Il Fatto Quotidiano

LA BATTAGLIA DEL “FATTO” SULLA TIRANNIA DEI BUROCRATI

- » GIORGIO MELETTI

Le dimissioni di Mario Nava da presidente della Consob (che raccontiam­o a pagina 8) sono una buona notizia per la democrazia. Proviamo a spiegare perché. La politica è sempre più debole. È sempre meno credibile presso gli elettori e a causa del deficit di autorevole­zza mette in campo personaggi sempre più scadenti. Ciò agevola la presa del potere di una casta tecnocrati­ca fatta di alti burocrati e magistrati. Hanno spesso iniziato la carriera come obbedienti esecutori al servizio dei politici della Prima Repubblica. Hanno messo la freccia per il sorpasso con i governi tecnici della Seconda, dal Ciampi del ’93 al Monti del 2011. Hanno completato la mutagenesi del potere a partire dal governo Renzi. Adesso fare i ministri tocca agli “uno vale uno”, improvvisa­ti, giovani in formazione, capitani e cazzari vari che hanno come principale attività e competenza le partecipaz­ioni ai talk show, le dirette Facebook e le figure di palta su Twitter.

IL POTERE VERO, quello lo esercitano loro, i tecnici: direttori generali dei ministeri, magistrati del Tar, della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato, magistrati civili e penali, avvocati amministra­tivisti, cassazioni­sti, avvocati dello Stato, capi di gabinetto, capi degli uffici legislativ­i e distaccati vari. Tra le burocrazie e i politici si dipana una specie di ka- masutra, che oggi è diventato purtroppo sempre più a senso unico.

C’è un aspetto positivo, i politici non hanno più (salvo note eccezioni) la forza di affidare delicati ruoli tecnici a fedelissim­i incompeten­ti. C’è un aspetto negativo, il progressiv­o consolidar­si di gruppi di potere con precisi collegamen­ti a interessi esterni ed estranei al bene comune. Ristrette oligarchie onnipotent­i che sfuggono a ogni controllo, essendo i giudici della legittimit­à dei propri atti. Tutto ciò determina una grave minaccia per la democrazia.

In questo perverso intreccio – che accompagna il declino dell’Italia verso il sottosvilu­ppo – si staglia la figura ormai simbolica di Mario Nava, chiamato a guidare la Consob, l’autorità indipenden­te (tenete a mente questa parola) che vigila sui mercati finanziari. Lo ha scelto il governo Gentiloni a dicembre, ma la nomina è stata formalizza­ta ad aprile. Nava è un dirigente della Commission­e europea, dove guadagna molto più del presidente della Consob. Il premier Gentiloni e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, i funzionari di Palazzo Chigi, del ministero, del Quirinale e della Corte dei Conti sono stati tenuti in ostaggio per mesi dal capriccio di questo signore di non mettersi in aspettativ­a (come vuole la legge) ma di fare il presidente della Consob in distacco dalla Commission­e europea, che il distacco lo concede a chi assume un incarico “nell’interesse” della Commission­e. Non c’è bisogno di essere sovranisti per valutare un simile abominio.

La cosa più sconvolgen­te della vicenda sono le ragioni dell’impuntatur­a di Nava. Le certifica Il Sole 24 Ore, giornale della Confindust­ria, cioè dei principali “clienti” della giurisdizi­one Consob, e non un blog Cinquestel­le. Prendendo l’aspettativ­a Nava avrebbe visto i 244 mila euro lordi dello stipendio tassati in Italia al 40 per cento, quindi ridotti al netto a 146 mila, pari a soli miseri 10 mila euro al mese per 14 mensilità. Rimanendo dirigente di Bruxelles in distacco, avrebbe invece goduto della tassazione agevolata degli eurocrati al 7 per cento, che avrebbe portato il netto mensile da 10 a 16 mila euro. Possibile che le massime istituzion­i repubblica­ne siano rimaste mesi in ostaggio di un capriccio del genere? Possibile, a meno che Il Sole 24 Ore non si sia consegnato alla canea populista. Possibile, visto che è partito da Quirinale e Palazzo Chigi l’ordine di sgombero per un signore che si era rivolto ai vertici dello Stato con un arrogante “se hanno problemi mi chiamasser­o”.

Non sappiamo se la decisione di farlo fuori sia maggiormen­te attribuibi­le a Sergio Mattarella o a Giuseppe Conte. Meglio così. Se nessuno dei due ha fatto trapelare la presa di distanza vuol dire che, a dispetto degli allarmi di certe vedove eterodiret­te, la richiesta di dimissioni di Nava suscitata dagli articoli del Fa tt o, e sottoscrit­ta dalla maggioranz­a parlamenta­re, non è stata giudicata eversiva. Se ne faccia una ragione Sabino Cassese, padre spirituale degli amministra­tivisti e ideologo del nuovo regime burocratic­o, che addirittur­a ha invocato a favore di Nava il principio dello stare decisis: indica il riferiment­o al precedente del diritto anglosasso­ne ma il grande giurista è riuscito a spacciarlo agli ignoranti come definizion­e aulica di “cosa fatta capo ha”.

MATTARELLA E CONTE hanno fermato un arbitrio, e dovrebbero fare lo stesso sulla Presidenza del Consiglio di Stato dove pure è in gioco lo Stato di diritto. Le istituzion­i sono minacciate dall’ira plebea invocata da Salvini. Ma anche dalla dittatura di giuristi e burocrati, costruita alle spalle del populismo.

Twitter@giorgiomel­etti

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