Lezioni da Berna e Berlino per evitare il crollo dei ponti
Dopo l’incidente del Morandi oltre confine partono i controlli a tappeto in Germania e Svizzera, anche coi droni
Dopo 4 giorni dalla tragedia del crollo del ponte Morandi l’Ustra, l’Ufficio federale svizzero delle strade che gestisce le infrastrutture, tra cui migliaia di viadotti, ha rassicurato l’opinione pubblica svizzera sulla sicurezza dei loro ponti. A due giorni dal disastro invece, il ministro dei Trasporti tedesco Andreas Scheuer ha detto che è già pronto il Bundesverkehrswegeplan il piano delle infrastrutture dei trasporti federale con 2,9 miliardi per la manutenzione dei ponti e delle strade.
IN UN'INTERVISTA a Sef News (portale web della televisione svizzera tedesca) Thomas Rohrbach, portavoce dell’Ustra, ha ricordato che la Svizzera conta circa 1.500 ponti e 1.600 cavalcavia e di questi solo una quarantina sarebbe in stato critico: “Il nostro compito è di garantire che i ponti autostradali possano essere sempre percorribili in modo sicuro, un crollo di un ponte è semplicemente impossibile, anche quando le condizioni sono un po’ inconsuete”.
Rohrbach afferma che tutti i ponti autostradali svizzeri sono ispezionati con controlli visivi continui e con ispezioni accurate ogni cinque anni: “È un lavoro perpetuo. Non si finisce mai di esaminare i ponti”. Per controllare quelli più alti, l'Ufficio federale usa anche i droni.
Per quanto riguarda la situazione tedesca, il ministro dei trasporti Scheuer ha ricordato di avere pronto un piano delle infrastrutture dei trasporti federale che indica risorse e metodi di controllo dei ponti della rete tedesca: 40.000 sono di competenza dello stato, di cui 2.500 hanno bisogno di un risanamento urgente, di cui 1.500 sulle autostrade (che non sono private) e 1.000 sulle strade statali. Sono a disposizione 1,3 miliardi per il 2018, ma l’importo dovrebbe salire a 1,6 miliardi l'anno nel 2022. Il principio utilizzato per ogni ponte è un controllo dettagliato di primo livello ogni 3 anni e di secondo livello ogni 6 anni. Ci sono poi le ispezioni visive ogni 6 mesi. Su tanti ponti autostradali la velocità è ridotta a 80 km/h o anche 60 km/h per i camion (spesso accompagnato da un autovelox prima del ponte) e che in alcuni casi le due corsie per senso di marcia sul ponte sono ridotte ad una sola. C'è qualche coda, ma si va piano e non si corrono rischi.
In questi giorni in Italia si è assistito alle più svariate forme di denuncia dei ponti insicuri e ammalorati. Sembrata quasi una caccia ai fondi: il primo Comune, Provincia o Regione che individua l’infrastruttura malata spera di farsi finanziare l’int ervento necessario. Questo è il caos, frutto di una gestione disastrosa della rete autostradale e della rete statale e provinciale italiana. Le autostrade hanno i soldi ma non li spendono, l’Anas ha contenziosi per 9 miliardi e una gestione da riformare e le Province, dopo la legge Delrio, hanno lasciato in fondo alle loro priorità le strade. A gennaio scorso, l’ex ministro dei trasporti Graziano Delrio ha annunciato un mega-piano da 123 miliardi per trasporti più sostenibili, “Connettere l’Italia”. Tante le buone intenzioni, tra cui il rilancio del ferro e la ristrutturazione dell’autotrasporto, destinate purtroppo a restare lettera morta, mentre le lobby delle strade godevano delle proroghe delle concessioni.
IL PARADOSSO è che tra i Paesi che puntano sul trasporto ferroviario come la Svizzera e la Germania (la cui quota modale è rispettivamente del 48 per cento e del 24 per cento) tengono in massima efficienza e sicurezza le strade e le autostrade, mentre l’Italia che detiene una quota modale dell’8 per cento su ferro ed è squilibrata verso il trasporto su strada ha una rete colabrodo e pericolosa a cui si aggiunge, dopo il disastro di Pioltello, anche quella ferroviaria.
La situazione a Roma
Da noi i concessionari hanno i soldi ma non spendono, l’Anas ha 9 miliardi di contenziosi