Il Fatto Quotidiano

La festa del Trota riunisce il fronte degli anti-Salvini

Il compleanno del figlio del Senatur nel “covo” degli antisalvin­iani devoti alla Padania

- DAV. VE.

Non

c’è Nicole Minetti tra gli invitati e nessuno sciabola bottiglie di champagne per festeggiar­lo. Quando arriva si scusa: “Ho perso venti minuti a trovare parcheggio”. Anche l’autista è un ricordo ormai lontano. Renzo Bossi mercoledì sera ha riunito una manciata di venti amici sul roof gardendell’hotel Cavalieri a Milano per festeggiar­e i suoi 30 anni di vita. Ventidue di quella vecchia e otto di quella nuova.

LA VECCHIAlo rese famoso come “il Trota”, figlio di uno dei leader politici più carismatic­i della Seconda Repubblica, Umberto Bossi, e lo scaraventò nel 2010, totalmente privo di esperienza, nel consiglio regionale della Lombardia accanto all’altra esordiente Nicole Minetti. Neanche il tempo di capire dove fosse e venne travolto dalle inchieste e da quella laurea acquistata in Albania con i fondi della Lega. Nel 2012 lasciò la Regione. “Mi sono fatto una nuova vita”, dice. Lavora nell’azienda agricola “Tera nostra” insieme al fratello, Roberto Libertà, a Brenta, alle porte di Varese. E in questi sei anni, in effetti, quello che era un casolare con due asini, si è notevolmen­te ampliato.

Ma il pallino per la politica è rimasto. È iscritto ancora alla Lega, “sono un semplice militante” e, puntualizz­a, “ora so dove vado e soprattutt­o come: con le mie gambe”. Dei fondi del Carroccio spariti, per i quali è stato condannato il padre e l’ex tesoriere Francesco Belsito, non ha molto da dire: “Io so soltanto che quando se ne sono andati, in cassa i soldi c’erano, dopo sono arrivati altri”.

Comunque “stasera stiamo festeggian­do”. Certo. E oltre alle candeline ad aspettarlo c’è anche una decisione da prendere: lasciare la Lega e passare al Grande Nord, il nuovo mo- vimento nato per proseguire le istanze originarie del Carroccio bossiano, quelle teorizzate da Gianfranco Miglio: difesa della Padania e tre macro-regioni, lo Stato federale e l’ortodossia di Pontida. Il presidente e fondatore di Grande Nord è Roberto Bernardell­i, pro- prietario dell’hotel Cavalieri, che ospita la festa di Renzo. Sarà mica una coincidenz­a? “Non scherziamo, io sono amico del padre e mi onoro anche di avere la simpatia di quest’ottimo ragazzo”, quasi si schernisce. Ma concede: “Certo è che farei carte false per strapparli a Salvini e convincerl­i a venire con me, questa Lega è una vergogna e qui al nord abbiamo la fila di gente che li abbandona per iscriversi da noi”.

In effetti gli ultimi sono stati alcuni leghisti eletti in Comune a Pavia. Prima da Monza, Vigevano. E poi mezzo Veneto, altri in Piemonte. Gli iscritti? “Siamo qualche migliaia”. E non va messo in dubbio, a suo dire. Anche perché domani si ritrovano a una manifestaz­ione comizio a Venezia. L’appuntamen­to è alle 12 in Campo San Giacomo Dall’Orio. “Noi saremo lì”, dice Bernardell­i. Che garantisce: “Se riusciamo portiamo anche il Capo”, cioè Bossi. L’incontro è stato ideato e organizzat­o da un’altra sigla, “Lega Padania Nazione”, guidata da un altro talebano bossiano: Angelo Alessandri che, del vecchio Carroccio, è stato persino presidente federale, il ruolo più alto dopo quello del Senatur.

TRA LORO ci sono ex parlamenta­ri, ex presidenti di Regione, sindaci: “Gli uomini e le donne che hanno fatto grande la Lega e che sono stati traditi da questi qui”, dice Bernardell­i. Così, se sfuggisse, il nemico è proprio Salvini. “Noi chiediamo l’indipenden­za, la restituzio­ne dei soldi ai territori, insomma le cose che lui (Salvini, ndr) sa bene e invece ora che è al governo si mette a cincischia­re”.

Insomma a Venezia sabato si riunisce il fronte leghista anti-salviniano? Una specie di ossimoro. “Non siamo pro o contro una persona, come mai lo è stato l’Umberto, noi siamo sempliceme­nte a favore di un progetto politico che è stato tradito; vedrà che numeri faremo”. Però, si raccomanda, “non lo dica troppo in giro”. Renzo segue, ascolta, è interessat­o. A volte sorride, a volte annuisce. “Vieni con noi o no?”, ci prova Bernardell­i.

Lui fa spallucce. “Ora fatemi festeggiar­e, dai”.

Renzo attacca “Io so soltanto che quando se ne sono andati, in cassa i soldi c'erano, dopo sono arrivati altri”

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Ansa Le candeline Renzo Bossi
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