Il Fatto Quotidiano

INSULTI, SCENATE E FORZATURE SADICHE: L’ITALIA CONTRO L’ITALIA

- FURIO COLOMBO

Quando il capo di metà del governo italiano (vincolato da un contratto ma da nessun principio comune con l’altra metà) ha detto “Non arretrerò di un millimetro”, si è capito che tutto avveniva fuori dalla politica. E dipendeva non da progetti di governo ma da trasalimen­ti di furore caratteria­le non controllab­ile, di una persona isolata dalla media conoscenza del suo tempo e dei fatti umani.

Gli ingredient­i sono: insulti per tutti; una serie di scenate in pubblico del tutto sconnesse con il ruolo istituzion­ale ma anche con la realtà.

STA ACCADENDO che da più di una settimana una nave della Marina militare italiana (Guardia Costiera) non può sbarcare il suo carico umano in un porto italiano (nel caso, prima Lampedusa, poi Catania) perché ha compiuto il gesto di raccoglier­e in mare e salvare d al l’an ne ga me nt o 177 naufraghi in fuga da guerre in terre come Somalia, Eritrea,

Sud Sudan, dunque evidenti titolari del diritto di asilo. I naufraghi, accolti su nave italiana, sono già su Territorio italiano, lo sono dal momento in cui la marina italiana ha impedito che finissero di nuovo in mano ai libici (ci sono parecchie vittime del trattament­o nelle prigioni libiche, a bordo). Lo sono dal momento in cui la marina italiana non è andata a scaricare i naufraghi a Malta (nonostante gli illogici ordini ricevuti) perché sono persone protette dalla nostra bandiera. Ma quando la metà leghista del governo ha detto ai profughi già accolti dall’Italia: “Non mi ubbidite? E io, che posso, vi faccio restare in mare”, ai profughi e alla Guardia Costiera italiana, quel mezzo governo ha violato di colpo leggi, trattati, consuetudi­ni e Costituzio­ne. Ed è incorso nel reato di sequestro di persona e lo ha fatto con la rabbia incontenib­ile con cui avviene un pestaggio fuori da una discoteca. La disputa esiste, ma il furore acceca e porta a volte a conseguenz­e tragiche molto al di là del previsto. A meno che qualcuno si intrometta e cerchi di fermare chi ha perso la testa. Quando il capo del mezzo governo leghista (titolare però di un terzo dei voti) ha preso a insultare, senza potersi fermare, il presidente della Camera, che rappresent­a l’altro partito del contratto, si è capito che, in preda a una incontroll­abile euforia del potere, il leader che stiamo discutendo, andava separato dalla preda e tenuto a distanza non “benché titolare di una simile carica” ma “perché titolare di una simile carica”.

È quello che forse stanno facendo i procurator­i della Repubblica di tre città siciliane, anche a nome del presidente della Repubblica, che difficilme­nte può tollerare la chiusura dei porti italiani alla Marina italiana, per qualunque ragione al mondo. A meno che si tratti di ammutiname­nto e che dunque tutti noi, inconsapev­oli tranne il ministro, stiamo assistendo al caso della corazzata “Diciot ti” che, come la Potiomkin, dell’O ttobre russo, sta dando il segnale di una rivoluzion­e. Ma chi si ribella a chi, se il presidente della Repubblica e le Procure dello Stato danno ragione ai marinai? Fin d al l’inizio della sua cacciata in mare dei reietti, il capo del mezzo governo leghista si era vantato di incredibil­i sondaggi (80 per cento a favore, fonte Sky) che lo sostenevan­o.

Mai dimenticar­e che certe cose (dalla Notte dei Cristalli al Ku Klux Klan) non possono accadere se non c’è una stragrande maggioranz­a di gente favorevole intorno.

LA FOLLA LEGHISTA ha sentito l’odore del sangue o è improvvisa­mente ansiosa di battersi per i confini della Patria. Tutto ciò dopo avere lavorato alla secessione, e mentre prepara i referendum di Lombardia e Veneto per l’autonomia. Ora appare ansiosa di partecipar­e allo scontro Italia contro Italia, così affine alla natura della Lega di Borghezio, Gentilini, Calderoli.

La folla leghista sembra aver capito la trovata crudele: tenere in ostaggio centinaia di salvati, segnati dalle torture nelle carceri libiche e dalla tensione dell’attesa insensata e dunque inspiegabi­le, umiliare la Guardia Costiera ( non si è sentita mai la voce della titolare della Difesa) e profittare del caldo eccessivo del sole di agosto per far capire ai “negri” di questo esemplare episodio del governare con mano ferma, che “la pacchia è finita”. E che, come ha detto il capo dell’altro mezzo governo, ricordando i caduti di Marcinelle, l’importante è non emigrare.

Il nostro uomo però non si placa. Dice che sta adottando il metodo australian­o, (abbandono di profughi in isole deserte) considerat­o disumano persino da Putin.

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