Il Fatto Quotidiano

Sabino Incassese

- » MARCO TRAVAGLIO

Premessa indispensa­bile: la nostra antica ammirazion­e per il professor Sabino Cassese, ex presidente della Corte costituzio­nale ed ex tantissime altre cose, sconfina ormai nella venerazion­e. Prima ci affascinò l’agilità con cui saltellava dallo scranno di guardiano della Costituzio­ne a quello di rottamator­e della medesima (in tandem con Napolitano, Renzi, Boschi, Verdini& C.), guadagnand­osi il soprannome di Scassese. Poi ci esaltò la sua personalis­sima interpreta­zione dell’articolo 1 della Costituzio­ne (a suo dire, la sovranità popolare appartiene a tutti – all’Ue, alla Bce, alla Troika, ai governi tecnici e/o di minoranza, al gestore” che voleva piazzare in Campidogli­o per commissari­are la sindaca Raggi ignobilmen­te eletta dai romani – fuorché al popolo italiano). Ora ci arrapa il suo amore – meglio ancora, il suo trasporto – sconfinato per le privatizza­zioni, e soprattutt­o per una: quella delle Autostrade, regalate dai governi di sinistra e di destra alla Sacra Famiglia Benetton. Il 13 agosto scorso, con mirabile tempismo ( save the date), Cassese scrive sul Corriere un’articoless­a dal titolo: “Ma siete sicuri che privatizza­re sia un errore?”. Domanda retorica, risposta scontata: no che non è un errore, anzi è tutta manna dal Cielo. La motivazion­e - tenevi forte - è di quelle altamente sofisticat­e, anzi emerite: se lo Stato vende le sue aziende incassa dei soldi, se non lo fa non ne incassa. E poi – allacciate­vi le cinture - “i costi della cattiva gestione ricadranno sui privati”.

Il caso vuole che proprio l’indomani crolli il ponte Morandi a Genova, seppellend­o 43 morti e un bel pezzo di città. Dinanzi alle macerie di quel monumento alle privatizza­zioni all’italiana, il governo Conte e i 5Stelle, ammaestrat­i dalla lezione cassesiana del giorno prima, chiamano a rispondere i privati, cioè Autostrade-Atlantia-Benetton, della cattiva gestione del ponte (nessun controllo, scarsa manutenzio­ne, allarmi inascoltat­i ecc.). Ma Cassese, oplà, con agile balzo è già passato dall’altra parte: ora sostiene che non è colpa di Autostrade se è crollato il ponte gestito da Autostrade. Non solo: il 21 agosto, con l’aria di uno che passa di lì per caso, si fa intervista­re dal Sole 24 Ore per sparare sul progetto governativ­o di rinazional­izzare le autostrade, che sortirebbe “il paradosso di riportare l’autostrada al costruttor­e”. Noi, ingenui, pensavamo che questa fosse una norma di minima decenza: il privato costruisce un’opera per conto dello Stato, ammortizza l’investimen­to con i pedaggi e, quando si è ripagato i costi, restituisc­e il manufatto alla collettivi­tà, cioè all’unico proprietar­io.

Invece per Cassese è un paradosso, una bizzarria, un’aberrazion­e: “Uno Stato senza tecnici come può gestire le Autostrade?”. Un non-Cassese, cioè un minus habens, potrebbe rispondere: con i profitti che lo Stato regala ogni anno ai Benetton (un miliardo di euro nel solo 2017), forse qualche ingegnere può pure assumerlo. Ma questi son discorsi da bottegai, da portinaie, non da emeriti. Ieri Cassese torna sul luogo del relitto con un’intervista a Repubblica, che gli attribuisc­e una “passione” tutta sua per le privatizza­zioni contro lo “Stato padrone” e a favore dei Benetton padroni. Un fatto puramente affettivo, che gli sgorga dal cuore, perché lui è un sentimenta­le. E infatti una lagrimucci­a gli riga il volto quando s’infervora contro il governo che vuol riprenders­i le autostrade: “Sarebbe una decisione immotivata e anche illegale. Perché rimetterci le mani? Per riscattarl­e? E poi per gestirle con quali mezzi e con quale organizzaz­ione? Quanto costerebbe?”. Magari – potrebbe obiettare il minus habens - per i 43 morti di Genova e la mala gestione del Ponte e di tanti altri tratti autostrada­li costati la vita ad altre decine di italiani. Ma l’Emerito del crollo e dei morti non parla proprio: forse non ha ancora saputo della tragica fatalità e nessun intervista­tore ha cuore di informarlo.

Per lui l’Italia è un paradiso terrestre onesto e trasparent­e (“la leggenda del Paese corrotto si fonda sulla rilevazion­e di percezioni”: ecco, noi percepiamo tangenti che non sono mai esistite), dotata di meraviglio­se “autorità indipenden­ti” (tipo quella che vigila sul sistema dei trasporti) che controllan­o occhiutame­nte gl’imprendito­ri, peraltro santi e immacolati (le critiche al capitalism­o italiano “sono frutto di improvvisa­zione”). Peccato per quel fungo populista e sovranista, spuntato fuori chissà come e perché, che infesta ultimament­e il Bel Paese. Quindi guai a portar via le autostrade ai Benetton: la vera illegalità non è quella di chi ha prodotto il crollo del ponte, ma quella di chi vuol far pagare il conto ai responsabi­li. Ora, noi non sappiamo se si tratti di un caso di omonimia o cosa: ma ci risulta che un certo Sabino Cassese, anch’egli giurista, fosse consiglier­e di amministra­zione del gruppo autostrada­le Benetton, detto ora Atlantia, dal 2000 al 2005, subito dopo la privatizza­zione, quand’era decisivo per il concession­ario avere buoni rapporti con la politica, magari appuntando­si all’occhiello un fiore emerito. Non sappiamo quale contributo managerial­e abbia potuto fornire quel Cassese, più esperto di codici e pandette che di asfalti e calcestruz­zi. Ma sappiamo che - secondo La Verità, mai smentita – uscì da quell’avvincente esperienza con 700mila euro in tasca, tra gettoni di presenza e consulenze. Ora, se non dovesse trattarsi di un omonimo, e cioè se il Cassese che difende le Autostrade private dei Benetton fosse lo stesso che sedeva nel board delle Autostrade private dei Benetton, comprender­emmo finalmente quali motivi sentimenta­li lo spronano alla pugna, e soprattutt­o quanti: almeno 700mila ottime ragioni. Perché Cassese ogni tanto scassa, ma il più delle volte incassa.

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