Il Fatto Quotidiano

Allegri mangia la Lazio, CR7 a bocca asciutta

Il “marziano” non si sblocca. A segnare ci pensano Pjanic e Mandzukic

- » ROBERTO BECCANTINI

In attesa che venga quel giorno (il giorno del primo gol), Cristiano Ronaldo è passato dal battesimo ufficiale di Verona, con il Chievo, al l’esordio casalingo, che i sentimenti e i risentimen­ti del mercato hanno abbinato al ritorno di Bonucci: 2-0 alla Lazio. Si parla di Ronaldo, ma sarebbe più corretto scrivere della Juventus “con” Cristiano e non ancora “di” Cristiano. Il risultato l’hanno scavato le reti di Pjanic e Mandzukic, il mutuo soccorso, gli occhi di tigre. Non l’extraterre­stre.

Non dire gatto se non l’hai nel sacco, ammoniva il buon vecchio Trap. E difatti, Cristiano o non Cristiano, la Lazio non arretra di una zolla: la spinga indietro Madama, se ci tiene e se ci riesce. Inzaghi ha recuperato Lulic e Lucas Leiva; Allegri, lui, trasloca dal 4-2-3-1 al 4-3-3 con Mandzukic e Bernardesc­hi titolari, Dybala e Douglas Costa in panca. C’è chi può.

È una partita che frulla le azioni, con un arbitro, Irrati, che fischia poco. Cristiano parte da sinistra, atteso al varco dalle catene di Wallace e dalle manette di Acerbi. Il centrocamp­o laziale dispiega Milinkovic- Savic, Parolo e Leiva, più Marusic e Lulic sulle fasce. Attorno a Pjanic, ecco il regolarist­a Khedira e il tremendist­a Matuidi. Da un errore della bussola bosniaca nasce una raffica di Lulic che Szczesny smorza in angolo. Poi c’è un palo di Khedira, e una Juventus, più in generale, che vive di momenti, di pulsioni, di caccia al tesoro: sappiamo chi è.

FA SORRIDERE un “dittatore” che mendichi munizioni. Cristiano fiuta l’aria e l’area, ma i primi applausi li strappa arre- trando in difesa, a smistare il traffico: la scuola Allegri non fa prigionier­i. L’ordalia si snoda su un equilibrio gradevole che Pjanic spacca, d’improvviso, con un drop dalla lunetta.

Siamo alla mezz’ora, Juventus e Lazio continuano a rincorrers­i e graffiarsi nel tentativo di rubarsi il contropied­e, cosa che riesce a Parolo al 35’, su lancio calibrato di Luis Alberto: non c’è Bonucci, e non c’è neppure Chiellini, rimedia Szczesny. Tiri di Cristiano? Una telefonati­na a Strakosha, per ora. E anche una gelida manina, a correggere una sventola di Bernardesc­hi, che a un comune mortale sarebbe costato il giallo. Abbiate fede.

ALLA RIPRESA, succede una cosa che succede spesso: i campioni rinculano, gli sfidanti occupano il centro del ring. Luis Alberto da lontano, Immobile in mischia: non saranno ancora prove, ma sono tracce. Allegri richiama Bernardesc­hi, calato, e sguinzagli­a Douglas Costa. Il marziano va di punizione (barriera, facile) e di testa (alto, sospiri). Briciole d’autore. Venti di riscossa.

Simone avvicenda Parolo e Luis Alberto, altalenant­i, con Badelj e Correa. I cross di Cancelo e Alex Sandro sono parabole sbiadite, ogni tanto la Juventus torna la cassa di rispar- mio che il popolo non sempre apprezza. Fino a quando, almeno, Cristiano non esplode un razzo che catapulta Strakosha in copertina.

Di Pjanic ricorderem­o il gol, non altro. Lo rileva Emre Can. Si procede per sentieri intasati, per episodi. Sconta, la Lazio, il mestiere dei rivali. Il raddoppio piomba sulla gara al 75’. Lo fabbrica il rasoio di Cancelo, lo sfiora (di carambola e di tacco) Cristiano in persona, lo stampa Mandzukic.

Durmisi dà il cambio a un Milinkovic minore, Bentancur a un generoso Khedira. La Lazio, a cominciare da Immobile, issa segnali di resa: non è più la combriccol­a spavalda che la scorsa stagione vinse sia in Supercoppa sia a Torino.

Gira e rigira, resta la grande domanda marzullian­a: se la Juventus che vince non è più una notizia, Cristiano che non ha ancora segnato cos’è?

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Ansa Prima rete Pjanic sta per calciare il pallone dell’1-0

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