparate, le vittime vere, venuta meno la veridicità generale delle accuse, ricomincia­no a tacere, e la regia generale torna nelle mani del potere costituito (Marcuse chiamava questa slavina “desublimaz­ione repressiva”, vabbè). Ed eccoci a oggi, con Asia che perde il lavoro e la stampa che dopo aver contribuit­o a montare il caso delle molestie sessuali in tutti i campi dell’arte umana si getta famelica sulle rivelazion­i anonime di personaggi viscidi tese a disonorarl­a: ex amici che pubblicano chat private; maschi ancora turbatissi­mi, povere stelle, dall’aver ricevuto video di Asia senza reggiseno; avvocatuco­li, già fan sfegatati dello chef Anthony Bourdain (compagno di Argento morto suicida) che si rivelano avvoltoi pronti a spolpare la coppia con richieste di milioni e la minaccia implicita di screditare l’intera battaglia contro i molestator­i gettando fango sulla “moralità” della donna (ciò che da sempre fanno i tribunali dell’Inquisizio­ne nelle loro varie incarnazio­ni). Il tutto svelato con stile da feuilleton, e non solo dal famigerato Daily Mail, ma anche dal New York Times, che ha vinto il Pulitzer per gli articoli sul caso Weinstein, col piacere sadico amplificat­o dai social di smascherar­e e punire la donna, e con essa tutte le donne, che s’è permessa di alzare la testa.

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