Allegri mangia la Lazio, CR7 a bocca asciutta
Il “marziano” non si sblocca. A segnare ci pensano Pjanic e Mandzukic
In attesa che venga quel giorno (il giorno del primo gol), Cristiano Ronaldo è passato dal battesimo ufficiale di Verona, con il Chievo, al l’esordio casalingo, che i sentimenti e i risentimenti del mercato hanno abbinato al ritorno di Bonucci: 2-0 alla Lazio. Si parla di Ronaldo, ma sarebbe più corretto scrivere della Juventus “con” Cristiano e non ancora “di” Cristiano. Il risultato l’hanno scavato le reti di Pjanic e Mandzukic, il mutuo soccorso, gli occhi di tigre. Non l’extraterrestre.
Non dire gatto se non l’hai nel sacco, ammoniva il buon vecchio Trap. E difatti, Cristiano o non Cristiano, la Lazio non arretra di una zolla: la spinga indietro Madama, se ci tiene e se ci riesce. Inzaghi ha recuperato Lulic e Lucas Leiva; Allegri, lui, trasloca dal 4-2-3-1 al 4-3-3 con Mandzukic e Bernardeschi titolari, Dybala e Douglas Costa in panca. C’è chi può.
È una partita che frulla le azioni, con un arbitro, Irrati, che fischia poco. Cristiano parte da sinistra, atteso al varco dalle catene di Wallace e dalle manette di Acerbi. Il centrocampo laziale dispiega Milinkovic- Savic, Parolo e Leiva, più Marusic e Lulic sulle fasce. Attorno a Pjanic, ecco il regolarista Khedira e il tremendista Matuidi. Da un errore della bussola bosniaca nasce una raffica di Lulic che Szczesny smorza in angolo. Poi c’è un palo di Khedira, e una Juventus, più in generale, che vive di momenti, di pulsioni, di caccia al tesoro: sappiamo chi è.
FA SORRIDERE un “dittatore” che mendichi munizioni. Cristiano fiuta l’aria e l’area, ma i primi applausi li strappa arre- trando in difesa, a smistare il traffico: la scuola Allegri non fa prigionieri. L’ordalia si snoda su un equilibrio gradevole che Pjanic spacca, d’improvviso, con un drop dalla lunetta.
Siamo alla mezz’ora, Juventus e Lazio continuano a rincorrersi e graffiarsi nel tentativo di rubarsi il contropiede, cosa che riesce a Parolo al 35’, su lancio calibrato di Luis Alberto: non c’è Bonucci, e non c’è neppure Chiellini, rimedia Szczesny. Tiri di Cristiano? Una telefonatina a Strakosha, per ora. E anche una gelida manina, a correggere una sventola di Bernardeschi, che a un comune mortale sarebbe costato il giallo. Abbiate fede.
ALLA RIPRESA, succede una cosa che succede spesso: i campioni rinculano, gli sfidanti occupano il centro del ring. Luis Alberto da lontano, Immobile in mischia: non saranno ancora prove, ma sono tracce. Allegri richiama Bernardeschi, calato, e sguinzaglia Douglas Costa. Il marziano va di punizione (barriera, facile) e di testa (alto, sospiri). Briciole d’autore. Venti di riscossa.
Simone avvicenda Parolo e Luis Alberto, altalenanti, con Badelj e Correa. I cross di Cancelo e Alex Sandro sono parabole sbiadite, ogni tanto la Juventus torna la cassa di rispar- mio che il popolo non sempre apprezza. Fino a quando, almeno, Cristiano non esplode un razzo che catapulta Strakosha in copertina.
Di Pjanic ricorderemo il gol, non altro. Lo rileva Emre Can. Si procede per sentieri intasati, per episodi. Sconta, la Lazio, il mestiere dei rivali. Il raddoppio piomba sulla gara al 75’. Lo fabbrica il rasoio di Cancelo, lo sfiora (di carambola e di tacco) Cristiano in persona, lo stampa Mandzukic.
Durmisi dà il cambio a un Milinkovic minore, Bentancur a un generoso Khedira. La Lazio, a cominciare da Immobile, issa segnali di resa: non è più la combriccola spavalda che la scorsa stagione vinse sia in Supercoppa sia a Torino.
Gira e rigira, resta la grande domanda marzulliana: se la Juventus che vince non è più una notizia, Cristiano che non ha ancora segnato cos’è?