Gli spettri di Jimi e Battisti agitano il rock di Kravitz
L’undicesimo album di Lenny spariglia le carte e alza notevolmente l’asticella della qualità. A tre anni dal precedente Strut, Kravitz scrive e produce magistralmente dodici tracce incandescenti, senza fronzoli, suonandole quasi interamente da solo. A 54 anni non serve reinventarsi quanto, piuttosto, cementificare e calibrare ancora di più il suono che lo con tradd isting ue, una potente miscela di rock e funk a cavallo dei Led Zeppelin, James Brown e Prince. Un album contro ogni forma di razzismo e sfruttamento delle persone, un velato e sottile attacco al Presidente americano ma, soprattutto, una volontà di mettersi totalmente a nudo.
LA PRIMA traccia di questo cambiamento intimista si è trovata nel primissimo video di L o w, carico di immagini della sua famiglia regalate ai fan, quasi una dichiarazione di intenti, un manifesto programmatico. L’apice dell’introspezione si registra in Johnny Cash, nella quale l’artista dedica a tutti coloro che hanno perso una persona importante l’auspicio di ricevere un grande abbraccio. È lo stes- so Lenny a raccontare all’Indipendent l’esperienza che ha generato la canzone, dedicata alla madre Roxie: “Mi trovavo a casa del produttore Rick Rubin, arrivò una telefonata e mi dissero che era appena morta. In quel momento mi trovai davanti Johnny Cash e sua moglie June ed entrambi mi abbracciarono come nessuno aveva mai fatto prima. Non eravamo grandi amici ma si sono comportati come tali, rivelandomi la loro bellezza”.
We Can’t Get It All Togheter conquista grazie alla sensuale linea di basso, un groove le cui radici si perdono negli anni ruggenti della Motown ( The Majesty Of Love ancora più marcatamente audace, nel solco di Stevie Wonder periodo S up er s ti ti o n). Salvo poi spiazzare nuovamente con Who Really Are The Monstersin un singolare intreccio di beat Anni 80 ( in salsa b re akdance) e suoni acidi anni novanta. La t itle-track è la traccia più ambiziosa, un sentito omaggio al mentore Jimi Hendrix, a tratti ispirata anche da BB King e persino Bob Marley. È anche la canzone più legata ad Always On The Run e Are You Gonna Go My Way. Lo spettro di Prince rivive in Gold Dust mentre Rideriporta la mente – complice l’anniversario della sua morte in questi giorni – ad alcuni suoni tipici del periodo Amar-
NON SOLO SOUL
La title track è la traccia più ambiziosa, un sentito omaggio al mentore Hendrix, a tratti ispirato da BB King e Bob Marley