“La tivù deve affrontare l’attualità. Come i migranti”
GIGI PROIETTI Da stasera torna il cronista di nera di “Una pallottola nel cuore”: “Sembra un’affermazione molto semplice, ma oggi chi vuole davvero la verità?”
“Un tempo ci avevo fatto pure un sonetto: se vuoi realizzare una fiction di successo ci devi mettere un prete, un carabiniere o un medico. Ci abbiamo messo un giornalista, e funziona. Ho dato pure una mano alla categoria...”. Gigi Proietti non perde mai la capacità di sorridere e far sorridere, anche quando, nei panni del cronista di nera Bruno Palmieri (“uno vecchio stampo”) deve indagare sul brutale omicidio del suo amico poliziotto, ed ex fidanzato di sua figlia, Enrico Vella.
DA OGGI IN PRIMA serata su Rai Uno, tornano le inchieste di “Una pallottola nel cuore” e del Messaggero , la cui sede (reale) viene mostrata in continuazione, vice diretto – ed è una delle novità di questa terza stagione – da Maddalena (Francesca Inaudi), figlia di Bruno appena rientrata da Milano. Ad aprire i sei film-tv una puntata che sembra quasi un monito: su richiesta proprio della figlia, pressata a sua volta da un politico, Palmieri si troverà a indagare sul rogo di un Centro di identificazione ed espulsione avvenuto anni prima ma rimasto senza colpevoli. Lasciando sullo sfondo le speculazioni edilizie sui terreni del Cie, quello che è emerge è il clima anti-immigrati cui le letture politiche ci stanno abi- tuando: “Sia chiaro: io non sono un razzista, ma ’sti negri de merda...” si sente dire al boss della zona. Che lancia poi un chiaro riferimento ai giornalisti che indagano troppo e finiscono con il naso rotto da una testata. Ostia docet. “Nessuno vuole fare spettacoli o film che risolvano i problemi – spiega Proietti al Fatto – ma è giusto che se ne parli a livello popolare, che gli ambienti siano ben riconoscibili. Il personaggio è un cronista di nera, quindi l’argomento non viene ‘politicizzato’, ma è un dovere parlare di temi e di ambienti che ci riguardano”.
Bruno Palmieri non è uno che rimane seduto alla scrivania: affiancato dal fido fotografo del giornale Fiocchi (Marco Marzocca), ha bisogno della “strada” per lavorare. Cosa che nei giornali (reali) si fa sempre meno: “Questo me lo dite in molti – ancora Proietti –. Ma lui è uno di prima, uno che vuole la verità. Sembra un’ affermazione molto semplice, ma chi la vuole davvero la verità? Lo colpisce di più ciò che è rimasto irrisolto, perché se una cosa è irrisolta da dieci anni vuol di- re che ci sono persone che soffrono a vuoto. Questo è il senso etico della serie”. Che alterna momenti di grande drammaticità a battute molto divertenti (Proietti ne ha curato anche la sceneggiatura). Fatti salvi qualche sbavatura retorica e qualche stereotipo (vedi alla voce: bullismo a scuola), la regia è accurata (Luca Manfredi) e il cast è di buon livello: oltre agli attori già citati, Mariella Valentini veste i panni di Veronica, Paola Minaccioni quelli di Luisa Renzoni, Carlotta Proietti quelli di Marzia, e ci sono i due giovani Blu Yoshimi (Francesca) e Lorenzo Zurzolo (Michele). L’arduo compito di sostituire Giovanni Scifoni (il poliziotto assassinato, Enrico) spetterà infine a Sergio Assisi.
CHI NON HA VISTO le stagioni precedenti e pensa a una “normale” fiction, si troverà invece di fronte a veri e propri film. Segno ulteriore, qualora non si fosse compreso, che il confine tra grande e piccolo schermo è ormai ridotto al lumicino. E proprio dopo le polemiche sulla vittoria di Netflix a Venezia (il film Roma di Alfonso Cuarón), Proietti vuole intervenire: “Spesso si sente parlare positivamente del fatto che una pellicola arriva in tv poco tempo dopo aver lasciato le sale. Si sta modificando il sistema produttivo, sta succedendo qualcosa che non so giudicare. Ma la sala cinematografica non ha più il senso di un tempo”.
Il sistema produttivo sta cambiando, la sala cinematografica non ha più il senso di una volta