Benetton, un altro regalo: l’aeroporto più lucroso di tutti
Ora il governo mette nel mirino il trattamento di favore deciso da FI e Pd nel 2012 per Fiumicino
■ Quello di Roma è lo scalo più caro d’Italia: ogni aereo in partenza o in arrivo deve pagare una tariffa media di 30,94 euro, più del doppio rispetto a Catania o Bergamo. Fu Monti a firmare l’aumento
Fiumicino è l’aeroporto più caro d’Italia, ogni aereo in partenza o in arrivo deve pagare una tariffa più alta che altrove al concessionario dello scalo, Aeroporti di Roma-Adr, società dei Benetton. A Roma si pagano in media 30,94 euro, più del doppio rispetto, per esempio, a Catania o Bergamo (13,39 e 13,66 euro). Ma molto di più anche nei confronti di Bologna ( 17,11 euro), Napoli (22,50), Venezia (22,98) e Milano-Linate (25,13). Siccome il peso delle tariffe alla fine viene scaricato sui biglietti aerei, sono i passeggeri a dover versare il contributo maggiorato ai Benetton. Insomma, se i 3 mila chilometri di autostrade sono il bancomat numero 1 dei Benetton, lo scalo romano è il bancomat numero 2. Tutto ovviamente avviene nel rispetto rigoroso delle leggi, ma il punto è che sia per le autostrade sia per l'aeroporto di Roma leggi e concessioni sembrano fatte su misura per i Benetton. Nel caso dello scalo di Roma sembrano fatte proprio dai Benetton, cioè dai loro manager come Fabrizio Palenzona e Gianni Mion. I quali non hanno dovuto neanche bussare alle porte dei ministri per farsi ascoltare, quelle porte le hanno trovate sempre spalancate.
PALENZONA è il presidente sia dell'associazione delle autostrade (Aiscat) sia degli aeroporti (Assaeroporti). È lui la mente del doppio bancomat dei Benetton. Per le autostrade, quando ancora era legatissimo ai Gavio, l'altra famiglia dei signori del casello, come presidente dell'Aiscat organizzò un sistema che ha indorato i concessionari. Per quanto riguarda il bancomat 2, cioè Fiumicino, da presidente Adr ha inventato il metodo che ha consentito all'aeroporto romano di diventare una macchina da soldi, capace di distribuire agli azionisti un dividendo di 720 milioni di euro negli ultimi 5 anni. Tre mesi fa, a un convegno dell'Enac (Ente per l'aviazione civile), Palenzona lo ha rivelato papale papale: “Ci siamo inventati una legge – ha scandito – un piccolo emendamento che consentisse i contratti in deroga”.
I contratti in deroga sono il sistema fissato per legge nel 2009 che consente a Fiumicino di avvantaggiarsi per un decennio con un regime tariffario estremamente favorevole e diverso da quello della maggior parte degli altri aeroporti italiani. Insieme a Fiumicino quel criterio è stato applicato solo a Milano-Linate e Venezia, ma più per un'esigenza di copertura dei destinatari veri del privilegio, cioè i Benetton, che per altro. La giustificazione per la creazione di un trattamento particolare fu la necessità di raddoppiare l'aeroporto romano nei terreni a nord dell'attuale sedime (che andrebbero espropriati e sono in larga parte dei Benetton). Alla base della richiesta c'era una previsione di traffico che si è dimostrata infondata.
La svolta ci fu nel 2012. In quell'anno fu istituita per legge l'Autorità di regolazione dei trasporti (Art) e i Benetton temettero che i loro interessi aeroportuali potessero andare in fumo. La legge istitutiva dell'Art prevedeva che l'Enac, con cui avevano alacremente lavorato fino a quel momento, avrebbe potuto continuare a occuparsi di tariffe solo in via transitoria, in attesa che la stessa Art entrasse in funzione. Dal punto di vista dei Benetton a quel punto era necessario dare la sveglia. Ci pensò Gianni Mion, presidente di Sintonia, la holding del gruppo, con una lunga lettera aperta al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al capo del governo, Mario Monti e una sfilza di ministri, pubblicata il 13 dicembre su Repubblica e Corriere della Sera e all’estero sul Financial Times e Wall Street Journal. Con quello scritto Mion intimava al governo di darsi una mossa per impedire che “la società Adr sia gettata sine die in una insostenibile situazione di incertezza normativa”.
DETTO, FATTO: appena nove giorni dopo, il presidente del Consiglio, Mario Monti, ancorché dimissionario, alla vigilia di Natale firmò il decreto per l'aumento delle tariffe a Fiumicino di circa 10 euro, primo passo per il gigantesco raddoppio dell'aeroporto da 18 miliardi di euro. Ora il governo, fanno sapere fonti ministeriali, sta studiando anche le concessioni autostradali per rimetterle in discussione.
L'Autorità dei trasporti aspettò altri tre anni per entrare in funzione. Nel frattempo la Ue ha aperto una procedura di infrazione perché considera l'Enac non un ente terzo di regolazione, ma dipendente dal governo.
L’ex premier nel 2012 Monti firmò il decreto per l’aumento. Ora il governo promette che rivedrà le concessioni