S’indaga sulla lettera che assolve Aspi
Ascoltati la donna che spedì la missiva e il tecnico del ministero che la ricevette
La lettera, finita sulle scrivanie del ministero, che assolveva Autostrade e puntava il dito sul progetto originario del ponte: di questo hanno parlato i primi due testimoni dell’inchiesta sul Morandi sfilati ieri pomeriggio in Procura a Genova, Chiara Murano, dirigente marketing della società di consulenza ingegneristica Cesi, ed Enrico Valeri, responsabile coordinamento viabilità autostrade. Nessuno dei due risulta indagato.
LA STORIA, rivelata già due giorni dopo il crollo dal Fatto, ha subito interessato la Procura. Che sta cercando di appurare se vi siano state pressioni di qualsiasi tipo sull’accertamento della verità dopo il crollo. I pm hanno chiesto ai due testimoni di ricostruire come sia nata la mail inviata da Murano a Valeri dodici ore dopo il crollo, a mezzanotte e otto minuti del 15 agosto. In particolare gli inquirenti sono stati colpiti dal passaggio in cui la donna, che non risulta svolgere mansioni tecniche presso Cesi, scrive testualmente: “A nostro avviso il ponte ha mantenuto pressoché inalterata la sua risposta dinamica nel tempo, nonostante la vetustà della struttura, il variare delle con- dizioni di traffico, la particolare esposizione ambientale e la severa esposizione al rischio idrogeologico dell’aria. Dal nostro punto di vista, le attività di gestione e sorveglianza del ponte sono state adeguate e svolte con la dovuta diligenza. Riteniamo piuttosto che le cause di quanto tragicamente occorso siano da rintracciarsi nel vizio progettuale originario di una struttura complessa e inconsueta (d’altra parte ci sono soltanto tre ponti Morandi nel mondo) e che questo possa aver generato un collasso imprevisto e non riconducibile ai parametri dell’ingegneria classica”.
Un’assoluzione di Autostrade che ha stupito il ministero e gli inquirenti perché invece lo studio tecnico compiuto da Cesi sollevava dubbi sulle condizioni del ponte e suggeriva ad Autostrade di aumentare i controlli sulla struttura con un monitoraggio di- namico. Perché allora, hanno voluto sapere i pm, Murano scrive “a nostro avviso” e parla al plurale chiamando così in causa anche l’intera società? Cesi sconfessa l’affermazione della sua dipendente: “La dirigente non ha parlato a nome nostro”.
Ma il punto è soprattutto un altro: perché e da chi l’email, compresa di questa parte essenziale, è stata poi girata al ministero delle I n f ra s t r u tt u r e che l’ha ricevuta tra le prime carte il giorno dopo il disastro?
Una circostanza di cui il Fatto ha prova documentale.
Murano e Valeri sono stati sentiti nello stesso momento, in due stanze separate.
Il dirigente di Autostrade riferisce: “Il 14 agosto, appena dopo il disastro, era in corso una riunione.
FU CHIESTOdi reperire lo studio del Cesi, risalente al febbraio 2016, insieme con la consulenza del Politecnico di Milano”, che conteneva anch’essa motivi di allarme. “Poiché conoscevo Murano mi sono offerto di chiamarla subito, perché il giorno dopo era Ferragosto e non ci sarebbe stato nessuno”. Pressioni da parte di Autostrade? “Nessuna”. Ma chi ha girato l’email al ministero? “Non ne ho la minima idea. Non noi”. Eppure sul tavolo del ministero il 16 agosto la mail c’era.
Il Morandi Email inoltrata 12 ore dopo la tragedia dalla stessa società che aveva fatto report sulle criticità