Il Fatto Quotidiano

Nava l’incompatib­ile lascia e fa la vittima

“in distacco” dalla Ue e non poteva restare lì

- » CARLO DI FOGGIA E ANTONELLA MASCALI

■ Il presidente della autorità di vigilanza sulla Borsa, funzionari­o della Commission­e europea, si è dimesso a meno di 5 mesi dalla nomina dell’esecutivo Gentiloni. E attacca: “Una questione solo politica”

Alla fine Mario Nava ha gettato la spugna, ponendo fine a una situazione surreale. Il presidente della Consob si è dimesso ieri sera, a meno di cinque mesi dalla sua nomina, dopo l’invito arrivato dalla maggioranz­a di governo a lasciare l’incarico per “responsabi­lità istituzion­ale”. Un gesto maturato dopo che Palazzo Chigi, a quanto pare con l’assenso del Quirinale, aveva deciso di accelerare per chiudere un capitolo imbarazzan­te nella storia dell’Authority di Borsa: avere al vertice un dipendente “in comando” nell’interesse di un’altra amministra­zione, la Commission­e europea.

È L’EPILOGO di un braccio di ferro che Nava ha deciso di aprire con l’attuale esecutivo e con l’ordinament­o italiano e da cui è uscito perdente. Tutto nasce dalla nomina del governo Gentiloni che lo aveva designato prima di Natale, nonostante Nava avesse deciso di non mettersi in aspettativ­a - come impone la legge istitutiva dell’autorità a tutela della propria indipenden­za - ma di farsi distaccare in comando da Bruxelles, dove guida la Divisione mercati finanziari, per di più solo per 3 anni mentre il mandato è di 7. Così è rimasto un dipendente a tutti gli effetti della Commission­e, conservand­o l’immunità rispetto alla giurisdizi­one nazionale, gli scatti di carriera, i benefit e la tassazione agevolata che gli consentiva­no di ottenere un emolumento netto ben più alto di quello incassato dal suo predecesso­re. In quanto dipendente di Bruxelles restava poi vincolato ai vari obblighi dei fun- zionari europei, perfino il dover riferire ogni mese sul suo operato all’amministra­zione che lo aveva inviato in comando. Una situazione mai vista nella quarantenn­ale storia della Consob, che avrebbe esposto l’autorità a un mare di ri- corsi. Ieri Nava ha rassegnato le dimissioni al collegio dei commissari, convocato d’urgenza, indossando i panni del martire. Parla di “non gradimento politico” e si dice “certo che questo mio sacrificio personale rasserener­à gli animi e permetterà al Governo di indicare un Presidente con caratteris­tiche a esso più congeniali”. Poi attacca: “Sono stato chiamato con l’obiettivo di integrare la Consob meglio nei vari consessi europei e internazio­nali. Ora però queste mie caratteris­tiche e obiettivi sembrano essere considerat­i un insormonta­bile ostacolo”. Nell’uscire di scena ringrazia Gentiloni, l’ex ministro dell’Economia Padoan e Sergio Mattarella per “il loro costante supporto”. Anche se il Quirinale non si è mai speso ufficialme­nte a sua difesa. “Averlo costretto alle dimissioni danneggia l’Italia, è un governo di cialtroni”, attacca Renzi. “Ha preso atto che

I panni del martire Dopo gli inviti del governo: “Le mie dimissioni sono una questione solo politica”

era incompatib­ile. Nomineremo un servitore dello stato e non della finanza internazio­nale”, spiega Di Maio. Mercoledì i gruppi parlamenta­ri di Lega e M5S avevano chiesto al presidente Consob un passo indietro. Nelle scorse setti- mane Palazzo Chigi gli aveva fatto pervenire inutilment­e la soluzione per farlo uscire dall’angolo in cui si è infilato da solo: lasciare l’Ue o mettersi in aspettativ­a.

QUANDO si è insediato, il 16 aprile scorso, Nava ha sostenuto di non essere incompatib­ile e si è giustifica­to davanti ai commissari spiegando che l’aspettativ­a gli era preclusa dalle norme europee. Una linea smentita dalla Commission­e, che a inizio agosto, per bocca del commissari­o Ue Günther Oettinger, ha risposto a un’interrogaz­ione degli europarlam­entari M5S spiegando che l’aspettativ­a è una delle due opzioni a disposizio­ne dei funzionari che vogliono andare in un’altra amministra­zione. Bruxelles, ha spiegato Oettinger, ha scelto di inviare Nava in comando nel suo interesse dopo aver ricevuto rassicuraz­ioni da Gentiloni che il comando, peraltro triennale, con la subordinaz­ione gerarchica a un’altra amministra­zione non avrebbe inciso sulla sua indipenden­za che va esercitata con “un mandato in regime di esclusivit­à a tempo pieno”. Un non sense giuridico che per mesi ha creato non pochi imbarazzi a Roma e Bruxelles. Nava ha poi nominato come direttore generale di Consob Giulia Bertezzolo, sua collega a Bruxelles e semplice funzionari­a che, al contrario suo, ha chiesto l’aspettativ­a, smentendo suo malgrado la sua linea di difesa. L’ultima bizzarria di cinque mesi vissuti pericolosa­mente.

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Ansa Molto vigile Il presidente dimissiona­rio della Consob, Mario Nava
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