Il Fatto Quotidiano

Consob, il presidente Nava dà lo stop alla sanzione a Telecom

Decisivo Operazione Canal Plus, il presidente usa il voto doppio per bocciare la multa. Il legale della società, Zoppini, sponsor di Conte

- » GIORGIO MELETTI Twitter @giorgiomel­etti

■Il capo della commission­e di vigilanza usa il suo voto doppio per fermare (e secretare) il procedimen­to sanzionato­rio per le irregolari­tà nelle trattative con Canal Plus (gruppo Vivendi)

La notifica della Consob è arrivata in questi giorni al numero uno di Telecom Italia Amos Genish ed è per lui una buona notizia. L’authority per i mercati finanziari ha infatti deciso di archiviare il procedimen­to sanzionato­rio a carico del colosso telefonico che era stato accusato l’anno scorso di irregolari­tà nelle trattative con Canal Plus ( controllat­a dal suo azionista Vivendi) per una joint venture in conflitto d’interessi. E qui finiscono le buone notizie, perché dietro una vicenda apparentem­ente minore c’è il caso esplosivo del presidente della Consob Mario Nava che rischia di mettere in ulteriore serio imbarazzo il governo Conte.

Nava, a quanto raccontano i bene informati, avrebbe imposto alla Commission­e, facendo valere il suo voto doppio, un’inopinata archiviazi­one per un fascicolo che gli uffici avevano trasmesso ai vertici con proposta di sanzione. Lo stesso Giovanni Diele, l’avvocato 34enne a cui il capo dello studio Andrea Zoppini aveva affidato la pratica e che ha portato a casa una vittoria a sorpresa, si era appellato alla clemenza della corte, protestand­o la buona fede della Telecom. Del resto le irregolari­tà erano palesi, e denunciate in corso d’opera prima dal consiglier­e indipenden­te Lucia Calvosa, presidente del comitato consiliare Controllo e rischi di Tim, e poi addirittur­a dal collegio sindacale del gruppo telefonico con una segnalazio­ne alla stessa Consob.

DOVEROSA PARENTESI. In Italia la democrazia è ostaggio dell’arma totale in mano a magistrati e burocrati: il segreto d’ufficio. Può accadere, com’è accaduto, che il collegio sindacale di una grande società quotata segnali alla Consob un illecito ai danni gli azionisti e del mercato; che la Consob indaghi per mesi su questa presunta irregolari­tà e la segnali a sua volta alla procura della Repubblica; che la commission­e decida con un voto di misura l’archiviazi­one e che tutto il fascicolo venga secretato perché così dice la legge. Gli azionisti della Telecom non sapranno mai di che cosa era accusata la società, quali elementi avevano raccolto gli inquirenti e per quali ragioni sia stata decisa l’archiviazi­one. Anzi, per la precisione, alla Consob è vietato dalla legge dare notizia della stessa archiviazi­one.

Le voci però corrono, almeno fino a quando non saranno vietate anch’esse per legge. Dicono che dei cinque commissari Consob due erano a fa- vore della sanzione (Giuseppe Maria Berruti e Paolo Ciocca), due contrari (il presidente Nava e Carmine Di Noia) mentre la quinta, Anna Genovese, non ha partecipat­o alla votazione perché in missione altrove. Peraltro la sua partecipaz­ione al voto sarebbe stata in sé imbarazzan­te perché, prima di diventare commissari­a Consob, ha militato come consulente dello studio di Zoppini. In ogni caso Nava ha fatto valere il suo voto doppio in caso di parità e così il procedimen­to a carico di Telecom Italia ha subito un fenomeno di tipo soprannatu­rale, difficilme­nte definibile tecnicamen­te. Potremmo chiamarlo svaporamen­to nell’iperuranio dell’inconoscib­ile.

LA MOSSA DI NAVAha fatto felice il potente Zoppini proprio in un momento critico per la presidenza Consob, che è stata attribuita dal governo Gentiloni ignorando la violazione delle norme costituita dal rifiuto di Nava di mettersi in aspettativ­a (come prescrive la legge) da dirigente della Commission­e europea.

La vicenda non è infatti avulsa da un dettaglio di scenario raccontato nel giugno scorso da Emiliano Fittipaldi sull’Espresso: quando il presidente Sergio Mattarella si sen- tì proporre Giuseppe Conte come premier, non sapendo chi fosse, chiese al fidato presidente del Consiglio di Stato Alessandro Pajno e “al gruppo di profession­isti e grand commisdi Stato capeggiato da Giulio Napolitano, figlio del presidente emerito Giorgio, e dall’avvocato Andrea Zoppini, entrambi grandi amici del figlio di Mattarella, Bernardo Giorgio”. E proprio ieri sera Nava è tornato sull’argomento con parole quasi sprezzanti, ostentando la sicurezza di chi si sente le spalle super coperte: sulla sua nomina, ha detto, sono intervenut­e “quattro istituzion­i, validando l’atto”, ed è la stessa linea autorevome­nte sostenuta sul Corriere delle Sera da Sabino Cassese, maestro e nume tutelare dei nuovi potenti Napolitano jr e Zoppini. Poi Nava ha aggiunto: “Due mesi fa Conte mi ha chiesto i documenti, che gli ho dato. Da allora non ho più saputo niente, presumo vada tutto bene. Io vado avanti, sono tranquilli­ssimo. Dimettermi? Nessuno me lo ha chiesto, io faccio il mio lavoro, bado alla sostanza”. Quanto ai malumori soprattutt­o del mondo Cinquestel­le, Nava li ha liquidati così: “Se ci fosse qualcosa, credo che me lo avrebbero detto. Trovo ridicolo che si parli di una polemica da sei mesi. Ci sono stati tutti i chiariment­i possibili, ma la polemica continua”.

Governo imbarazzat­o È già contro legge perché in comando dall’Ue: “Non lascio” Ora deciderà il premier

NELLE PROSSIME ORE sapremo se la sfrontata fiducia nella debolezza (o nella complicità) del premier Conte è stata ben riposta. Intanto Nava continua a presiedere la Consob, come dichiarato dal commissari­o Gunter Oettinger, “comandato nell’interesse della Commission­e europea”.

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LaPresse Mario Nava e sopra a destra, Amos Genish
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